In caserma, sulla branda, dalla mia radiolina sentivo arrivare notizie drammatiche da Firenze, città a me cara che avevo avuto modo di visitare l'anno prima. Tra le cattive ce n'era una che mi riguardava direttamente: la linea ferroviaria era interrotta nel Valdarno; due giorni dopo, la mia prima licenza, avrei dovuto prendere il treno per tornare a Brescia, dove allora abitavo, per dare un esame.
A Roma Termini, dopo il ripristino della ferrovia, riuscii a prendere uno dei primi treni per Firenze.
Dopo Montevarchi il treno iniziò a rallentare: si vedevano i primi allagamenti che già iniziavano a ritirarsi, i campi arati da poco che risalivano verso il Pratomagno, lassù ancora minaccioso. Si andava a passo d'uomo sul ponte a Incisa, riemerso dopo la piena. Poi Pontassieve, le Sieci, disastro, Compiobbi, disastro, il letto fangoso dell'Arno che si era
allargato a tutta la campagna circostante, il Girone, disastro; stavo in piedi nel corridoio, con il finestrino giù e i gomiti sopra, a sentire l'odore dell'Arno; poi Rovezzano, lo stabilimento FILA, le matite, Campo di Marte e infine la stazione di Santa Maria Novella, ancora in piena
emergenza...e poi, con sconforto, via verso la caligine padana.
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