22/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Luigi Cantarelli

Quella sera di festa, mentre uscivo dal Nuovo Odeon con ancora negli occhi la Rossana Podestà dei 'Sette uomini d'oro', mi trovai dentro una bufera di vento e pioggia che si era appena scatenata su Messina, tanto forte da inzupparmi la divisa grigioverde, nel tratto a piedi verso la caserma del CAR.
In caserma, sulla branda, dalla mia radiolina sentivo arrivare notizie drammatiche da Firenze, città a me cara che avevo avuto modo di visitare l'anno prima. Tra le cattive ce n'era una che mi riguardava direttamente: la linea ferroviaria era interrotta nel Valdarno; due giorni dopo, la mia prima licenza, avrei dovuto prendere il treno per tornare a Brescia, dove allora abitavo, per dare un esame.
A Roma Termini, dopo il ripristino della ferrovia, riuscii a prendere uno dei primi treni per Firenze.
Dopo Montevarchi il treno iniziò a rallentare: si vedevano i primi allagamenti che già iniziavano a ritirarsi, i campi arati da poco che risalivano verso il Pratomagno, lassù ancora minaccioso. Si andava a passo d'uomo sul ponte a Incisa, riemerso dopo la piena. Poi Pontassieve, le Sieci, disastro, Compiobbi, disastro, il letto fangoso dell'Arno che si era
allargato a tutta la campagna circostante, il Girone, disastro; stavo in piedi nel corridoio, con il finestrino giù e i gomiti sopra, a sentire l'odore dell'Arno; poi Rovezzano, lo stabilimento FILA, le matite, Campo di Marte e infine la stazione di Santa Maria Novella, ancora in piena
emergenza...e poi, con sconforto, via verso la caligine padana.

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