09/11/15

"45 ANNI" A SUBURRA

O suburra in 45 anni, o tutte le combinazioni possibili. In realtà molto poco collega il film di Sollima con quello di Haigh, praticamente nulla se non che tutti e due scandiscono giorno per giorno gli avvenimenti che ineluttabilmente, in una settimana, portano all' "Apocalisse" di Suburra e alla festa del quarantacinquesimo anniversario di matrimonio della coppia protagonista dell'altro film.
Volendo in comune i due film hanno anche il fatto che li ho visti in rapida successione, giovedì l'uno e venerdì l'altro: impossibile anche per uno come me fare la benché minima confusione fra le due pellicole.
Non si può fare confusione anche perchè uno dei due film è divertente. Oddio divertente, diciamo appassionante.
In Suburra ci sono tutti: si chiamava Mele mi pare il parlamentare dell'UDC che quasi gli muore una escort delle due che aveva con sé in albergo per una notte di fuoco di sesso e droga. Qui si chiama Filippo Malgrati ed ha la bella faccia di Pierfrancesco Favino, un'aurea medaglietta fascistissima al collo e la escort minorenne gli muore davvero.
Si chiama Carminati il protagonista assoluto di Mafia Capitale, ultimo sopravvissuto della Banda della Magliana, qui con il nom de plume "Samurai" e tutti e due gli occhi funzionanti di Claudio Amendola.
Si chiama con molti altri nomi il cretinetti che vive ai margini della società del divertimento e del deserto morale e che alla fine si riscatta (agli occhi del vendicatore solitario che si nasconde in ognuno di noi). Il cretinetti qui lo fa benissimo Elio Germano.
Unica nota davvero banale (bugia, ce ne sono altre) del film di Sollima è il pittbull che come lo vedi in gabbia col "canaro" che l'aizza capisci subito che alla fine sarà proprio il "canaro" a farne le spese.
E poi troie e troiette, tossiche feroci, killer spietati e coglioni, figli di gangster che hanno imparato più dai film scadenti che dai padri, un Papa che si vuole dimettere, un cardinale o quello che è che fa parte integrante del sistema di corruzione e di speculazione per realizzare a Ostia e dintorni una Las Vegas italiana.
In questa Roma, ma ben presto la si perde di vista e al di là del dialetto può essere ovunque, emerge un dato climatico assai allarmante: piove (quasi) sempre, molto di più che nella Los Angeles di Blade Runner.
Di là, nel film di Haigh, climaticamente imperano le nebbie della campagna inglese ed emotivamente le atmosfere un po' soporifere di una coppia di ultrasettantenni consolidata, appunto, da 45 anni di matrimonio. Charlotte Rampling è Kate, passeggia ogni giorno con Max (altra grande performance canina), troppo poco per farne non dico un film d'azione, ma nemmeno per fugare il rischio (nostro) di botte di sonno di una certa entità.
"E' un film d'azione" ho detto a chi mi accompagnava nella visione dei 45 anni e che mi aveva chiesto di Suburra. "I film d'azione piacciono soprattutto agli uomini, ad un particolare tipo di uomini" mi ha detto ed io subito mi sono sentito in dovere di giustificarmi: "A me non mi piacciono poi così tanto".
Al coro che sottolinea la straordinaria bellezza del film non me la sento proprio di partecipare: Kate è paziente, affettuosa, anche magra e alta,  serena pare, ma terribilmente piatta. Fortuna, per noi, non certo per lei, che ci pensa Geoff (Tom Courtneay) a scuoterla un po' e offrirle una bella occasione per ricordarsi di cosa sia la vita. Già Geoff ci era stato simpatico quando l'amica di Kate, per inciso sposata a un rompicoglioni innamorato dell'ukulele, ci ha informato che sentendola affermare che "la Thatcher aveva fatto anche qualcosa di buono" le aveva dato furente della fascista salutandola col saluto romano.
Sposati da 45 anni, quell'uggiosa di Kate va in crisi dopo aver visto il del tutto naturale turbamento nel quale il buon Geoff cade all'arrivo di una lettera (di carta, non una email, i poveretti non hanno né un pc né una televisione!) nella quale viene informato che è stato ritrovato, dopo 50 anni (50, capito?!) il corpo, praticamente intatto, nel ghiaccio di un crepaccio in Svizzera, di Katya, allora la sua amatissima fidanzata, caduta a morte in un'escursione durante una lunga loro vacanza in montagna.
Ho letto da qualche parte che la vera personalità di lui si svelerebbe così, dopo ben 45 anni di matrimonio e si dovrebbe supporre di conoscenza reciproca, alla povera Kate che, per di più sta organizzando la grande festa del loro anniversario. Quasi che Geoff fosse un mostro per aver amato cinque anni prima di Kate, ad oggi appunto 50 anni fa, un'altra donna che stava per dargli quel figlio che, non sappiamo perché, loro non hanno avuto.

A parer mio il "mostro" che si svela durante la lenta vicenda del film è la fragilità di Kate che non sa accettare che il marito abbia amato, e quindi vissuto, anche prima di conoscerla. Fragilità che la spinge a chiedergli insistentemente se era innamorato e se avrebbe sposato Katya, a frugare nelle vecchie cose di lui alla scoperta, indiscreta e dolorosa, di foto, lettere, documenti di fronte ai quali crollano le "certezze" che l'hanno sostenuta fino ad allora: Geoff non è sempre stato solo "suo".
Non conta che Geoff nel commosso discorso in occasione della festa confermi appassionatamente e pubblicamente di amarla. Alla fine del ballo, con la canzone di quando si sono conosciuti, Kate resta in mezzo alla pista con un'espressione che sembra non promettere niente di buono.
Soprattutto per lei.