Come mi piacevano quelli
chantilly bianchi. Li desideravo da tempo ma babbo aveva deciso che
non erano adatti ad una ragazzina x bene. Non erano ancora i tempi in cui ci si
opponeva . Era il 1966 avevo 16 anni ed ero innamoratissima di un biondo
bellino e introverso che non mi considerava. Forse con gli stivaletti lucidi mi
avrebbe visto. L’alluvione che anche dalle mie parti fece moltissimi danni fu un
evento tragico, eppure per me un’occasione unica e irripetibile da prendere al
volo. La città e le campagne erano distrutte già dal 3 sera, ma ancora a casa
non si percepiva il dramma. Quasi ci si divertiva.
Pioveva tanto, da
qualche giorno e la maestra ( mia madre) come la chiamavano tutti a Grosseto
era tornata nel pomeriggio con un frignante ragazzino di 8 anni. Nessuno era
passato a prenderlo all’uscita di scuola. Ci chiedevamo il perché senza
preoccuparci troppo. Sarebbero arrivati i genitori a ritirarlo a casa
della maestra, come lasciato detto al bidello.
Non era mai accaduto, ma
quella sera stavano succedendo cose strane…
Verso l’ora di cena
arrivò zia Orietta, con il cugino più grande a seguito ed un suo amico. Non
ricordo come si chiamasse, forse Roberto. Ricordo l’agitazione e un tempo
sospeso di domande. Roberto era sconsolato, era riuscito a telefonare a casa
all’Albinia e già sapeva che la campagna a sud della città era allagata. Non
poteva rientrare e sarebbe rimasto a dormire da noi.
Rimase quasi dieci
giorni
Trattenevano tutti il
respiro in attesa di notizie che non arrivavano. La linea telefonica non
funzionava più, la corrente era ad intermittenza ma il bambino ormai giocava
ignaro di tutto ed io ogni tanto pensavo ai miei stivali…
In una cittadina di
provincia, dove non accadeva mai nulla di esaltante ecco che due situazioni
eccezionali avevano creato un evento inaspettato e disastroso . Il fiume
Ombrone non riuscì a riversare in mare tutte le acque raccolte per i venti di
scirocco che si opponevano al flusso ed esondò in nottata a Ponte Mussolini.
Invase le campagne sconfinate della Maremma fino al mare e la città che nulla
sospettava. L’Acqua piena di animali di ogni tipo si arrese sugli ultimi cento metri
di salita vicino a casa. Quindi potevamo andare a vedere quella putrida enorme
pozzanghera ma più di lì non si passava. Mi resi veramente conto del disastro
la notte fra il 4 e il 5 novembre quando nel buio più profondo si sentivano
numerosi spari. I contadini , sui tetti al freddo, scaricavano i loro fucili
per farsi sentire, per attirare l’attenzione dei soccorritori.
Via via che
trascorrevano i giorni l’acqua si ritraeva e potevamo avanzare per conoscere la
sorte di amici e parenti, osservando basiti la distruzione totale. Mi detti da
fare come tutti. C’era aria di annichilimento dei sensi, in quel grigio totale
dove terra e cielo si confondevano, fango ovunque, ma dalla cupezza che ci
contornava, un barlume di allegria si accendeva nella mente…
su una bicicletta
sudicia , barcamenandosi fra scivolate e bestemmie,… “Il carretto
passava e quell'uomo
gridava ”:stivaliiii……………..
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