Durante l’alluvione frequentavo
la quinta ginnasio e vivevo a Brescia con mia madre ed il suo nuovo marito. Ci
eravamo trasferiti là nel ‘64 con mio grande dispiacere… lasciavo Firenze, la
casa della amata nonna, con la quale
avevo passato l’infanzia, e tutti i miei
amici.
Inoltre avevo avuto il divieto di frequentare il liceo artistico ed ero
stata costretta a seguire le volontà familiari ovvero frequentare il liceo
classico, come si addice a una brava ragazza!
Il liceo Arnaldo di Brescia era allora una specie di lager, dove tutti
indossavamo grembiuli neri e calzettoni bianchi, io con la mia insofferenza e
rabbia studiavo, studiavo e studiavo, ma odiavo tutti e tutto, rendendo la vita
assai difficile a mamma Fausta e al compagno Francesco.
Quando l’Arno straripò i miei si precipitarono a Firenze dove erano
rimasti a vivere i due figli grandi del primo matrimonio di Francesco,
lasciandomi sola a casa per non perdere giorni di lezione a scuola. Mi ricordo
quella settimana bellissima, nonostante i racconti drammatici che ascoltavo al
telefono! Ero libera di scandire le mie giornate come volevo, mangiare
schifezze a qualsiasi ora, e architettare una protesta personale con grande
soddisfazione.
Presi pennelli e colori che tanto amavo e cominciai a dipingere sulle
pareti di casa tutto quello che mi veniva in mente, dando così sfogo alla mia
passione negata. Lascio immaginare quello che successe al ritorno dei miei, ma
ottenni, loro malgrado, il permesso di tornare a Firenze e frequentare il liceo
artistico dopo la licenza ginnasiale che ottenni con successo.
Così a ottobre del ’67 sono tornata
a Firenze in tempo per sentire dal vero l’odore acre rimasto
dall’alluvione che ancora forte aleggiava nell’aria e ascoltare i racconti dei
miei coetanei che avevano partecipato con slancio e generosità al drammatico evento.
Io, a mio modo, avevo fatto una
piccola rivoluzione.
Cara Gianna, sei proprio tu...con grande rimpianto
RispondiEliminaGrazie per questo testo, grazie per aver pubblicato il pensiero di Gianna. Sono una sua cara cara amica, lei mi diceva la sua sorellina. Conservo in me la gioia di aver coltivato fino in fondo la nostra bellissima amicizia.
RispondiEliminaSara Cerri