11/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Mario Gori



La mattina del 4 novembre mi alzai con un certo giramento, dovevo andare a lavorare alla stazione di Firenze Campo di Marte, mentre i miei amici erano a fare una spedizione in cerca di minerali nella zona di Siena (a quei tempi mi interessavo di quella roba). Mi affaccio alla finestra e vedo una vespa parcheggiata in piazza S.Simone (davanti al Vivoli) con mezze ruote sotto l’acqua.
Saranno le fogne (tutti abbiamo detto più o meno la stessa bischerata). Non riuscivo a trovare altre spiegazioni che quella. Visto quel mezzo allagamento e vista anche la poca voglia di andare a lavorare decisi velocemente di non andare al Campo di Marte, aspettando gli eventi. 
L’acqua intanto cresceva la vespa sparì sotto l’acqua, poi sparirono anche le auto parcheggiate lì vicino, poi cominciò la corrente. Il “fiume” più impetuoso era via Verdi dove si vedevano transitare decine di auto. La mia strada, Via della Vigna Vecchia attingeva l’acqua da via dei Lavatoi che a sua volta si riforniva da Via Verdi. L’acqua saliva sempre di più, non c’era luce, non c’era acqua e c’era anche poco da mangiare per colpa di mia mamma che aveva il maledetto vizio di fare la spesa giorno per giorno. C’erano soltanto una scatola di cioccolatini e un po’ di zucchero.
Naturalmente tutti gli inquilini erano in agitazione specialmente una signora francese con suo marito e sua figlia (anche bellina) che abitavano in un mezzanino che si apriva sulla prima rampa di scale venendo dall’ingresso. L’acqua aveva raggiunto la loro porta di casa, per cui sfollarono tutti e tre al piano di sopra. Il primo piano o piano nobile, era occupato dalla sede della Società Anonima Edificatrice, che era proprietaria del Palazzo e di molti altri blocchi di abitazioni in Firenze. Naturalmente era giorno di festa e quindi non c’era nessun impiegato, c’era soltanto Ubaldo il custode e sua moglie Pia che ci invitò tutti nella sede della Società per fare il punto della situazione. Suo marito Ubaldo,fanatico delle pulizie ci obbligò nei giorni seguenti , quando le strade erano delle paludi, a mettere sotto i piedi delle pattine fatte con vecchi giornali, per non sporcare il sacro pavimento della Società. Il signor Mattei ,il babbo di un mio amico che abitava all’ultimo piano dopo un po’, mandò a quel paese l’allibito Ubaldo e si tolse le pattine con rabbia, al che anche noi ci sentimmo obbligati a fare altrettanto.
La notte trascorse tranquilla, il sonno cullato dal rumore delle acque non fu interrotto da niente. Io nonostante tutto dormii proprio bene. Ho saputo il giorno dopo che gli altri inquilini erano andati in “missione” in fondo alle scale per vedere il livello delle acque: finalmente calavano!!
Il giorno seguente, dopo il ritiro delle acque, si vide cosa era veramente successo e cosa c’era sotto. Mezzo metro di fango sporco brutto e puzzolente e una ammasso di roba così impregnata di acqua e fango per cui non si riconosceva nemmeno di che si trattava. Dopo, in mattinata cominciò la grande carestia!! Tutti improvvisamente cominciarono a sentire la fame più violenta, come se fossero stati mesi senza toccare cibo, quindi arrivarono i soccorsi. Il primo fu Marcello Mattei con gli occhi pieni di lacrime abbracciò suo babbo e sua mamma e ci consegnò un paio di pani. Marcello faceva parte del gruppo di amici che volevano andare nel senese a cercare minerali ma erano stati bloccati dall’acqua verso piazza Gavinana, da lì erano stati costretti a salire in alto verso il Piazzale e dove erano rimasti fino al giorno dopo. In tutto questo trambusto in preda alla paure delle acque al disagio per la lontananza dei figli dai genitori con le strade piene di fango la voglia di un pasto caldo, in tutto questo caos, Giancarlo Pucci (nostro comune amico che abitava in S.Pierino) non ebbe niente di meglio che dirci: “se era per voi, potevo anche essere morto!!” dette queste parole se ne andò con i piedi nel fango fino alle caviglie. Le situazioni come quella possono fare brutti scherzi. La sera del secondo giorno venne il salvatore, mio fratello che ci portò nella zona del Salviatino dove non c’era acqua.

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