04/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Aroldo Marinai

Caro Gianni,
mi dispiace tanto ma non ce la faccio a ripensare all'alluvione di 50 anni fa e mandarti qualche rigo rievocativo, perché mi deve essere presa una botta di influenza, tutte le solite ossa rotte e la testa mi casca sulla tastiera.
Peccato e vergogna a me. Ora provo la febbre.
Però con le ultime forze (poi vado a letto aspirinato a bestia) mi chiedo: com'è che in quegli anni avevamo tutti un sacco di stivali di gomma in casa? Perché io mi ricordo - ero con l'allora mia moglie alla Biblioteca Nazionale - e subito, dal primo momento, avevamo gli chantilly (lei rossi, io neri o grigi, il mio fratello anche...) e non eravamo certo andati d'urgenza a comprarceli la mattina stessa del 4!
Ho anche la febbre. Con le ultimissime forze ti mando una foto che intitolerei Ahi veivei dei poveri, e simboleggia un canottino per salvataggio d'emergenza, casomai avesse a dare di balta l'Arno un'altra volta.

Spero di sopravvivere, e così spero di te.
Un abbraccio (senza contatto) e un bacio (senza bacilli)
Aro
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