14/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Rodolfo Ceccotti

In questi giorni ho ripensato spesso all'alluvione di Firenze nel '66, mi sono sorpreso per quanto vivi e presenti siano ancora quei ricordi. 
Purtroppo l'ho vissuta personalmente, i miei genitori avevano un piccolo negozio di confezioni in Borgo Ognissanti e la nostra abitazione era in via de Pepi fra via di Mezzo e via Pilastri, al primo piano, e poca acqua, alcuni centimetri, è arrivata anche lì. 
Non voglio raccontare gli episodi, e sono tanti ormai noti a tutti, solo uno. Fummo avvertiti all'alba da un vigile urbano, amico di mio padre, che nella bottega stava entrando l'acqua. Ci alzammo e si corse in Borgo Ognissanti. Pensando che l'acqua non sarebbe salita più di tanto, si spostava la merce in alto nel vano tentativo di salvarla. Quando ci si rese conto che l'acqua continuava a salire, ormai ci arrivava sopra alle ginocchia, convinsi il babbo e la mamma ad andarcene e dovetti insistere, il babbo voleva rimanere, sarebbe sicuramente affogato. 
Cominciammo così, andando controcorrente, un lungo e inutile percorso nel vano tentativo di tornare a casa. Riuscimmo ad aggirare il battistero dove già la forza dell'acqua fangosa e nera di nafta ci costringeva a camminare con fatica e pericolo. Pensavo soprattutto a mia madre che vedeva vanificati i sacrifici di anni riposti in quella piccola attività. Pensavo al dolore del babbo, il negozio era tutto quello che aveva e stava annegando nell'acqua dell'Arno. 
Fu allora, in piazza San Giovanni, vidi che una formella del Ghiberti si era staccata dalla porta e che probabilmente era caduta ai suoi piedi. " Babbo" gridai "cerco di prendere la formella, aspettami". 
"Non fare i' bischero sarà pesa, rischi di essere portato via dall'acqua e poi magari ti arrestano per sciacallaggio". 
A malincuore gli detti retta e mi dispiacque. Non riuscimmo ad arrivare a casa, ci incamminammo verso Rifredi per raggiungere la casa di una prozia. Eravamo bagnati mezzi fino al collo, mi spogliai e mi buttai su un divano. 
Nel dormiveglia sentivo come una ossessione la pioggia che cadeva senza mai smettere. 
Fortunatamente le formelle furono recuperate nel fango, trattenute dalla grata davanti alla porta.


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