10/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Luca De Silva

Il 4 novembre del 1966 avevo 19 anni e abitavo con i miei genitori nella zona di Badia a Ripoli. 
Quella mattina, essendo festa, ci alzammo un poco più tardi e ci accorgemmo che non funzionava la corrente elettrica e neanche il telefono e non capivamo il perché. Poi ci rendemmo conto di cosa era avvenuto tramite una piccola radio a pile. L’Arno era straripato e aveva alluvionato la città in maniera devastante. 
Da noi l’acqua non era arrivata perché si era fermata nella strettoia del Bandino. 
Nella zona sopra via Erbosa invece delle automobili si vedevano alcuni gommoni che andavano in giro per aiutare le persone. Quando l’acqua si ritirò vedemmo una città piena di fango e gasolio con le sue sfumature di marrone chiare e scuro quasi nero. Io e il mio amico Giampaolo ci presentammo nella zona di Gavinana per dare un aiuto. Ci dettero una pala e una garza da mettere alla bocca mandandoci a ripulire negozi e abitazioni. Una delle cose che mi rimasero impresse per molto tempo, fu quando ci ritrovammo in uno di questi appartamenti al di sotto del marciapiede: era abitato da due persone anziane. C’era ancora l’acqua che arrivava quasi alla vita. I due anziani erano disperati e ci chiedevano di poter prendere alcune cose ancora sommerse.
“Le mie scarpe nuove! cercale, erano li nell’angolo vicino alla porta!” Le braccia immerse nell’acqua fangosa, evitando i mobili galleggianti, cercavano, cercavano, ma non trovarono nulla, e la voce dei due anziani tremava dal freddo e dalla disperazione. L’abitazione era stata completamente allagata distruggendo valori e ricordi dei due anziani. 

Ci siamo anche ritrovati in un negozio di alimentari: la puzza che emanava non ci faceva respirare e a poco serviva la bianca garza sulla bocca. 
Mi ricordo anche della Biblioteca Nazionale. Eravamo molte persone quasi tutti giovani ed eravamo in fila l’uno accanto all’atro passandoci i libri resi pesanti dal fango e in un atmosfera da fine del mondo. 
Qualche giorno fa, domenica 6 novembre 2016, a cinquant’anni dall’alluvione, mi trovavo nel pomeriggio presso la pescaia di Ellera, sotto una forte pioggia e la forza dell’Arno che con la sua energia tentava di scavalcare l’argine. In quel momento mi sono riapparse le immagini, ma soprattutto le forti emozioni del lontano 1966.

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