10/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Mirella Tognaccini

La sera del 3 novembre l'avevo trascorsa con la mia amica Laura ad organizzare una festa .
I suoi genitori ci avevano dato la disponibilità e noi eravamo al settimo cielo: la nostra prima festa in casa! Avevamo organizzato tutto: chi invitare, quali canzoni mettere sul giradischi (prima i pezzi veloci per sciogliersi e poi i lenti ...). Avevamo anche deciso le coppie che sarebbero dovute nascere e cosa avremmo indossato. I miei genitori mi avevano comprato le prime scarpe con un po' di tacco (avevo 15 anni) e le avevo fatte vedere a Laura lasciandole poi sul tavolo di cucina.
Mi ero addormentata con pensieri ameni e già mi vedevo ballare con le scarpe alte, avvinghiata al ragazzino che mi ero assegnata.
Nel cuore della notte uno squillo bestiale del telefono (non c'era modo di regolarlo, era di quelli attaccati al muro) ci svegliò bruscamente. Era il Comando della Polizia Stradale che richiamava in servizio il mio babbo con la massima urgenza, perché a San Giovanni Valdarno l'Arno era già esondato. Una rapida occhiata dalla finestra e il babbo decise di portarci tutti via.
Le Cascine erano già allagate e siccome noi abitavamo sul lungarno all'Isolotto, di sicuro non c'era un momento da perdere. "Via via ragazzi vestitevi alla svelta e andiamo via".
Io mi misi qualcosa sopra il pigiama, mio fratello (più piccolo) si preparò in un nano secondo. Il babbo in divisa, la mamma con la borsetta sotto braccio (credo con tutti i soldi dentro), noi vestiti alla meno peggio...si va...e io con il cuore stretto chiedo alla mia mamma "posso prendere le scarpe nuove?".
La mia mamma non diceva parolacce, ma dalla risposta capii come mi considerava: una sciocca ragazzina che in quel tragico momento pensava solo alle scarpe.
Avvisammo i condomini e si partì con la seicento che (ricorda mio fratello) stranamente partì al primo colpo.
Ci ospitarono alcuni amici al Poggio Imperiale. 
Il babbo sparì per due giorni che ci sembrarono interminabili; le notizie erano frammentarie, ma quando si seppe che l'acqua si era ritirata, ci facemmo accompagnare da un signore con la macchina. Via via che si scendeva verso la città ci rendevamo conto della gravità e non si riusciva ad immaginare in che stato avremmo trovato la nostra casa.
La trovammo intatta: l'acqua era uscita alle Cascine, più basse, e ci aveva risparmiato.
Tutto era a posto e le mie scarpe (alle quale avevo pensato più di una volta) erano lì, sul tavolo fuori dalla scatola, con la carta velina bianca. Magnifiche!
Il resto furono giorni strani; io andavo in giro per vedere, per capire.
Mi sarebbe piaciuto unirmi ai ragazzi che spalavano nelle biblioteche, nelle chiese...ma il babbo mise fine alle mie richieste con "sieee! un ti ci mando davvero in mezzo a quelli lì!".
Con gli stivali di gomma neri, mi aggiravo per il centro, un po' sgomenta e un po' euforica: la mia scuola  era inagibile.
Notizia stupenda per una ragazzina di 15 anni, decisamente frivola, e che dovette aspettare un bel po' di tempo prima di poter indossare le mitiche scarpe col tacco.  
La  festa, poi, non si é mai più fatta.

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