06/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Lorenzo Fontanelli

La mia alluvione fu all'inizio di provincia ma non per questo minore. La mattina del 4 arrivata la notizia corsi a pochi isolati da casa mia dove il terrapieno della ferrovia aveva fermato l'inondazione. 
Certaldo era diviso in due e dall'alto della ferrovia si vedeva tutta l'altra parte del paese sommersa fino alle finestre dei piani rialzati. 
Benché avessi soltanto sedici anni fui cooptato fin dall'inizio per dare soccorso, qualcuno distribuì stivali fino al ginocchio anche se poi eravamo sommersi fino alla cintola e di questo si rideva.
Ricordo molto bene che più tardi quando l'acqua era un po' defluita che era stata tesa una corda per attraversare la via principale di quella parte del paese altrimenti si sarebbe stati portati via dalla forza della corrente. 
Ricordo anche i militari della locale caserma dell'Aeronautica che si sentivano male per quanto erano stati al freddo in acqua per dare soccorso e venivano portati a riprendersi nel vicino convento delle suore che in un primo momento non volevano aprire le porte. 
Arrivò la notizia che Castelfiorentino, 9 km più a valle, era completamente sotto e che era esploso un deposito di Carburo nella campagna con la gente che ci abitava sopra. Noi più giovani all'inizio tenevamo i contatti vocali con gli abitanti delle case vicino alla ferrovia fra cui ricordo anche il mio maestro delle elementari che mi aveva dato più di un nocchino e che poi rifornii di acqua potabile; più tardi, era già sera, ero mandato, visto che tanto ero già tutto bagnato, dai conoscenti della parte asciutta a prendere notizie dei parenti che abitavano nella parte alluvionata dove ancora si camminava con l'acqua all'altezza delle ginocchia. Chiamavo dalla strada e mi facevo dire della bisogna e se stavano tutti bene e tornavo a riferire. 
Verso le otto o le nove di sera col buio pesto, si vedevano solo poche candele accese ai piani alti dove si erano tutti riuniti, mio padre non vedendomi tornare venne a cercarmi e trovò invece un tombino aperto dove cadde con una gamba sbucciandosela tutta.
Nei giorni successivi spalammo fango dalle abitazioni e feci anche parte di una squadra che andò per giorni a spalare a Firenze. Io facevo già l'Istituto d'Arte, ma l'acqua come poi vidi non era arrivata a Porta Romana fermandosi più o meno all'altezza del cinema Goldoni. Si portavano anche soccorsi, sopratutto vestiario. Ogni giorno con un camion si saliva da Castelfiorentino per Montespertoli e poi giù a Firenze. Ci portavano a spalare in San Niccolò e ricordo fra tante cose l'impressione che mi fece il pavimento enormemente avvallato al centro della chiesa.

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