07/11/16

LA MIA ALLUVIONE di Lilli Bacci

Il telefono squillò in piena notte. Mio padre si alzò moccolando e andò a rispondere.

Dall’altra parte della cornetta di quel telefono nero di bachelite con la rondella dei numeri, c’era il custode dell'ufficio dove lavorava - l'Inam di lungarno Santa Rosa - in preda al panico per via del livello dell'Arno. "Che palle" -disse mio padre continuando la sequela di moccoli- "va bene, ho capito, vengo a vedere se ci sono pericoli". Era responsabile dell'ufficio del personale, doveva vigilare sui suoi "indipendenti" come li chiamavo io che ero una bambina curiosa. 
Mio fratello più grande si era svegliato e messo in moto col babbo, offrendo la sua cinquecento azzurrina per ogni bisogna nella notte buia e tempestosa. 
Così i due uscirono lasciando noi femmine ormai insonni in quell'agitazione che prende quando la pioggia incessante non da segni di tregua. 
Che cosa successe quella notte è cosa nota, da parte mia posso dire che tutta la mia famiglia ne fu testimone a distanza ma quasi “in diretta”: da un bar del Piazzale gli uomini di casa ci chiamarono per dirci che avevano visto l’Arno sfondare la spalletta della Biblioteca Nazionale. 
Per me bambina curiosa tutto prese il verso dell'avventura: sentire le telefonate concitate che si rincorrevano finché il telefono riuscì a funzionare, l’allora fidanzata di mio fratello che abitava in via dei Neri che, sempre “in diretta”, si affacciò alla finestra e vide la strada sommersa dalle acque, la mattina successiva il mio fratello col fidanzato della mia sorella che gonfiarono un gommone e si avventurarono con dei viveri verso quella zona del centro. 
Il ricordo più vivo che conservo fu il loro ritorno quella mattina: tutti sporchi di nafta con quell’odore acre e pungente che inondò tutta la casa, il loro racconto avventuroso, la scuola e gli uffici chiusi che ci permettevano questo raro momento di unità familiare, il mio salire e scendere gli ottantatre scalini della nostra casa portando su e giù le taniche dell’acqua che un camion cisterna ci riforniva dopo una paziente coda. 
Mi sentivo utile e forzuta, una bambina eroica che viveva in una città a cui tutto il mondo adesso guardava.

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