28/02/14

LE SOPRINTENDENZE TUTELANO, MA CHI TUTELA LE SOPRINTENDENZE? di Stilicone

A Monòpoli facevano un po’ i gradassi quando acquistavano Parco della Vittoria. Tanto i soldi mica erano i loro. Anche Renzi da anni sta giocando una partita per il proprio interesse con soldi degli altri. Dello Stato, in particolare Ma, diversamente dai contendenti al tavolo, il comportamento del sindaco d’Italia – oggi Presidente del Consiglio – e di alcuni alti dirigenti del Ministero per i beni e le attività culturali e del turismo potrebbero rientrare nella sfera d’interesse della Corte dei Conti. Il rischio c’è, ed è tutt’altro che peregrino. Facciamo un passo indietro.


Era il giugno del 2006 quando si aprì il cantiere per la realizzazione dei Nuovi Uffizi, che dovevano portare da 6mila a 13mila metri quadrati la superficie calpestabile del primo museo d’Italia, e primo al mondo per densità di visitatori.

Dopo ribassi sospetti, lentezze, siluramenti di soprintendenti e direttori lavori, gli arresti della cricca degli appalti per i Grandi Eventi, dopo la girandola dei 5 commissari in 80 giorni, la fine dei lavori è scivolata dal Natale 2010 a…data da destinarsi.
Da qui la genialata di Renzi di proporre (e firmare), nel gennaio del 2011, un protocollo d’intesa con l’allora ministro della cultura, Sandro Bondi. Nell’accordo si stabiliva, tra l’altro, che per tre anni una quota dell’incasso del Polo Museale Fiorentino (che comprende Uffizi, Galleria dell’Accademia, Bargello, i musei di Palazzo Pitti, Boboli e altri musei) -  compresa tra il 15% e il 20%, ovvero una cifra oscillante tra i 3,5 e 4 milioni di euro l’anno – sarebbe “transitata” dalle casse di via della Ninna a quelle di Palazzo Pitti, dove ha sede la Soprintendenza per i beni architettonici, responsabile dei lavori dei Nuovi Uffizi.

In tre anni, quindi, circa 10-12 milioni di euro sono stati utilizzati per dare un’accelerata ai lavori di questo cantiere di cui, per il momento, non si intravede la fine. Lontano da orecchie indiscrete, i tecnici parlato del 2016-2017 come data di conclusione dei lavori, ma la realtà è che il cronoprogramma degli interventi è sempre stato il documento meno rispettato nell’antico complesso vasariano.

Giungiamo così ai giorni nostri: nel frattempo, da quando il protocollo Bondi-Renzi è stato firmato, il ministro non è più tale (ha già avuto tre successori), è cambiata la legislatura così come la maggioranza che sostiene il Governo. Ma questo non impedisce a Renzi – oggi più “forte” di allora - di giocare. Anzi.

Esaurita la clausola che imponeva per tre anni la destinazione di quella quota d’incassi ai Nuovi Uffizi, il 31 dicembre 2013 l’ex-sindaco ha spedito una lettera all’allora ministro della cultura Bray, prospettando un radicale cambiamento della destinazione d’uso di quei soldi, il cui prelievo dalle casse del Polo Museale è ormai una costante. Secondo le nuove volontà di Renzi, infatti, ogni anno per i Nuovi Uffizi ci sarebbe solo un milione di euro, mentre gli altri tre sarebbero intercettati da Palazzo Vecchio per aprire e mantenere il nuovo Museo del Novecento di piazza Santa Maria Novella e per il mantenimento del Forte Belvedere; insomma lo Stato si farebbe carico di alcune strutture culturali civiche.
È a questo punto che la Corte dei Conti potrebbe cominciare a interessarsi a questo strano gioco che ha per oggetto soldi pubblici destinati alla cultura.

Tra musei statali e musei civici c’è una differenza semplicissima ma sostanziale: i primi sono mantenuti dalle casse comunali, i secondi da quelle statali, e non esistono commistioni di natura economica tra le due categorie. Chiunque può pensare di rimescolare i ruoli, ma per gestire somme di denaro così ingenti, è certo che occorra un atto d’incontestabile forza di legge. E il protocollo d’intesa tra Bondi e Renzi, non essendo mai stato recepito da alcun atto legale, è poco più che un gentlemen agreement.
D’altra parte è anche vero che quei 10-12 milioni di euro transitati da una soprintendenza all’altra per i Nuovi Uffizi, sono stati messi a frutto eccome: solo negli ultimi 24 mesi sono 56 le nuove sale del museo inaugurate, per un totale di 2.880 metri quadri di superficie visitabile in più, e 330 le opere uscite dai depositi ed entrate a pieno titolo nel percorso espositivo della più frequentata galleria italiana.

Evidentemente, se dal 2014 un solo milione l’anno venisse destinato dal Polo Museale al cantiere dei Nuovi Uffizi (non per mancanza di fondi ma per manifesta “distorsione” di ¾ del “montepremi") è certo che si verificherebbe una nuova “frenata” dei lavori, con conseguente, inevitabile allungamento dei tempi.
In questa vicenda, infine, ecco rivelarsi all’orizzonte anche il pericolo di danno erariale. La questione è un po’ tecnica, ma vale la pena di essere spiegata.
Nonostante le 56 nuove sale e la superficie della Galleria sia ormai intorno ai 9mila mq, in tutti questi anni la capienza del museo non è cambiata: più di 900 visitatori non possono stare contemporaneamente all’interno del museo. È per questo che talvolta, nelle giornale con maggior affluenza, si formano le code all’esterno del museo. Infatti i limiti sono frutto di precise norme che impongono un rapporto stretto tra numero di visitatori in un determinato ambiente e uscite di sicurezza disponibili.

L’accessibilità agli Uffizi subirà un aumento solo quando verrà realizzata una nuova scala nell’area nord del braccio di levante della storica galleria a forma di “U”. A quel punto aumenteranno sia il numero dei visitatori nel museo, sia gli incassi. E di molto.
La nuova scala è nei progetti dei Nuovi Uffizi, ma ogni giorno di ritardo – dovuto anche alla mancanza di risorse disponibili perché “distorte” verso altri impieghi – corrisponde non solo al mantenimento del cantiere in una zona di Firenze dove la concentrazione di turisti talvolta raggiunge picchi altissimi, ma allontana la sua realizzazione e automaticamente contribuisce a mantenere stabile il flusso dei visitatori nel museo, mentre questo potrebbe fare un balzo notevole. Insomma la mancata realizzazione di quella scala fa perdere un sacco di soldi allo Stato.

E che a Renzi interessa soprattutto “gestire” i fondi statali del Polo Museale, lo si comprende anche dalle sue recentissime dichiarazioni sui probabili fondi UE da destinare ai sindaci: se arrivano dei soldi a Firenze, l’ex-sindaco disse che li avrebbe destinati a vari progetti, tra cui la tanto discussa copertura dell’uscita degli Uffizi progettata dall’architetto giapponese Arata Isozaki. Ben sapendo che la sua realizzazione è stata stralciata dai tutti i lotti dei Nuovi Uffizi. Per cui se ne riparla a cantiere praticamente concluso. Cioè chissà quando…

Da parte sua il ministro Bray – da cui dipende il “travaso” di risorse dalle casse statali a quelle comunali fiorentine e che si trova nel Governo Letta per volontà di D’Alema – aveva tutto l’interesse a non contraddire Renzi. Pena, la perdita del… posto di lavoro. Ma Bray ormai appartiene al passato.
È a questo punto che la Corte dei Conti potrebbe cercare di far chiarezza sulla vicenda e stabilire una volta per tutte (visto che fino a ora ha fatto finta di nulla) la validità legale del protocollo d’intesa tra Bondi e Renzi e verificare se i dirigenti del Mibac che hanno avallato questo “strano” passaggio di denaro dalle casse di via della Ninna a quelle di Palazzo Vecchio abbiano agito nella piena legalità. Il buon senso farebbe supporre di no. Vediamo come la pensano i giudici della Corte dei Conti e se questa emorragia di milioni ha veramente il crisma della legalità che qualcuno vorrebbe farci credere…

25/02/14

ASTRONOMIA di Elena Volpi


 
 
Tre milioni di anni fa il giovane sole

non aveva l'energia di oggi.

Finite le spedizioni lunari, Apollo e la guerra fredda

intrappolate le tempeste solari con un apposito schermo

raggiunti i meteoriti e i frammenti impazziti che coronano i pianeti,

Abbiamo ancora bisogno di dati.

Non serve interrogare l'Archeano, muto sui tempi  se non a sei cifre

pare si possa solo scavare in terre piu' profonde

ri-interrogare silicio e carbonio, sperare nella lingua dei vulcani

inventarsi una nuova escalation spaziale.

Rimangono una notizia buona e una cattiva

gli oceani avrebbero il potere di assorbire i nostri scarti

riconducendoli al loro ventre paziente.

Ma il compito – a farlo bene – richiede  migliaia di anni

e l'enfant terrible, l'ultimo arrivato

corre molto piu' veloce.

15/02/14

STAVOLTA I COEN NON PARTONO di Gianni Caverni

Roland Turner nel corpaccione di John Goodman ne fa una questione di ponti: insomma contesta a Llewyn Davis (Oscar Isaac) che il suo partner nel duo folk per suicidarsi abbia scelto di buttarsi da un ponte anonimo. Resta il fatto che Oscar rimane solo a cercare, con poca voglia, di farsi una vita da cantante solista e da persona normale.

 

Pare ispirato alla vita del cantante folk Dave Van Ronk, attivo a New York negli anni sessanta, l'ultimo film dei fratelli Coen, A proposito di Davis, sta per 105 minuti a scaldare i motori ma non parte mai.

La scena iniziale con Davis che canta nel Village e con i cazzottoni che si prende subito dopo, per un artificio narrativo ormai diffuso anche nei testi degli esami di maturità, si ripete alla fine del film dove trova la sua spiegazione logica, ma è una spiegazione così prevedibile e poco significativa che quando arrivano i titoli di coda ci resti male perché per tutto il film hai aspettato fiducioso che i grandi fratelli ti dessero una frustata e invece ti hanno servito una camomilla.


L'unica differenza fra la prima e l'ultima scena è che quando Davis esce per incontrare i cazzottoni il suo sguardo si sofferma su chi gli è succeduto sul palco, un tipetto riccioluto che sembra proprio essere un incipiente Bob Dylan.


E' che sono certo che tutti quelli che hanno visto Davis hanno fatto un confronto con un altro fallito coeniano, Lebowski. Ma non c'è proprio partita, tanto Lebowski è grande, appunto, e geniale fosse solo nell'andare al supermercato in ciabatte e accappatoio, quanto Davis gira per NY, ma anche sulla via di Chicago, in compagnia di un bel gatto rosso solo nei confronti del quale, o meglio nei confronti dei suoi proprietari, sembra avere un accesissimo, e per altro inspiegabile, senso di responsabilità che stenta a palesarsi per il resto del mondo.


Nel suo soggiornare per divani, particolare tipo di homeless, Davis scopre dopo 3 anni di avere un figlio a sua insaputa,


un figlio del quale, c'è da scommetterci, continuerà a non occuparsi anche consapevolmente. Doppio preservativo e nastro isolante gli suggerisce molto rabbiosamente l'ultima "vittima" del cantante serial fuker delle donne degli amici, incinta anche lei in procinto di aborto.


Che peccato, lo aspettavamo tutti quest'ultimo lavoro dei Coen, specialmente dopo il Grand Prix Speciale della Giuria di Cannes. Però un po' ce l'aspettavamo: se ne parlava poco, un motivo ci doveva pur essere.

13/02/14

SAN VALENTINO A MODO NOSTRO


Era San Valentino di un giorno sereno, cantava la tua gioventù: è la storia di Lucia, protagonista dellomonima canzone di Pupo, un misto tra Che sarà, Montagne verdi e Smalltown Boy. Lucia che era andata via pensando sarà dura per me ma qui non mi capisce nessuno. Una fuga di cervelli, probabilmente, effettuata di sicuro in treno perché siamo nel 1980 e non è stato ancora inventato il volo low cost. Era San Valentino, ma che Valentino se tanto l'amore non cè, nella mente nel cuore se manca lamore è un giorno qualunque per te: è qui che il poeta coglie lintimo dramma, è San Valentino un giorno come un altro? Lucia pare pensarla così, o c’è lamore o nulla, e allora meglio le montagne verdi e un sincero viaggio a ritroso: sei tornata un mattino a cercare il profumo che non hai trovato laggiù. A chi ha lamore, e anche a chi non ce lha, auguriamo di trovare un profumo, a ciascuno il proprio.
 
Riccardo Ventrella
 
 

 

"Mamma, io odio San Valentino!". Giulia, 11 anni, quinta A. Resto colpita dal fatto che sappia già che cosa si festeggi domani, e non vorrei indagare sul perché lo odia ma se l'aspetta, quindi glielo chiedo.
Alessio della quinta B mi ama! Credo che domani mi porterà un regalo a scuola.
E non sei contenta???? Lo ami anche tu?
Veramente no, cioè non lo so.... 
Ma se te lo porta dovrai decidere il da farsi, no?
Appunto... Comunque se me lo porta chiederà alla Sara della quinta B di consegnarmelo, Alessio è fatto così!
Magari è timido... ma tu non lo vorrai neanche ringraziare??
Senti mamma, lui mi ama, ma mi ama a tal punto che tutte le volte che mi vede alla ricreazione, o all'uscita... SCAPPA!!! Come faccio a sapere se lo amo se scappa sempre? Ora mi toccherà ringraziarlo per il regalo tramite la Sara... che figura di merda! Accidenti a San Valentino!
 
Silvia Nardi Dei
 
 
A volte mi consolo con questo pensiero:
se lui mi amasse
sarei già scappata
in cerca di un altro sogno
 
Mara Amorevoli
 
 
 
Ummi viene una sega, io san valentino un l’ho mai considerato

 
Camilla Catarzi
 
 
 
I miei sanvalentini sono  abbastanza cambiati nel tempo. I primi che ricordo son quelli delle medie. Al tempo mia madre mi metteva delle camicette secondo lei molto carine – in realtà inguardabili e antinebbia. In più avevo l'apparecchio ai denti: passavo l'intervallo a guardare gli altri che si scambiavano i baci peruggina, i ciuccioni con la lingua e i bigletti t.a.t.t. e t.v.t.t.t.b.b.
Alle superiori ero alternativa e con i miei amici alternativi deridevo quelli che festeggiavano la festa borghese del sanvalentino. Presumendo che tutti gli alternativi in genere fossero ragazzini shokkati e rancorosi come me che alle medie avevano avuto mamme che li avevano costretti a mettersi l'apparecchio ai denti e la camicia antinebbia.
Ai tempi dell'università a Milano, ricordo che il mio ragazzo di allora mi portò in un ristorante giapponese fashion e ordinò un sacco di portate. Mentre aspettavamo che il non-giapponese-bensì-cinese-di-Gallarate ci servisse, abbiamo cominciato a litigare pesante. Lui abbaiava fortissimo. Io mi sono chiusa in un mutismo impenetrabile. Quando sono arrivati tutti i vassoi mi sono alzata, ho chiamato un taxi e l'ho lasciato lì, con tutto il cibo da mangiare e il conto da pagare.
Al momento ho trentadue anni, San Valentino mi lascia piuttosto indifferente, e tuttosommato sono piuttosto felice di raccontarvi tutti questi traumi accumulatisi negli anni, grazie a Gianni Caverni che me ne ha dato la possibilità. Una buona festa dell'amore a tutti voi!
 
Sara Rados
 
 
 
Ma chi se ne frega di San Valentino? Innamorati... si, ...e allora?
Voi che siete innamorati, non vi basta? No, volete fare anche la festa.
Cos’è, volete mostrare a tutti quanto vi amate? Far vedere che il vostro amore è speciale e che tutti gli altri amori al confronto sono piccole stupide infatuazioni passeggere?
E tu, con quello sguardo acquoso, che nello specchio dai l’ultimo colpo di brillantina ai capelli bianchi sulle tempie e pensi di essere per lei l’unico uomo sulla terra, non ti viene alcun dubbio?
Ma si che ti viene! Se ci pensi bene senti dentro di te quella leggera inquietudine..., la senti strisciare su per la schiena fino dietro la nuca e piantare nel cervello la certezza che alla prima occasione controllerai di nascosto il suo cellulare.
Lo sai bene che, quell’altro, il giorno di San Valentino entrerà in contatto con lei. E tu sarai lì, pronto a tuffarti sul cellulare alla sua prima distrazione.
E’ ora di uscire, lei è splendida nel suo completino grigio topo. Lo scarlatto delle labbra è calamita per i tuoi occhi e il seno sembra una taglia superiore a quello di ieri.
Ti aggiusti gli occhiali, infili lentamente il loden blu, metti il cappello, prendi il bastone e muovi verso la porta.
Lei ti sorride, e in quel sorriso c’è già il programma della serata. Che stupido sei stato a sospettare!
Il ristorante a sorpresa quest’anno la lascerà senza fiato, e poi..., e poi sarà meraviglioso.
Ti sistemi bene alla guida della tua Ford, metti in moto e fai scivolare in avanti l’auto con dolcezza. Lasci la frizione lentamente..., molto lentamente. Fai urlare il motore fino all’agonia, poi, con calma, a un certo punto..., ingrani anche la seconda.
Conduci sicuro con parlantina sciolta quando, improvviso come una cannonata, arriva un messaggino al suo cellulare. Lei lo legge subito. Tace. Richiude il coperchio. Uno, due, tre, quattro..., ma niente, non dice niente.
Improvvisamente un solo pensiero occupa la tua mente: chi cazzo era?. Era lui! Certo che era lui!
Senti il riacutizzarsi del dolore alla schiena. Ti vuoi fermare. Non riesci a trovare parcheggio. L’auto sussulta e si spenge. Uno stronzetto ti grida qualcosa. Vorresti scendere e spaccargli la faccia. Ma no, poi lasci perdere..., non hai più l’età. Cerchi il bastone mentre con l’altra mano provi a rimettere in moto.
Ora Olga posa la mano sulla tua spalla, ti guarda e sussurra dolcemente: “Aldo, si calmi. Finiamo il giro dell’isolato e rientriamo a casa. Le preparo il semolino poi guardiamo la TV.” ... “Ma quando si convincerà a smettere di guidare? Non le serve la macchina, le provoca solo stress.”
“E tu quando la smetterai di stare sempre al telefono?”
“Ma non sono stata al telefono.”
“Non è vero. Ha appena squillato!”
“Era solo un messaggino..., era mio marito dalla Polonia. Mi faceva gli auguri per San Valentino.”
“Già..., oggi è San Valentino. Sai..., quando era viva mia moglie la portavo sempre in un bel ristorante a sorpresa. E poi..., poi era meraviglioso.”
Stefano Tanini
 
 
 
 
Sannetta Trampolini della Ferla
 
 
I bambini quando cantano a volte chiudono gli occhi, l'Adele lo fa spesso. Lo fanno perché così possono vedere quello che cantano e se chiudono gli occhi lo vedono meglio. E' un paradosso che a me ha fatto tanto riflettere. E allora stasera  ho cantato Nel blu dipinto di blu con gli occhi chiusi, insieme a lei. Abbiamo battuto qualche testata, perché poi mentre si cantava ci sembrava di volare davvero, Ma quello che ho visto in quel momento, con gli occhi chiusi, se le avessi avuti aperti, non l'avrei visto mai.
 
Barbara Dardanelli
 
 
 
Un desiderio per San Valentino? Dimenticare l’amore, almeno per un giorno. No, non è l’ennesima provocazione della me stessa più cinica e scenografica, ma una fantasia che più romantica non si può. Non ci credete? Ebbene sì, la mia proposta impossibile per il 14 febbraio, è proprio questa: scordarsi l’amore, e riscoprire l’innamoramento. Pensateci bene, cosa può esserci di più meraviglioso di una bacchetta magica che vi permetta di guardare la persona con cui da anni condividete letto, influenze e bollette da pagare come se fosse la prima volta, completamente ignari di quelle imperfezioni, per usare un eufemismo, che avete imparato a conoscere così bene? Di resettare tutti i litigi, le parole volate a sproposito, le lampadine non cambiate, le porte sbattute, le luci spente senza darvi la buonanotte, le cattiverie dette per far male, i gambaletti color carne (lei), il calzino con la ciabatta (lui)? Immaginatevi belli e splendenti a un primo appuntamento, troppo emozionati per farlo funzionare davvero ma con tutta la voglia di riuscirci, un vestito bello comprato per l’occasione e in tasca un pacchetto di mentine, pronti per un “e vissero per sempre felici e contenti” che non dovrebbe mai, per legge, essere soggetto a ulteriori precisazioni, se non nel sequel di un romanzaccio di infima categoria. E però ecco, ora che ci penso, mi è venuto un dubbio: siete proprio sicuri che vi piacereste sul serio? Non è che invece quel favoloso innamoramento è stata soltanto un’improbabile coincidenza, una concatenazione inesplicabile di congiunture che magari, a riprovarci oggi, non si ripeterebbe? E che la cosa vera, quella realmente importante, non sono piuttosto le influenze, i calzini scesi, i litigi (e i conseguenti fare la pace) e tutti quei giganteschi, devastanti casini che vi hanno portato dove siete adesso? Mi sa che per questa volta, per quanto mi riguarda, preferisco non rischiare. E invece di festeggiare il mio San Valentino speciale, mi appellerò al mio delizioso, monotono quotidiano. Una bella pizza da asporto, un morettone da 66 da dividere, e magari la nostra serie preferita sugli zombie. Il gambaletto color carne, però, giuro che non lo metto.
 
P.S. per gli amici single, inguaribilmente a-romantici o a forte rischio di diabete: 1) la colpa non è mia, è di Gianni, che ha tirato fuori tutta la sdolcinatezza che è in me, prendetevela con lui. 2) parlare di San Valentino sarà pur sempre meglio che discutere degli ultimi sviluppi della politica italiana, no? 3) se proprio non resistete, e avete un disperato bisogno di un pensiero positivo per affrontare la giornata, sappiate che San Valentino è morto torturato e decapitato sulla via Flaminia.

 
Gaia Rau



Una di queste notti, fra il 13 e il 14 febbraio voglio dire, tanto o poco tempo fa non importa, mandai sette baci e una buonanotte alla donna che amavo.
Perché proprio sette mi sono chiesto? Perchééé … perchééé … non lo so perché. Ma poi mi è venuto in mente che i perché vengono dopo, cioè i perché spesso non ci sono all’inizio, poi ci si pensa e dei perché si trovano. Proprio così, insomma si procede all’arrovescia come per gli acronimi: intendiamoci subito, se si vuole fare una ditta io e Domenico Coviello nessuno ci vieta di battezzarla con un acronimo senz’anima tipo GCDC; senz’anima e impronunciabile per di più. Magari usando solo i cognomi l’acronimo diventa almeno pronunciabile: ciccì, a leggerlo. Ma resta senz’anima. Meglio andare a ritroso: che si vende nella nostra ditta? Non si vende davvero, anzi non abbiamo nemmeno una ditta, ma si fa per fare un esempio. Si vendono gabbie per canarini, per esempio. Può essere un’idea allora scegliere un acronimo che suoni “CIOP”, sempre per esempio. Da ciop si tratta di scegliere definizioni in modo che l’acronimo che ci serve venga CIOP, appunto. Ci se ne sbatte dei nomi e cognomi e si vola altrove: la C viene da canterini, e su questo non ci piove. La I è l’iniziale di ispirati, la O viene da oziano e la P da protetti: insomma i canarini Canterini Ispirati Oziano (e così si suggerisce che se la godono) Protetti che è come negare che la gabbia li imprigioni e affermare invece che offre protezione. Uguale CIOP! Occhei non è un granché ma insomma a quest’ora di notte meglio non mi veniva. E poi era solo un esempio.
E allora perché proprio sette baci? Perché si dovrebbe dormire otto ore per notte (beato chi gli riesce, io spesso mi sveglio circa alle 4,36 con gli occhi spalancati come semafori), allora un bacio ogni ora? Nooo troppo ovvio, uno di meno perché un po’, ma poco poco, le manchi un bacio per coprire tutta la notte, ma ce ne siano abbastanza per farla sentire serenamente amata. E poi il sette mi è sempre stato simpatico da quando il mio babbo vinse col numero sette la lotteria del bar vicino a casa e se ne tornò portando un cesto di bottiglie, caffè, e, soprattutto dolciumi che io ero bambino. Col numero sette giocava Julinho nella mitica Fiorentina del 55/56, quella del primo (e penultimo) scudetto. E poi i sette samurai, i magnifici sette, sette sposi per sette fratelli, le sette note, la lega dei sette mari, i sette nani, le sette vite dei gatti, la danza dei sette veli.
E poi sette è la metà di quattordici e il quattordici febbraio è sanvalentino.

Gianni Caverni

 
 
 
 
 
 
 
 

 

INTRODUZIONE: LA SCIENZA di Elena Volpi

INIZIA CON QUESTA PRIMA POESIA LA COLLABORAZIONE AD I.V. DI ELENA VOLPI




INTRODUZIONE: LA SCIENZA

Tutti vorrebbero che la scienza avesse un senso

che il denaro pubblico fosse messo a buon frutto

con risultati benefici per il mercato e per l'umanità.

Ma lo scienziato è un poeta:

trova rime inesplorate fra molecole di RNA (*)

allegria nell'universo di poche parole

e come un neonato senza scrupoli ruba il gioco al creatore.
 
 

11/02/14

UN PO' DI CLEMENZA, O ALMENO DI PIETA' di Silvia Nardi Dei

E poi un momento, Vostro Onore, signori della Corte, signori Giurati: tutti lì a puntare il dito contro i maschi potenti, i Presidenti, i miliardari,  che fin da lontana memoria, tra stagiste sotto le scrivanie, ballerine e soubrette  hanno non soltanto tenuto alta la bandiera di quell'antico detto che ha a che fare, come citato, coi buoi, i carri e qui mi fermo perché divento tutta rossa, ecco, ma addirittura hanno anche fatto crepare di invidia migliaia di altri maschietti meno “fortunati” tra i comuni mortali.



Come mai, Vostro Onore signori della Corte, signori Giurati, nessun giudice, o anche giornaletto gossipparo, non ha, che io sappia, ancora fatto una ricerchina su queste povere donne tradite lungamente, e a volte, come in questo caso, pure abbandonate? Vorrei per un attimo attirare la vostra attenzione su alcuni piccoli particolari, quisquiglie. La situazione tipica è questa:

 

LEI: Bellissima,  vitale e sana, taglia 42, tette e sedere perfetti, spigliata, insomma una gnocca pazzesca e in alcuni casi, guarda, anche capace di mettere insieme un soggetto, qualche predicato e qualche complemento!



LUI: Orrendo, forma fisica forse trent'anni prima, sex appeal come un cetriolo sott'olio e magari sense of humor che ricorda quello dei monaci benedettini, o se va bene quello di uno a caso: Berlusconi... insomma, tremendo. Però ricco e potente.

Eppure, il miracolo si compie: si innamorano eccome! Ora, alcune “colleghe” (nel senso di femmine, intendiamoci) mi hanno confessato che loro, di un uomo ricco e potente POTREBBERO ANCHE innamorarsi, e io voglio crederci. Può darsi che ricchezza e potere possano se non far innamorare, almeno suscitare pensieri bollenti nei confronti di questi bozzoli inespressivi, io voglio crederci per davvero.



Ma Vostro Onore, signori della Corte, signori Giurati, quanto pensate possa durare la fedeltà di queste ancelle profumate? Un paio di giri del mondo su un aereo privato? Un'armadiata di abiti griffati e qualche decina di chiocchi sbrilluccicanti alle dita? Dopodiché proviamo a immaginare: il grande capo sempre fuori casa per meeting, breefing, brain storming, incontri coi potenti della Terra e chissà cosa, e loro? Nei loro castelli sole sole ad aspettarli?

Io non vorrei infierire, ma credo che ogni tanto, se proprio si deve andare a guardare nel buco della serratura, bisognerebbe provare anche a guardare da quella parte, ascoltate me! E se ne vedrebbero di tutti i colori, per davvero.



E su scala internazionale, non voglio in alcun modo salvaguardare nessuna! Poi, certo... magari le nostre signore non metteranno a rischio la sicurezza di un Paese, ma sottoporranno di sicuro i nostri eroi maschi a stress terribili, a probabili corna col personal trainer, col cameriere, con lo stagista, l'autista, o come da tradizione con lo stalliere, e pure il personal shopper. Ma avete idea che disastro dover governare un Paese o guidare una multinazionale con questi “problemi” in testa?  Signori della Corte, signori Giurati abbiate un po' di clemenza per questi maschi circuiti, usati e poi, sommessamente buttati sotto il letto!

Invoco almeno un po' di pietà, bipartisan.






POST SCRIPTUM - MARCO PANTANI di Domenico Coviello

Vedo che a dieci anni dalla mia scomparsa il rimpianto è generale. Non ci sono più tanti facili entusiasmi di appassionati di ciclismo dell’ultim’ora: quando vincevo. E le repentine condanne, piene di disprezzo, nel nome del moralismo antidoping: quando perdevo. E neppure l’ematocrito alto, l’insulina presunta, i ritardi stratosferici nelle mie ultime corse. Quegli psicofarmaci che mi avevano imbolsito. Quella cocaina che mi ha ucciso.

 

Sono morto nel giorno di San Valentino. Nella mia stanza devastata. Una fine da romanzo triste, in una giornata senza amore. Chiuso in un monolocale anonimo di un residence come tanti, affacciato sul mare d’inverno.

 

Da quel giorno non ho più paura. La vita, la bicicletta e il mondo, visti da quassù, dove gli orizzonti sono infiniti, mi sembrano un attimo. Lo spazio di una pedalata. Il tempo di una volata. Manciate di minuti.
Per quelle sono nato e ho vissuto. Sono morto solo perché da solo ho sempre vinto. Per distacco, sulle salite delle Alpi e dei Pirenei. A volte sotto il sole. Spesso in giorni piovosi, dentro ai banchi di nebbia. Come quella volta in Francia quando Gotti mi vide sparire davanti a lui nella foschia a 42 chilometri dall’arrivo (mi rivide al traguardo quando avevo già vinto).

 

E di nuovo nel ‘98, il mio grande anno, quando sul Galibier era scesa la gelida pioggia dei quasi tremila metri di quota. Avevo le mani gelate. Ero partito in fuga a 50 chilometri dall’arrivo, staccando tutti. Il mio ds mi allungò una mantellina subito prima della discesa per limitare i danni del freddo. Non riuscivo a infilarla: mi fermai apposta sul ciglio della strada per indossarla. Tanto dietro di me c’era il nulla. Quella volta Ullrich lo lasciai a 9 minuti di distacco.

 

Potevo farlo perché ero il più forte. Ho sempre cercato il successo. Volevo dimostrare a tutti che non ero un ciclista normale, ma semplicemente il numero uno. C’ero riuscito. Nel ’99 al Giro sulla salita di Oropa mi saltò via la catena. L’ammiraglia dove diavolo era. Mi fermai ancora una volta, come già al Tour. Rimisi a posto la bici come un ragazzino e ripartii. Mancavano solo 8 chilometri al traguardo e il gruppo era laggiù, avanti a me.

 

Ma c’era da salire. E là dove c’era un colle da scalare c’era il Pirata. Quello con la bandana, che alla mattina delle gare era inavvicinabile. Dal nervoso, dalla tensione, dalla rabbia. Era il segnale: ero in forma e avrei corso bene. Quel nervoso mi assalì di nuovo per quella stramaledetta catena. Rimontai settanta corridori in 8 chilometri e vinsi.

 

In allenamento il cardiofrequenzimetro lo buttavo, c’avevo l’orecchio ai battiti, io. Mi bastava quello. In corsa, durante la salita, allo scatto, a volte la bandana la buttavo; buttavo anche gli occhiali. E poi mi raccontavano che in quei momenti il telecronista alzava il tono della voce: “Ecco! Pantani…è partito Pantani!”.

 

Troppo di più non voglio dire. Ci furono i controlli a tappeto, l’ematocrito sopra il limite, il panico nella mia testa. Ho provato rabbia, frustrazione, vergogna. Mi ero riscattato dopo tante cadute. Dopo essermi rotto tibia e perone.

 

Ma questa volta era tutto diverso. L’80% delle persone aveva messo in discussione tutta la mia carriera, i Tour e i Giri vinti. Avevo paura di aver deluso tutti, dai miei genitori ai tifosi. Di aver barato. E poi le ombre, i sospetti, le maldicenze. Mi fecero terra bruciata nell’ambiente: ero il capro espiatorio ideale del problema doping nel ciclismo. Ma io avevo fatto tutta la gavetta, avevo lottato duramente. Non è un livello un po’ più alto di una sostanza che ti fa diventare un campione.

 

Mi perseguitavano. Mi volevano fregare. Ma come si fa ad accusarmi di essermi fatto di insulina per poi abbandonare scioccamente la siringa nel cestino dell’hotel, ben visibile, alla vigilia dei controlli? In Appello, infatti, fui assolto.

 

In bici avevo sempre attaccato. Non avevo mai giocato in difesa. Ma adesso avevo bisogno di farlo, nella mia mente aggredita dalla mia autostima in frantumi. Il patron di Mercatone Uno, Luciano Pezzi, gregario di Coppi e ds di Gimondi, se n’era andato già da anni. Era come aver perso un padre. A un certo punto, allora, lo dissi alla mia manager Manuela Ronchi: “Manu mi hanno fatto assaggiare la cocaina e io ci sono cascato”. Quattro macchine sfasciate in altrettanti incidenti stradali in 18 mesi vi sembran pochi? Ma era l’urlo della solitudine. Uno degli ultimi.

 

Fra i pochi che mi hanno voluto bene davvero, i miei compagni alla Carrera e alla Mercatone, come Siboni e Conti. Una vita da gregari. Conti al Tour mi tirò per la maglia: “Oh, aspetta ad attaccare che Ullrich ha forato…”. Non me ne ero accorto, attesi che salisse di nuovo in sella e poi scattai. Non sono un Armstrong qualunque, io: l’americano lo battevo. E lui andava a dire che mi aveva fatto vincere.

 

Da ultimo i miei amici, i miei compagni, mi scrivevano sms, mi ceravano al telefono. Ma io non rispondevo. Avevo staccato il cuore dal cervello. Me ne andai lungo il mare di Rimini e finì com’è finita. Non chiedo niente. Non fate tante cerimonie. Non risarcitemi. Le mie scelte sono state solo mie.



Ricordatemi così: mentre mi alzo sulla sella della mia Bianchi per scattare dalle retrovie, in salita, superando tutti. L’Alpe d’Huez e la Marmolada mi chiamano ancora. La montagna mi porta in Cielo.

09/02/14

PUZZONA SOTTO NASONA di Sannetta Trampolini della Ferla

BLASUONATO

"ARBRE MAGIQUE GÉNÉALOGIQUE" è un accessorio di Sannetta Trampolini della Ferla per darsi al volontariato sociale


Adoro la gente semplice

  
Non è mia ma è divina: <I nostri tifosi ci seguiranno dappertutto e con tutti i mezzi a disposizione come pullman treni e voli charleston>
 
"PELLICCIA DI VOLPEDO" è un'idea di Sannetta Trampolini della Ferla per portare un po' di spensieratezza tra la gente semplice che non arriva a fine mese.
 

"BON SHEEP, BON GENRE"
Il tomo è ENORMONE! E se gratti la copertina sa d'insalata belga


"Nobiltà recente" è tratto dagli aggiornamenti del gruppo "I believe in Rigurgito Reazionario"
Questa io la uso spesso quando vado a trovare la gente semplice che adoro perché, in genere, hanno tutti una terribile puzza di cavolo nero nella tromba delle scale
 

Carissimi, sono tornata. Scusate se ancora non ho avuto tempo di rispondere alle vostre notifiche e adorabili post ma, arrivata a casa ho trovato mammà in pieno deliquio e Lotti che mi aspettava per mettermi di fronte al fatto compiuto. Tremante, con un filo di voce mi propina questo cartoncino mormorando solamente: "matrimonio riparatorone", io, atterrita, gli urlo come un'aquila: "COSAAAAAAAAAA?" e lui non riesce più a parlare ma mi indica l'atroce scritto. Sono disperata, questa è la rovina! E poi avessero almeno fatto fare a noi le partecipazioni....Dio, sto per svenire...stasera vado al cinema a vedere una cosa dove muoiono tutti, almeno mi riprendo.


ADORABILI, mi sono risolta a scrivervi perché conosco quanto sia miserevole la vostra vita senza di me e tanto più desolante il mistero dietro al mio silenzio. E' giunto settembre ed io, quantunque non possa palesemente dedicarmi, per una questione di buona educazione, ad alcuna attività professionale mi vedo comunque coinvolta nelle solite iniziative completamente inutili a cui attendo con meticolosa solerzia. Scusate quindi se sparirò, qualche volta e se ancora non ho risposto ai vostri, ovviamente devotissimi post. Vi amo atrocemente, come tanti figlioletti semplici ma onesti. Sunny


Essendo che sono in partenza (l'ho già detto venti volte ma non ho assistito ancora a nessun attacco di panico) posto questa mia PODEROSA installazione che realizzai diversi anni fa, dopo un viaggio nella mia adorata Firenze, dove sono piena come un bombolone di parenti che nascono da urlo. Adesso è esposta al Guggenheim, mi volevano dare trecentomila dollari ma a me che mi frega? Sono ricca e allora gliel'ho tirata dietro.

questo è per darvi il buongiorno, cari, così: in intimità, senza quell'orrida ostentazione tipica, per esempio, di chi nasce malissimo e sposa benone.
A me piace tanto quando i comitati delle onlus per i poveroni sembrano la lista degli inviti per il debutto, tipo:

S.A.D.
(Pia) Società Aiuto Derelitti
Comitato direttivo:
Presidente: Slavinia Brughetti de la Pons
Vicepresidente: Fiamma Ossidrica Rintuzzati Scotti
Tesoriere: Colorata Visconti di Pergolo

Consiglieri:
Tanta Rescobaldi
Inezia Franati Martinucci
Rughetta Ghisalberti Gottardo
Rovinata von Andechs-Meranien Pini
Frenata Crotta Gozzadini
(e via una sfilza di nomoni, NdR)