Era il giugno del
2006 quando si aprì il cantiere per la realizzazione dei Nuovi Uffizi, che
dovevano portare da 6mila a 13mila metri quadrati la superficie calpestabile
del primo museo d’Italia, e primo al mondo per densità di visitatori.
Dopo ribassi
sospetti, lentezze, siluramenti di soprintendenti e direttori lavori, gli
arresti della cricca degli appalti per i Grandi Eventi, dopo la girandola dei 5
commissari in 80 giorni, la fine dei lavori è scivolata dal Natale 2010 a…data
da destinarsi.
Da qui la genialata
di Renzi di proporre (e firmare), nel gennaio del 2011, un protocollo d’intesa
con l’allora ministro della cultura, Sandro Bondi. Nell’accordo si stabiliva,
tra l’altro, che per tre anni una quota dell’incasso del Polo Museale
Fiorentino (che comprende Uffizi, Galleria dell’Accademia, Bargello, i musei di
Palazzo Pitti, Boboli e altri musei) -
compresa tra il 15% e il 20%, ovvero una cifra oscillante tra i 3,5 e 4
milioni di euro l’anno – sarebbe “transitata” dalle casse di via della Ninna a
quelle di Palazzo Pitti, dove ha sede la Soprintendenza per i beni
architettonici, responsabile dei lavori dei Nuovi Uffizi.
In tre anni,
quindi, circa 10-12 milioni di euro sono stati utilizzati per dare
un’accelerata ai lavori di questo cantiere di cui, per il momento, non si
intravede la fine. Lontano da orecchie indiscrete, i tecnici parlato del
2016-2017 come data di conclusione dei lavori, ma la realtà è che il cronoprogramma
degli interventi è sempre stato il documento meno rispettato nell’antico
complesso vasariano.
Giungiamo così ai
giorni nostri: nel frattempo, da quando il protocollo Bondi-Renzi è stato firmato,
il ministro non è più tale (ha già avuto tre successori), è cambiata la
legislatura così come la maggioranza che sostiene il Governo. Ma questo non
impedisce a Renzi – oggi più “forte” di allora - di giocare. Anzi.
Esaurita la
clausola che imponeva per tre anni la destinazione di quella quota d’incassi ai
Nuovi Uffizi, il 31 dicembre 2013 l’ex-sindaco ha spedito una lettera all’allora
ministro della cultura Bray, prospettando un radicale cambiamento della
destinazione d’uso di quei soldi, il cui prelievo dalle casse del Polo Museale
è ormai una costante. Secondo le nuove volontà di Renzi, infatti, ogni anno per
i Nuovi Uffizi ci sarebbe solo un milione di euro, mentre gli altri tre
sarebbero intercettati da Palazzo Vecchio per aprire e mantenere il nuovo Museo
del Novecento di piazza Santa Maria Novella e per il mantenimento del Forte
Belvedere; insomma lo Stato si farebbe carico di alcune strutture culturali
civiche.
È a questo punto
che la Corte dei Conti potrebbe cominciare a interessarsi a questo strano gioco
che ha per oggetto soldi pubblici destinati alla cultura.
Tra musei statali e
musei civici c’è una differenza semplicissima ma sostanziale: i primi sono
mantenuti dalle casse comunali, i secondi da quelle statali, e non esistono
commistioni di natura economica tra le due categorie. Chiunque può pensare di
rimescolare i ruoli, ma per gestire somme di denaro così ingenti, è certo che
occorra un atto d’incontestabile forza di legge. E il protocollo d’intesa tra
Bondi e Renzi, non essendo mai stato recepito da alcun atto legale, è poco più
che un gentlemen agreement.
D’altra parte è
anche vero che quei 10-12 milioni di euro transitati da una soprintendenza
all’altra per i Nuovi Uffizi, sono stati messi a frutto eccome: solo negli
ultimi 24 mesi sono 56 le nuove
sale del museo inaugurate, per un totale di 2.880 metri quadri di superficie
visitabile in più, e 330 le opere uscite dai depositi ed entrate a pieno titolo
nel percorso espositivo della più frequentata galleria italiana.
Evidentemente, se dal 2014 un solo milione l’anno venisse
destinato dal Polo Museale al cantiere dei Nuovi Uffizi (non per mancanza di
fondi ma per manifesta “distorsione” di ¾ del “montepremi") è certo che si
verificherebbe una nuova “frenata” dei lavori, con conseguente, inevitabile
allungamento dei tempi.
In questa vicenda, infine, ecco rivelarsi all’orizzonte anche
il pericolo di danno erariale. La questione è un po’ tecnica, ma vale la pena di
essere spiegata. Nonostante le 56 nuove sale e la superficie della Galleria sia ormai intorno ai 9mila mq, in tutti questi anni la capienza del museo non è cambiata: più di 900 visitatori non possono stare contemporaneamente all’interno del museo. È per questo che talvolta, nelle giornale con maggior affluenza, si formano le code all’esterno del museo. Infatti i limiti sono frutto di precise norme che impongono un rapporto stretto tra numero di visitatori in un determinato ambiente e uscite di sicurezza disponibili.
L’accessibilità agli Uffizi subirà un aumento solo quando
verrà realizzata una nuova scala nell’area nord del braccio di levante della
storica galleria a forma di “U”. A quel punto aumenteranno sia il numero dei
visitatori nel museo, sia gli incassi. E di molto.
La nuova scala è nei progetti dei Nuovi Uffizi, ma ogni giorno
di ritardo – dovuto anche alla mancanza di risorse disponibili perché
“distorte” verso altri impieghi – corrisponde non solo al mantenimento del
cantiere in una zona di Firenze dove la concentrazione di turisti talvolta
raggiunge picchi altissimi, ma allontana la sua realizzazione e automaticamente
contribuisce a mantenere stabile il flusso dei visitatori nel museo, mentre questo
potrebbe fare un balzo notevole. Insomma la mancata realizzazione di quella
scala fa perdere un sacco di soldi allo Stato.
E che a Renzi interessa soprattutto “gestire” i fondi statali
del Polo Museale, lo si comprende anche dalle sue recentissime dichiarazioni
sui probabili fondi UE da destinare ai sindaci: se arrivano dei soldi a
Firenze, l’ex-sindaco disse che li avrebbe destinati a vari progetti, tra cui
la tanto discussa copertura dell’uscita degli Uffizi progettata dall’architetto
giapponese Arata Isozaki. Ben sapendo che la sua realizzazione è stata
stralciata dai tutti i lotti dei Nuovi Uffizi. Per cui se ne riparla a cantiere
praticamente concluso. Cioè chissà quando…
Da parte sua il ministro Bray – da cui dipende il “travaso”
di risorse dalle casse statali a quelle comunali fiorentine e che si trova nel
Governo Letta per volontà di D’Alema – aveva tutto l’interesse a non
contraddire Renzi. Pena, la perdita del… posto di lavoro. Ma Bray ormai
appartiene al passato.
È a questo punto che la Corte dei Conti potrebbe cercare di
far chiarezza sulla vicenda e stabilire una volta per tutte (visto che fino a
ora ha fatto finta di nulla) la validità legale del protocollo d’intesa tra
Bondi e Renzi e verificare se i dirigenti del Mibac che hanno avallato questo
“strano” passaggio di denaro dalle casse di via della Ninna a quelle di Palazzo
Vecchio abbiano agito nella piena legalità. Il buon senso farebbe supporre di
no. Vediamo come la pensano i giudici della Corte dei Conti e se questa
emorragia di milioni ha veramente il crisma della legalità che qualcuno
vorrebbe farci credere…