Cara
Silvia, ho parlato con Ivan e gli ho fatto leggere la tua risposta. E’ tutto
contento, nella sua inguaribile stralunataggine. Pensava di beccarsi un
servilliano “vafangulo”, invece si è ritrovato una critica e una difesa di
Servillo davvero serrate e ottimamente presentate.
A lui non
interessava criticare “La grande bellezza”, ma un grandissimo attore che, di
fronte a un, per altro molto pacato, rilievo finale di una giornalista al
telefono, circa critiche che sono state fatte al film in Italia (senza neanche
entrare nel merito delle stesse), perde le staffe molto banalmente – come un
Ivan qualunque, insomma – e invece di rispondere, magari con una semplice
battuta, proclama, con una certa prosopopea attoriale, che “le critiche sono
inopportune in questo momento e alla maggioranza degli italiani non
interessano” (dopodiché procede al “vaffa”).
Perché
criticare qualcosa dovrebbe essere un atto “inopportuno”? Di solito così
rispondevano i censori, anche quelli delle pellicole cinematografiche (come
Andreotti negli anni ’50). Se qualcuno fa delle critiche, “La grande bellezza”
rischia di perdere pubblico nelle sale oppure l’Oscar? Perché Servillo
stabilisce inderogabilmente che le critiche “non interessano alla maggioranza
degli italiani”? E se anche così fosse, un giornalista deve obbedire alle
maggioranze?
Povero
Ivan, cara Silvia, cerca di capirlo. Si fa delle domande che ai nostri tempi
appaiono da moralizzatore un po’ parruccone. Però alla fine di tutto - mi ha
detto -, non bastava che Servillo rispondesse alla giornalista ponendole quei
quesiti che Silvia pone così bene circa le critiche preconcette al film? E, ha
concluso, speriamo comunque che il film vinca l’Oscar!
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