NELLA TERRA DELLA CLASSICITA' E DELLA CRISI CONTEMPORANEA di Mara Amorevoli
Estate in Grecia. Mare, svago, sfondi con pallide colonne di marmo. In barba alla crisi, siamo tanti ad essere appena tornati da una vacanza in un’isola greca. Ancora lì a scorrer foto e raccontare tramonti color sciroppo. E comunque ognuno di noi, non (o poco) precario, ha avuto almeno un’estate in Grecia. Ma l’Estate in Grecia (Chiarelettere) che ci racconta Giuseppe Ciulla, affermato giornalista e autore televisivo, non è un resoconto di vacanze nella terra della classicità e della crisi contemporanea.
E’ la cronistoria di un viaggio diverso, scomodo e attualissimo. Nasce dalla voglia di capire. Di andare a vedere e indagare esistenze, resistenze, volti di uomini e donne. Ciulla si intrufola tra i greci, “i primi europei della storia”, sale sui loro bus, treni, traghetti. Viaggia, beve e mangia con loro al kafenio e alla taverna, cerca complici, provoca riflessioni pensieri storie personali. Interroga, ascolta, annota. E non trascura la poesia, lo sguardo sulla natura, gli echi omerici di lingua e paesaggi. Ne emerge la fotografia di gente tutt’altro che rassegnata. Di un popolo che si rimbocca le maniche, che con generosità accoglie, spiega, onora la propria memoria (“philotimos”). Ricorda la diaspora, l’esodo, la perdita. Sa da dove viene e, sia pure con difficoltà, sa dove andare. Non sa dove lo poterà l’Europa.
Il viaggio del cronista macina 4 mila chilometri, tocca Igoumenitsa e Orestiada, passando per Atene e Salonicco. Sale su Monte Athos tra i monaci e osserva il loro Dio, scende nel Peloponneso tra chi vive in un altro mondo e modo possibile, torna ad Atene e cerca il Bisanzio. Quello che resta del “sentimento di Bisanzio” . Perchè per capire ha bisogno della Storia. E si perde. Come tutti quelli che cercano di capire i greci, viaggiando oggi nella loro terra chiusa da monti e mare. Siamo tutti senza più Olimpo.
All’inizio del viaggio Ciulla sembra avere una direzione precisa. Verso i confini dell’Europa. Alle porte d’Oriente dove per i migranti inizia quell’esodo, assassino lì come a Lampedusa in questi giorni. Da Sud verso il Nord, lungo l’Egnatia, l’antica strada romana, fino ai paesi sul fiume l’Evros, miscuglio di genti balcaniche, ortodossi, musulmani, ebrei. E’ la frontiera con la Turchia, avamposto, da sempre, di lingue e religioni diverse. In quel fiume si pescano pesci e cadaveri di afgani, pakistani, somali. Anche lì come nel sud del nostro Mediterraneo. E’ una finis terrae. Tracia, Ponto...E’ lì che la Storia ha scritto e scrive le sue pagine e la memoria dei greci. Non ce la farà l’Europa a cancellare quell’identità, fatta di stratificazioni, di contaminazioni di genti che dai fenici in poi ha cercato in quella terra l’anima. Lì resta quel prezioso, sacro, deposito. Che l’Europa dovrebbe pagare senza chiedere nulla in cambio.
Un grazie a Giuseppe Ciulla, per non aver fatto una vacanza in Grecia, per aver scritto un libro imprevedibile, divertente e non superficiale, per essersi raccontato, da vero viaggiatore, mescolandosi e confondendosi con i greci.
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