07/10/13

NELLA TERRA DELLA CLASSICITA' E DELLA CRISI CONTEMPORANEA di Mara Amorevoli

Estate in Grecia. Mare, svago, sfondi con pallide colonne di marmo.
In barba alla crisi, siamo tanti ad essere appena tornati da una
vacanza in un’isola greca. Ancora lì a scorrer  foto e raccontare
tramonti color sciroppo. E comunque ognuno di noi, non (o poco)
precario, ha avuto almeno un’estate in Grecia.
Ma l’Estate in Grecia (Chiarelettere) che ci racconta Giuseppe
Ciulla, affermato giornalista e autore televisivo, non è un resoconto
di vacanze nella terra della classicità e della crisi contemporanea.


 E’ la cronistoria di un viaggio diverso, scomodo e attualissimo.  Nasce
dalla voglia di capire. Di andare a vedere e indagare esistenze,
resistenze, volti di uomini e donne. Ciulla si intrufola tra i greci,
“i primi europei della storia”,  sale sui loro bus, treni, traghetti.
Viaggia, beve e mangia con loro al kafenio e alla taverna, cerca
complici, provoca riflessioni pensieri storie personali. Interroga,
ascolta, annota. E non trascura la poesia, lo sguardo sulla natura, gli
echi omerici di lingua e paesaggi. Ne emerge la fotografia di gente
tutt’altro che rassegnata. Di un popolo che si rimbocca le maniche, che
con generosità accoglie,  spiega, onora la propria memoria
(“philotimos”). Ricorda la diaspora, l’esodo, la perdita.  Sa da dove
viene e, sia pure con difficoltà,  sa dove andare. Non sa dove lo
poterà l’Europa.


Il viaggio del cronista macina 4 mila chilometri,  tocca
Igoumenitsa e  Orestiada, passando per Atene e Salonicco. Sale su Monte
Athos tra i monaci e osserva il loro Dio, scende nel Peloponneso tra
chi vive in un altro mondo e modo possibile, torna ad Atene e cerca il
Bisanzio.  Quello che resta del “sentimento di Bisanzio” . Perchè per
capire ha bisogno della Storia.  E si perde. Come tutti quelli che
cercano di capire i greci, viaggiando oggi nella loro terra chiusa da
monti e mare. Siamo tutti senza più Olimpo.


All’inizio del viaggio Ciulla sembra avere una direzione
precisa. Verso i confini dell’Europa. Alle porte d’Oriente dove per i
migranti inizia quell’esodo, assassino lì come a Lampedusa in questi
giorni. Da Sud verso il Nord, lungo l’Egnatia,  l’antica strada
romana,  fino ai paesi sul fiume l’Evros, miscuglio di genti
balcaniche, ortodossi, musulmani, ebrei. E’ la frontiera con la
Turchia, avamposto, da sempre, di lingue e religioni diverse. In quel
fiume si pescano pesci e cadaveri di afgani, pakistani, somali.  Anche
lì come nel sud del nostro Mediterraneo.  E’ una finis terrae. Tracia,
Ponto...E’ lì che la Storia ha scritto e scrive le sue pagine e la
memoria dei greci. Non ce la farà l’Europa a cancellare quell’identità,
fatta di stratificazioni, di contaminazioni di genti che dai fenici in
poi ha cercato in quella terra l’anima. Lì resta quel prezioso, sacro,
deposito.  Che l’Europa dovrebbe pagare senza chiedere nulla in
cambio.


Un grazie a Giuseppe Ciulla, per non aver fatto una vacanza in
Grecia, per aver scritto un libro imprevedibile, divertente e non
superficiale, per essersi raccontato, da vero viaggiatore, mescolandosi
e confondendosi con i greci.

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