27/09/13

BELLO FARE QUATTRO PASSI! di Stefano Tanini

In bici sui passi dellAppennino si vedono le farfalle a bordo strada. Di tanti colori, svolazzano intorno alle fioriture con traiettorie imprevedibili.
Ogni tanto una taglia la strada al lento procedere della ruota anteriore e subito inverte il suo volo per tornare al verde laterale.
Siamo io e Giulio, e ci piace la salita. Ogni pedalata è una sofferenza, ogni chilometro una conquista.
Nulla a che vedere con i ciclisti veri, quelli che con le bici da corsa vanno su come schegge. No, no, noi siamo atleticamente perfetti cialtroni.
 

Giulio ha proposto il programma: quattro passi in tre giorni. Io ho accettato con entusiasmo. Abbiamo spolverato le ragnatele dai parafanghi e dal fanale delle nostre bici da strada, abbiamo legato le borse laterali al portapacchi, una gonfiata alle gomme e siamo partiti.
Ora, salendo questo maledetto passo di Croce ai Mori, con i muscoli delle gambe che urlano il loro dolore, con le bici che sbandano dalla lentezza del procedere, con un nuvolo di moschine che accompagna le nostre teste sudate, non vorremmo essere da nessunaltra parte che qui.
Il panorama della vallata segna la misura della nostra conquista e ci ripaga della fatica.
 
Lentamente mi stacco dalla ruota di Giulio, ma ho un dolore al ginocchio che mi tormenta ad ogni colpo di pedale... solite scuse.
In cima al passo facciamo la foto rituale sotto al cartello dellaltitudine.
Poi grande godimento in discesa, alberghino indecente a Stia, aperitivo al bar dove hanno giratoIl Ciclone, pizza, partita di coppa della Viola al bar centrale con gelato pinguino tra il primo e il secondo tempo, e a letto distrutti.
 

Il secondo giorno per ignoti motivi si pedala meglio. Il passo della Calla con i suoi 1300 metri ci preoccupava non poco. Invece ci arriviamo prima di mezzogiorno e brindiamo allimpresa con due generosi bicchieri di bianco fresco.  
 

 
 
La discesa versante romagnolo si arresta allagriturismoIl Poderonenel cuore della foresta di Campigna. La Lorenzina ci saluta cordialmente mentre mani sapienti lavorano una sfoglia che rasenta il metroquadro: promette bene, molto bene.
A tavola, accompagnati da un allegro Sangiovese, si comincia con ottimi ravioli e non riesco a dire no al secondo passaggio del vassoio. Poi arrivano la tagliatelle.
E già alla prima forchettata si capisce qualera lo scopo di tutto il viaggio: sono semplicemente sublimi. Si chiude con uninsalata mista. Evitiamo la carne perché in fondo siamo atleti..., e nel pomeriggio dobbiamo ancora pedalare.
 
 
 

Prima che labbiocco ci lasci stesi sul prato si riparte. Dopo una discesa troppo breve, si attacca il passo della Braccina. Un inferno.
Euna strada secondaria con pendenze insopportabili. Saliamo praticamente a passo duomo. Non incontriamo nessuno, niente auto, niente camion, niente moto, niente di niente. Siamo solo noi e la nostra impresa che vacilla ad ogni tratto di strada dritta ma che inesorabilmente si compie dietro ad ogni tornante.
 
Qui le farfalle a bordo strada sono moltissime, o forse sono le tagliatelle che come un potente allucinogeno ci hanno riempito il cervello di farfalle colorate.
Dopo aver surriscaldato i tasselli dei freni in discesa, arriviamo a Fiumicello. Un bellalbergo nuovo e accogliente, un vecchio mulino ad acqua e un allevamento di trote.
I telefoni cellulari qui sono inutili. Erano anni che non telefonavo da un apparecchio a scatti:... prema il tasto rosso appena sente la linea. Ecco, ok, ora può parlare.... si, ciao, noi  tutto bene, e voi?... si, si, rientriamo domani... baci.
Incastrati tra le montagne la notte cala presto. Dopo cena ci allontaniamo dalle poche luci di fronte allalbergo e sopra di noi appare un cielo con troppe stelle. Ma doverano tutte le altre notti?  
Poi ci accorgiamo che fa un freddo quasi invernale e si scappa in camera dove in un piccolo televisore appeso ad una mensola lassù in alto, si guarda (si fa per dire) la finale di supercoppa tra Bayern e Chelsea. Finisce ai rigori e noi crolliamo nel sonno con la coppa in mano a Guardiola.
Lultimo giorno inizia con torta casaliga da inzuppo e con Giulio che trova la gomma posteriore a terra. La mia pompetta mignon vive il suo momento di gloria. La gomma resiste, per fortuna il foro è proprio microscopico.
Nella vallata fa un freddo vero, poi inizia la salita verso lultimo passo, quello dei Tre Faggi, e il freddo svanisce ingoiato dal nostro sudore.
 
Alcuni ciclisti ci sorpassano salutando. Li lasciamo andare senza scatenare la bagarre perché noi andiamo piano per via delle borse pesanti, è ovvio no?
Arrivati al passo, consapevoli che limpresa è oramai compiuta, ritroviamo linea ai cellulari e facciamo la telefonata a Gianni, amico e organizzatore abituale delle nostre pedalate annuali. Questanno non è venuto per colpa di un infortunio. 
Ciao Gianni, ce labbiamo fatta.Lui ci viene incontro per lultimo impegno della gita: un tenero filetto alla griglia con cappella di fungo porcino alla trattoria della Dory a Montebonello.
 

Ultimi 25 chilometri di statale con camion e auto in abbondanza e arriviamo a casa. Una birra fresca, un ultimo brindisi e ci salutiamo con la sensazione di aver fatto un viaggio in terre lontane.
Terre silenziose dove la notte non si vedono luci se non le stelle. Terre di grandi foreste e animali selvatici. Terre dove si accoppiano le farfalle.
 
(PS di Gianni Caverni: o vaglielo a dire a quelli che voi siete matti, che io morirei, che ci vuole la bici da corsa, che non mi ci manda la mi’ moglie. E vaglielo a dire anche a quelli che credono che i supermen siano quelli che si battono in volata per il traguardo del Mandela Forum!)

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