10/09/13

IZIS AL MNAF di Gianni Caverni

Fotografo anche lui, sollecitato su cosa direbbe a suo padre, risponde “Grazie papà”. A parte che a noi tornerebbe meglio grazie babbo (ma è nato a Parigi, non è colpa sua) Manuel Bidermanas, che assieme a Armelle Canitrot ha curato “Izis – Il poeta della fotografia”, la mostra aperta da pochi giorni e fino al 6 gennaio al MNAF di piazza Santa Maria Novella, ci presenta, attraverso 120 immagini in bianco e nero, l’inspiegabilmente meno conosciuto artista di quella splendida generazione di fotografi francesi capeggiata da Cartier-Bresson.

.Articolata in 6 sezioni (Il Ritratto, Chagall, Sogni di Parigi, Sogni di Terra Promessa, Sogni di Londra e Sogni di circo) la mostra è un’occasione per il grande pubblico per conoscere lo straordinario lavoro di Izis Bidermanas, ebreo nato in Lituania, a 19 anni fuggiasco nella capitale francese, amico di Marc Chagall col quale condivideva origini religiose e geografiche, osservatore innamorato e sognante di Parigi e dei parigini ma anche di Israele e di Londra. "Ho realizzato due libri in collaborazione con Prévert. Abbiamo passeggiato molto per Parigi e per Londra. Noi eravamo fatti per lavorare insieme, perché lui era un poeta che si ispirava ad una certa realtà e trovava nelle mie fotografie i soggetti che gli stavano a cuore, gli innamorati, i bambini ... Avevamo una visione molto vicina".

Dal 1949 lavora per Paris Match e lo farà per 20 anni rivelandosi un reporter atipico, quello dell’antiavvenimento, cogliendo personaggi, situazioni, emozioni meno banali: ne sono ottimi esempi le foto nelle quali il coreografo Roland Petit viene ritratto mentre mima con le dita i passi di danza o quelle in cui di Paul Léautaud, scrittore e critico letterario, ritrasse i suoi tanti gatti.  Dieci libri ritmano la sua carriera facendo emergere l’animo poetico di un artista che, “tra i fotografi umanisti, è colui che più si è allontanato dalla realtà per entrare nel sogno”. Difficile segnalare un’immagine in questo ottimo campionario di sensibilità, ma “L’uomo con le bolle di sapone”, del 1952, merita forse un’attenzione speciale. Secondo me.

 

 


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