Peccato
che due anni prima, lo stesso Settis, non avesse scritto neanche un sms di
critica all'allora ministro della Cultura, Rutelli, che diede il via libera al
viaggio dell'Annunciazione di Leonardo da Vinci dagli Uffizi a
Tokio. Due pesi e due misure. Infine, fu lo stesso Settis il capofila
della raccolta di firme a sostegno dell'esposto di Italia Nostra contro la
ricerca invasiva della Battaglia di Anghiari nel Salone
dei Cinquecento.
L'archeologo
proprio in quei giorni scriveva: "non ho l’abitudine di esprimere pareri
senza aver visto". Ebbene, Salvatore Settis - sul ponteggio nel Salone dei
Cinquecento per vedere se davvero stavano danneggiando l'affresco di Vasari o
se Italia Nostra si stava sbagliando (come poi è risultato) - non ci è mai salito,
così come non ha mai avuto tra le mani il Crocifisso attribuito
a Michelangelo. Quando si dice l'insostenibile leggerezza delle parole in
libertà.
Questa
bella ammucchiata di professori dalle sfrenate ambizioni (su Facebook c'è
perfino una pagina dal titolo "Salvatore Settis Ministro", creata il
20 novembre 2011 nei giorni della formazione del governo Monti, che in 19 mesi
ha collezionato la bellezza di 2696 adesioni) è sostenuta da un altro
ultracorpo culturale, il solito Tomaso "prezzemolino" Montanari,
anch'esso affetto dalla sindrome dell'onniscienza, tant'è che fu la terza voce
del coro che pontificò sulla Battaglia di Anghiari senza averne
le necessarie competenze. Su Montanari è stato detto di tutto e di più: la sua
credibilità fattuale è inversamente proporzionale alla sua ambizione e le sue
giornalate continuano a procurargli le reazioni (anche legali) delle persone
che accusa. Senza contare che appena qualche settimana fa proprio Montanari ha
incassato la più cocente sconfitta della sua carriera di critico: la Corte dei
Conti ha infatti escluso che il Soprintendente per il Polo Museale Fiorentino,
Cristina Acidini,
e altri siano imputabili di
danno erariale per l'acquisto del Crocifisso in tiglio attribuito a
Michelangelo. Ciò nonostante Montanari continua a far parte della speciale
commissione voluta dal Ministro Bray per riformare il Ministero per i beni e le
attività culturali e del turismo, anche se continua a sputare sentenze sulle
Soprintendenze, ultimo baluardo all'imbarbarimento del settore.
Ma torniamo ai rapporti
tra Montanari e gli "archeologi". In Giappone si dice: "molti
nemici, molto onore"... contento lui. Secondo quanto comunicò ai media,
"La conferenza tenuta da Louis Godart è l'occasione per fare il punto sul
mistero dell’affresco di cui gli studiosi sono da tempo alla ricerca". In
tutti questi anni non risulta che il Consigliere del Quirinale si sia mai
interessato alla ricerca in corso in Palazzo Vecchio, e non vorremmo che, per
documentarsi, avesse letto solo le poco obiettive requisitorie di Montanari
pubblicate sui media (ma che fine ha fatto l'impact factor delle testate
ospitanti una determinata tesi?). Tuttavia proprio Godart parlò di questo
argomento. A che titolo, con quali basi, con quali studi, con quali verifiche tentò
di dimostrarlo in loco. Però è sintomatico - e preoccupante - che uno studioso
di grande levatura, per trattare una vicenda finita troppo spesso nelle pagine
di cronaca piuttosto che di cultura, chieda il sostegno dei due critici
più schierati contro la ricerca, piuttosto che tirare in ballo anche chi la
ricerca l'ha fatta e chi ha vigilato perché tutto si svolgesse nel pieno
rispetto delle leggi vigenti. Forse Godart non si sentiva così sicuro di
affrontare un contraddittorio? Oppure ha ormai sposato le tesi di Settis e
Montanari perché...fa tendenza?
In tal caso la Cultura è in
pessime mani e dispiace che in mezzo a tutta questa vicenda ci sia "La
Casa degli Italiani", il Quirinale, che per sua natura dovrebbe
essere super partes.
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