Adele assomiglia a quei personaggi che si incontrano nei
romanzi di Murakami, quelli di cui ti innamori piano piano e senza
accorgertene, mentre li segui al supermercato, seduti in metropolitana, intenti
a consumare pasti solitari e a contare le ore di altrettanto solitarie serate.
Quei personaggi che arrivati a un certo punto un po’ te lo domandi, dove si
andrà a parare, e pensi che se fosse toccato a te, di descriverli, magari ecco,
qualche passaggio l’avresti pure saltato, ma che poi, una volta finito il
libro, non c’è niente da fare: iniziano a mancarti, e ti mancano per settimane.
Di Adele, Abdellatif Kechiche ti mostra proprio tutto: come
si perde in uno sguardo, come si aggiusta i capelli legandoli in cima alla
testa e tirando in fuori le ciocche, come si sporca di sugo quando mangia gli
spaghetti, come tira su col naso quando piange, e anche come fa l’amore con
Emma, la sua compagna. Che siccome è il primo grande amore della sua vita, e
lei è così giovane, e forse anche perché Emma è una donna, tu ti aspetteresti
una cosa soft, magari un po’ impacciata, e invece no, è sesso di quello fatto
per bene e con violenza e con passione, che dura a lungo e scandalizza le
signore in sala, e che però, a te che sei etero, ti sembra di capire tante cose
che non sapevi e un po’, sotto sotto, te ne vergogni.
Nel frattempo la telecamera rimane piantata lì, per quasi
tre ore, sul volto di Adele e di Emma, a raccontarti la loro vita un po’ giusta
e un po’ sbagliata, un po’ divertente e un po’ no, perché la vita, sembra
volerti dire Kechiche, è fatta di meraviglia e di poesia, ma anche di tante
altre cose. Cose tristi, cose noiose, e anche cose che ti mettono a disagio,
come il moccio che ti cola dal naso, una scatola di dolci nascosta sotto il
letto, o la consapevolezza fulminea e terrificante di aver fatto una cazzata
irrimediabile, e che probabilmente passerai il resto della tua vita a
rimpiangerla.
Così, quando esci dalla sala, rimani lì ferma davanti al
cinema con le amiche per un sacco di tempo, a domandarti se quello che hai
appena visto è un incubo voyeurista degno del più morboso reality show o
semplicemente cinema all’ennesima potenza, se appropriarti così tanto di
un’esistenza sia lecito o se sia invece persino scandaloso, se quel film lo
tornerai a vedere o se “anche basta, grazie”. Poi la mattina dopo ti svegli, e
tutte queste domande te le sei dimenticate. E l’unica cosa che riesci a
pensare, è che Adele ti manca, ti manca terribilmente, come il personaggio di
un romanzo straordinario.
Molto bello quello che hai scritto. Questo film è stupendo e ci fa veramente pensare tanto...
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