19/04/15

LA FAMIGLIA BELIER CHE FA BENE ALL'ANIMA di Maria Antonietta Serra

In questa recensione troverete anche il finale del film, coloro che non vogliono conoscerlo evitino di leggerla.

La Famiglia Bélier, un film per tutti, un toccasana per l’anima.
L’handicap della sordità inteso come come figlio di un dio minore in questo caso  genera una figlia in do maggiore.
Nella famiglia Bélier (regia di Éric Lartigau) la sordità fa un eccezione: Paula. La ragazza ha 16 anni e ogni giorno fa da interprete ai genitori nella gestione amministrativa della loro fattoria. 
Interpretata da Louane Emera, uscita dal talent francese The Voice e all’esordio come attrice, Paula scoprirà tramite l’insegnante di canto Thomassonpatito di Michel Sardou, di avere “una pepita d’oro in gola”,  un talento eccezionale che dopo una serie di ripensamenti la condurrà a Parigi al concorso canoro di Radio France.
François Damiens, interpreta con esuberanza il ruolo del padre di Paula, personaggio incantevole che convive sereno con la propria sordità, tanto da autocandidarsi a sindaco del paese, e ci trasmette per tutto il film lo straripante amore verso sua moglie e i suoi figli.
Karin Viard è la madre di Paula : una donna vivace, sopra le righe, creativa e passionale, impulsiva e senza filtri. I momenti comici e divertenti spesso nascono da lei e dalla sua congenita stramberia.
Luca Gelberg, l'unico attore davvero sordomuto nel cast, è il fratello di Paula e nonostante l’apparente distacco dalla ribellione della sorella nutre per lei l’affetto tipico dei fratelli minori, silenzioso e profondo, mascherato da noncuranza ma capace di esondare quando il tempo lo richiede.
La sceneggiatura priva di furberie e malizia spartisce equamente umorismo, sensibilità, commozione e ci mostra quanto spesso le parole siano dette a sproposito, quanto la naturalezza dell’amore sia l’unico codice di comportamento, quanta fanfara mettiamo in piedi ogni giorno inutilmente.
E’ un film candido, senza sesso, senza violenza, senza astuzia da botteghino, un film che racconta questo tipo di handicap con garbo e piacevole ironia. 
La scena divertente della prima colazione è il prologo del film: una chiassosa sequela di rumori per Paula, che spesso usa le cuffie per insonorizzarsi, intanto che la vita dentro casa si svolge nel frastuono provocato dalla sua sorda famiglia. 
La sedicenne con il gran talento per il canto ci conduce quindi per mano nel suo mondo fatto di lavoro nella stalla, di amicizia a scuola, di tenacia e amore.
Sì, amore. E’ proprio questo sentimento la forza che disegna l’epilogo del film : dopo aver cantato e incantato tutti alla recita scolastica di fine anno, gorgheggiando in duetto “Je vais t'aimer” , Paula decide di rinunciare al concorso, acquietando così i timori della  madre che vive come una tragedia la “normalità” della figlia e le ansie di tutti riguardo la sua partenza. Il padre però la raggiunge nel campo vicino casa intanto che Paula smaltisce l’amaro della ritirata e proprio lì, al buio, le chiede cosa si prova, cosa accade quando canta, cosa sente la gente che l’ascolta. Allora Paula prende la mano del padre e se la porta alla gola, intonando la canzone di Sardou. 
Momento di autentica commozione generato dai loro sguardi, dall’incontro d’anime sulle note di una canzone d’amore, quindi la rivelazione , lo stupore, la presa di coscienza, il perdono.
Così, intanto che la notte trascorreva insonne, in quella fattoria prendeva forma il futuro della ragazza e all’alba, su decisione del padre, tutta la famiglia accompagnerà Paula a Parigi dove, accompagnata al pianoforte da Thomasson che la raggiungerà in fretta e furia,  canterà “ Je vole “ di Michel Sardou regalandoci un’incantevole interpretazione .


Nessun commento:

Posta un commento