06/01/14

STILL LIFE di Silvia Nardi Dei


Il film che ho visto ieri sera si chiama "Still life", che in italiano significa "natura morta". Più che a una natura morta, secondo me, il regista, scegliendolo come titolo per questa strana storia, ha pensato a una traduzione letterale, ovvero "ancora in vita".
Il regista si chiama Uberto Pasolini, sono andata stanotte a rovistare nel web dove ho scoperto che lui vive a Londra e che non ha alcuna parentela col Pasolini più famoso. Il protagonista del suo film, invece, si chiama John May, è un omino.. sì esatto, proprio un  omino che vive in una periferia londinese e che fa un mestiere molto strano: fa l'impiegato di quel distretto comunale, dove  si occupa esclusivamente di rintracciare le famiglie delle persone che sono morte in solitudine e al tempo stesso di organizzarne le esequie.
E non è un lavoro semplice! Ho scoperto che in Inghilterra questo mestiere esiste davvero, e nel film, il signor May arriva come un poliziotto nelle case dei defunti per scoprire il loro passato, per trovare indizi che lo aiutino a rintracciare le loro famiglie.
E' molto scrupoloso e preciso, il signor May: per ogni defunto apre una specie di cartella "clinica" dove minuziosamente raccoglie tutte le informazioni che trova, e non solo: le foto, le lettere, qualche oggetto personale come una collana rossa, la foto di un gattino col cappello da babbo Natale o alcuni vecchi dischi in vinile, e quanto di più personale possa aiutarlo, se non a rintracciare i familiari persi chissà dove, almeno a scrivere un dignitoso discorso funebre che effettivamente parli di loro, della loro vita, della loro personalità, della loro unicità.
Bisogna dire che la giornata del signor May si svolge in modo ripetitivo e solitario: è solo nel suo piccolo ufficio dove cataloga le sue schede, i suoi "casi"; è solo, quando va a ispezionare le case dei defunti e si sofferma sui dettagli di quelle vite che da poche ore si sono fermate ma di cui lui ancora scorge traccia: le ditate dentro il barattolo di crema per il viso, o la forma della testa ancora impressa sul cuscino del letto (i defunti sono già all'obitorio che aspettano di essere cremati, se le ricerche del signor May falliranno, o un funerale e la sepoltura, nel caso contrario) ed è sempre da solo quando torna a casa sua.
Lui stesso pare non aver nessuna famiglia, e ad aspettarlo c'è la solita scatoletta di tonno e la solita fetta di pane da abbrustolire.
Insomma, lui non ha nessuno, dunque sembra non pensare a ciò che gli altri pensano di lui. Nessuno lo guarda, né presta attenzione a lui. Ma ovviamente, nel tentativo di risolvere l'ultimo "caso" della sua carriera, il signor May s'imbatterà in una serie di personaggi legati a quest'ultima vita da risolvere che lo toccheranno nel profondo, e guarda caso qui si ha a che fare con un circo di persone un po' strambe, oltre che sole, ex combattenti di guerra, alcolisti, donne lasciate sole e figli non riconosciuti, e come spesso succede ma si tende a non accorgersene, lì scorre la vita vera, l'imperfezione, la fuga dalle responsabilità troppo grosse da onorare ma anche tanta verità, tanta umanità, tanta bellezza.
Non scrivo altro, altrimenti se qualcuno mi legge poi mi accusa di aver raccontato tutto e al cinema a vederlo non mi ci va! Ma certamente posso dire che il film parla del riconoscimento di una vita passata, del valore di tutte le vite, e secondo me dell'importanza di aprire la propria vita agli altri, e il signor May vive il suo lavoro in questo modo, dando valore e riconoscimento a vite che senza di lui sarebbero completamente dimenticate.
Mi piace citare questo attore stupendo, che non conoscevo, e che si chiama Eddie Marsan: in questo film ha saputo creare una presenza enorme col minimo (almeno ci fa credere così) sforzo. La sua recitazione è di quelli che ci fanno vedere tutto senza che apparentemente niente venga mostrato.
In questo non facile esercizio è aiutato da un grande doppiatore, Franco Mannella, che ha saputo con la sola voce, accompagnare il signor May in questo incredibile mestiere e viaggio intorno ai sentimenti degli altri, alle loro vite, alla loro intimità, partendo dalla fine.
 

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