Che vi avevo detto. L’ho
sempre saputo. E ora che il mio corpo è morto, il mio spirito vede tutto
chiaro: la realtà sulla Terra (e anche quassù, in questo curioso e divertente
non-luogo dove mi sento sbalzato all’improvviso) è molto più magica di quanto
voi possiate pensare.
Sì, la realtà dei Caraibi
è più magica di quanto si creda, come ho cercato di raccontare nei miei libri.
Ma lo è anche la realtà in generale. In fondo qual è il confine fra ciò che
posso toccare con mano e ciò che immagino con il volo alto oppure radente della
fantasia?
Vabbè.. sto
filosofeggiando e già mi vengo a noia. Certo che libero da quella demenza
senile che mi aveva offuscato negli ultimi anni di vita adesso mi sento meglio.
Chissà, però. Ora che ci penso. In fondo negli ultimi anni di sofferenza non
ero infelice: le anime dei miei antenati e di tutti i morti che ho amato sul
mio pianeta mi stavano prendendo per mano. Destinazione: la chiaroveggenza
eterna. Niente male come possibilità da esplorare. Se vivrò senza più lo spazio
né il tempo, sarà per raccontarla, naturalmente.
L’importante per me è
ritrovare la Macondo del colonnello Aureliano Buendìa con le sue venti case di
argilla e canna selvatica. Poter passeggiare da solo per i vicoli del vecchio
centro di Cartagena. Fermarmi a parlare con un tassista di Cadillac, un
portiere di quel condominio fatiscente e fiero, una vecchia matrona prostituta,
seduta a stento su certe seggiole impagliate male davanti all’uscio di una
catapecchia.
E’ da loro che ho imparato
il sistema geometricamente perfetto della fantasia che spiega e giustifica la
realtà. E’ da loro che ho appreso la sovranità assoluta della solitudine su
ciascuno di noi. Da loro ho imparato ad amarla e a soffrirla, la solitudine. E
non mi è bastata una vita per descriverla. Ma ancora adesso per me, il mondo era così recente, che molte cose
erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito. Perciò
godetevelo. Quel nostro strepitoso mondo infame.
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