Ora vi racconto di un sogno di bambina. Mi è sempre piaciuto molto cantare, l'emozione che si prova quando si libera la voce accompagnati da una musica è qualcosa di miracoloso, per me, che cura i dispiaceri, libera il cuore dalle pesantezze e alleggerisce di ogni preoccupazione. E' come volare, quando riesce bene. La stessa emozione l'ho provata quando, le rare volte in cui mi è riuscito farlo decentemente, ho potuto usare la voce per doppiare qualche attrice, durante il corso di doppiaggio che ho fatto da grande: la voce come unico mezzo per esprimere i sentimenti di qualcun altro, le sue intenzioni e i suoi "retropensieri", è una specie di magia, oltre che una tecnica molto difficile, ma quando ci riesci vuol dire che si è compiuto una sorta di miracolo, è bellissimo.
E' bellissimo perché devi entrare "dentro" l'altro, cioè, devi conoscerlo, capirlo, entrare dentro il suo cuore e diventare lui, ma senza l'aiuto della gestualità del corpo, solo con una parte molto profonda di te, attraverso la voce rendere completamente reale quello che tuo non è, ma come se lo fosse.
Ero una ragazzina, timida e complessata come spesso può capitare quando non sei ancora né carne né pesce.
Abitavo in un paese che non era il mio paese, la mia mamma fu trasferita lì perché insegnava. In più, sempre lei, ma anche il mio babbo sebbene meno "sfegatato", erano parecchio di destra, quindi ben presto mi sentii la figlia della maestra fascista in un paese che negli anni settanta era orientato verso la parte opposta, e dato che il mio cognome è doppio, anche la figlia del conte.
Inoltre non eravamo certo ricchi, ma anzi direi il contrario, per cui ricordo che abbiamo cambiato casa tante volte, sempre in affitto, e sempre, tranne una volta, con una camera in meno (la mia). Per carità, io mi adattavo e anche nel paese, piano piano, riuscii a farmi tanti amici nonostante la politica fosse sempre di mezzo, eludevo i controlli materni e frequentavo chi volevo.
Ma c'era la musica. E un giorno sentii parlare alla radio di un disco che si intitolava "One voice". Era un concerto di Barbra Streisand realizzato nel parco di casa sua in California, nel 1986.
Mi colpì la data: il 6 Settembre, io sono nata il 5. E poi partì una musica, uno dei brani del disco, e fu un colpo al cuore. Conoscevo la Streisand ma come attrice, e devo dire che non mi piaceva, la trovavo brutta e antipatica, nasona, insopportabile e presuntuosa.
A casa non esisteva più il giradischi, ma solo un mangianastri e un primordiale walkman pesantissimo di cui però andavo molto fiera. Quindi decisi che avrei comprato l'audiocassetta e che avrei sicuramente imparato a mente quelle canzoni e cambiato idea sulla nasona.
Ma c'era un problema: erano tutte in inglese e nell'audiocassetta non c'erano i testi.
Allora succedeva che la sera io mi mettessi in cucina, dopo aver velocemente sparecchiato la tavola, (dato che non avevo una camera mia) e con carta e penna riscrivessi le parole delle canzoni che ascoltavo dalle cuffiette. Un lavoro immane: play e stop, play e stop. All'epoca io l'inglese lo sapevo veramente poco, per cui pagherei per ritrovare quei fogli... ricordo che scrivevo il suono delle parole, quindi ad esempio "People who needs people" diventava "pipol hu nids pipol", quando andava bene... altre volte scrivevo appunto solo il suono che sentivo, e chi se ne frega se non vuol dire nulla!
Ma alla fine quei fogli ebbero un senso (per me): potevo cantare, o con la musica in cuffia, oppure, purtroppo per i vicini di casa, dal mangianastri. E spesso mi commuovevo, perché quella musica, quella voce erano davvero meravigliose e il mio tentativo di riprodurre quella magia mi faceva stare bene, soprattutto perché chiudevo gli occhi e immaginavo un pubblico ad ascoltarmi, a godere di quella magia. E poi c'era l'amore: mi chiedevo se anche io, un giorno, avrei mai potuto dire "uot caind ov ful" pensando ad un amore mio...
Ho passato molti pomeriggi, così. Poi naturalmente i sogni restano sogni, e se è vero che qualche "esibizione" l'ho fatta, in qualche gruppo, in un paio di cori, e la magia in qualche modo si è avverata, certo non è andata come sognavo con la Streisand, ma che importa? Mi importa invece ora ricordare quelle sensazioni, ora che sono "grande" e che per caso ho riascoltato, ieri sera, un brano da youtube di quel concerto: l'audiocassetta non ce l'ho più, come molte cose di quel periodo, direi che non ho più nulla, se non i ricordi, tutti. Ma quelle parole storpiate, quella musica, quel ritmo è rimasto dentro di me, e ancora oggi le ricordo esattamente. Mi ha commosso, proprio ieri sera, in un momento in cui sentivo forse il bisogno di alleggerire il mio cuore da una certa pesantezza, e quindi confermo: FUNZIONA! Mi chiedo se anche Giulia, mia figlia, troverà il modo di sognare e di divertirsi, di sfogarsi e di emozionarsi come è successo a me con quell'audiocassetta allora, e come succede tutt'ora quando riascolto quella musica.
Perciò concludo copiandovi il link di quel concerto da youtube: lei resta una nasona, ma le sarò grata a vita per avermi fatto sognare e "duettare" con quel gran fico di Barry Gibb, ecco.
Sono il figlio di Scipione Nardi - Dei e di Licia Tognarini: "fierissimo",dei miei Genitori, del conte e dei Genitori "parecchio di destra". Ci vuole stomaco a leggerlo tutto...
RispondiEliminaLeonardo Nardi - Dei
Mi è capitato di rileggere le leggerezze....contenute qui sopra.
RispondiEliminaProvo pena e vergogna per chi l'ha scritto.