08/12/13

UNA SPLENDIDA SERATA A TEATRO di Domenico Coviello


Per il suo più che quarantesimo compleanno Ivan D. aveva scelto di andare a teatro. Ivan amava un piccolo teatro nell’Oltrarno fiorentino, sebbene lo frequentasse poco: era proprio lì che voleva recarsi, poiché era convinto che quell’annunciata pièce caratterizzata dalla performance di un ballerino non vedente era qualcosa da non perdere. Ciò perché Ivan si fidava della sua amica S., una delle organizzatrici dell’evento, la quale inoltre, molto gentilmente, gli aveva offerto un “accredito stampa” (Ivan fu cronista, in effetti, ma in tempi lontani e tuttavia S. aveva simpatia per lui e non mancava mai di ricordarsi del suo passato giornalistico, per altro non di eccelsa qualità).

La giornata di Ivan, quel venerdì 6, non era stata all’altezza di una “festa di compleanno”… (il principino triste, così anche potremmo chiamarlo, era rimasto intrappolato in confusionali storie di donne, da lui inutilmente approcciate, poiché esse non erano quelle giuste per lui). Ma adesso, con la serata teatrale, tutto poteva svoltare. Come un salvataggio in corner sulla linea di porta. Lo spettacolo al piccolo teatro, molto celebre in città, sarebbe cominciato alle 21. Anche la settimana prima Ivan era stato lì e il sipario non era stato alzato prima delle 21.15, così lui se la prese con calma. Puntualissimo, nel contesto della sua ritardataggine inguaribile, arrivò alle 21.16.

Trafelatamente vide il portone chiuso e passò oltre. Era chiaro che stava sbagliando ingresso. Del resto, ecco che laggiù, poco più avanti, un' altra e più grande apertura brulicava di gente. Ivan si fece largo fra giovani trentenni molto distinti ed eleganti. Gli uomini sfoggiavano smoking preziosi e paltò di Trussardi, le donne, per lo più in abito lungo, mostravano labbra rosse come la passione e acconciature di capelli degne di una Prima alla Scala.
Ivan, vestito all’incirca come un ciclista infreddolito d’inverno, ebbe l’intuizione di aver sbagliato ingresso per la seconda volta; di non poter far parte di quella probabile serata di galà eventualmente offerta a un ristretto circolo di Iniziati da un qualsivoglia marchese. E poi, le signorine sorridenti con le liste dei posti “reservé” glielo stavano dicendo a chiare lettere con malcelato imbarazzo: “Qui non c’è lo spettacolo che dice lei, sa? Qui c’è un evento…”. Lì c’era un EVENTO. Chiaro Ivan? (No).

La costernazione cominciò a dipingersi sul suo volto. Tornò indietro e uscì. Non prima di aver captato con le orecchie una perentoria affermazione rivolta a uno di quei distinti giovani in smoking da un’elegantissima dama fiorentina presente all’evento di gala: “…Tu m’ha rotto ‘coglioniiii!..”.
Adesso il principino dal sorriso triste ne aveva la certezza, non era lì lo spettacolo dell’acrobatico ballerino non vedente: la sua bella amica e collega S., che lo aveva invitato alla serata, non frequentava ricconi volgarotti in gran spolvero (né poveri arricchiti con due Rolex e “ciondoli alla livornese” al collo).
Ivan, mosso dal ritardo che cresceva inesorabile secondo dopo secondo, si mise a correre con lo sguardo allampanato e il cuore a mille (come il Brutto ne “Il Buono, il brutto e il cattivo” dentro al cimitero a cercar la tomba anonima con sotto i dollari prima che arrivassero gli altri).
E si diresse nuovamente verso il primo ingresso che aveva trovato chiuso. Era il vero portone del piccolo teatro! Ed era sbarrato come il portale di una città medievale sotto l’assedio di Federico I Barbarossa!
Che la pièce fosse saltata a causa del caos in città per lo sciopero selvaggio dell’Ataf? si chiese Ivan ormai in preda al panico. Sul portone-portale, comunque, non vi era alcun cartello che avvisasse i ritardatari…che so, “lo spettacolo è cominciato, non è possibile entrare, grazie”. Il mistero si infittiva. Di certo Ivan, perennemente in preda a sensi di colpa, se ne fece, appunto, una colpa. Come se il portone-portale lo avesse sbarrato lui. Inforcando mestamente la sua bici se ne ritornò sui suoi passi. E sentì il bisogno di una sbornia per dimenticare quella giornatina di compleanno non felicissima: respinto, per l’ennesima volta, dalle donne che inseguiva invano e tenuto fuori dal portone di quel teatro, come un cane. Con anche, addosso, il marchio della figuraccia verso la sua amica S., che gli aveva pure offerto il biglietto gratis.
Si imbucò in un Caffè dell’Oltrarno e ordinò un limoncello. Poi decise di ubriacarsi: si mise a leggere il Fatto Quotidiano e in particolare tutti gli approfondimenti che facevano seguito allo scoop di Marco Travaglio sugli appunti del defunto ministro Padoa-Schioppa, stando ai quali, durante il Governo Prodi II, l’attuale Presidente della Repubblica sarebbe stato un “sabotatore” dell’azione dell’Esecutivo.

Ne uscì dopo un’ora. Rincuorato. E convinto di voler acquistare, d’ora in avanti, ogni santo giorno il Fatto Quotidiano: il Presidente Romano Prodi, pugnalato politicamente dai “101 traditori” del Pd, lo scorso aprile, era come San Sebastiano martire: colpito dalle frecce ingrate perfino dell’attuale Capo dello Stato già anni prima, oltreché affondato politicamente dal tradimento del senatore De Gregorio, reo confesso di essersi venduto a Silvio Berlusconi nel 2008. Ciò accresceva agli occhi di Ivan la grandezza del Presidente Prodi, il Parroco dell’Ulivo, come lo chiamava Forattini.
L’unico politico di alto rango italiano che abbia saputo uscire di scena dimettendosi senza far tanto rumore. Un grande, pensò Ivan: per lui il portone-portale del piccolo teatro dell’Oltrarno sarebbe rimasto aperto. E in caso contrario lui avrebbe saputo dar le dimissioni da spettatore. Pugnalato ancora una volta.          

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