Per il suo più che quarantesimo
compleanno Ivan D. aveva scelto di andare a teatro. Ivan amava un piccolo
teatro nell’Oltrarno fiorentino, sebbene lo frequentasse poco: era proprio lì
che voleva recarsi, poiché era convinto che quell’annunciata pièce
caratterizzata dalla performance di un ballerino non vedente era qualcosa da
non perdere. Ciò perché Ivan si fidava della sua amica S., una delle
organizzatrici dell’evento, la quale inoltre, molto gentilmente, gli aveva
offerto un “accredito stampa” (Ivan fu cronista, in effetti, ma in tempi
lontani e tuttavia S. aveva simpatia per lui e non mancava mai di ricordarsi
del suo passato giornalistico, per altro non di eccelsa qualità).
La giornata di Ivan, quel venerdì 6, non
era stata all’altezza di una “festa di compleanno”… (il principino triste, così
anche potremmo chiamarlo, era rimasto intrappolato in confusionali storie di
donne, da lui inutilmente approcciate, poiché esse non erano quelle giuste per
lui). Ma adesso, con la serata teatrale, tutto poteva svoltare. Come un
salvataggio in corner sulla linea di porta. Lo spettacolo al piccolo teatro,
molto celebre in città, sarebbe cominciato alle 21. Anche la settimana prima
Ivan era stato lì e il sipario non era stato alzato prima delle 21.15, così lui
se la prese con calma. Puntualissimo, nel contesto della sua ritardataggine
inguaribile, arrivò alle 21.16.
Trafelatamente vide il portone chiuso e
passò oltre. Era chiaro che stava sbagliando ingresso. Del resto, ecco che
laggiù, poco più avanti, un' altra e più grande apertura brulicava di gente.
Ivan si fece largo fra giovani trentenni molto distinti ed eleganti. Gli uomini
sfoggiavano smoking preziosi e paltò di Trussardi, le donne, per lo più in
abito lungo, mostravano labbra rosse come la passione e acconciature di capelli
degne di una Prima alla Scala.
Ivan, vestito all’incirca come un
ciclista infreddolito d’inverno, ebbe l’intuizione di aver sbagliato ingresso
per la seconda volta; di non poter far parte di quella probabile serata di galà
eventualmente offerta a un ristretto circolo di Iniziati da un qualsivoglia
marchese. E poi, le signorine sorridenti con le liste dei posti “reservé” glielo
stavano dicendo a chiare lettere con malcelato imbarazzo: “Qui non c’è lo
spettacolo che dice lei, sa? Qui c’è un evento…”. Lì c’era un EVENTO. Chiaro
Ivan? (No).
La costernazione cominciò a dipingersi
sul suo volto. Tornò indietro e uscì. Non prima di aver captato con le orecchie
una perentoria affermazione rivolta a uno di quei distinti giovani in smoking
da un’elegantissima dama fiorentina presente all’evento di gala: “…Tu m’ha
rotto ‘coglioniiii!..”.
Adesso il principino dal sorriso triste
ne aveva la certezza, non era lì lo spettacolo dell’acrobatico ballerino non
vedente: la sua bella amica e collega S., che lo aveva invitato alla serata,
non frequentava ricconi volgarotti in gran spolvero (né poveri arricchiti con
due Rolex e “ciondoli alla livornese” al collo).
Ivan, mosso dal ritardo che cresceva
inesorabile secondo dopo secondo, si mise a correre con lo sguardo allampanato
e il cuore a mille (come il Brutto ne “Il Buono, il brutto e il cattivo” dentro
al cimitero a cercar la tomba anonima con sotto i dollari prima che arrivassero
gli altri).
E si diresse nuovamente verso il primo ingresso che aveva trovato
chiuso. Era il vero portone del piccolo teatro!
Ed era sbarrato come il portale di una città medievale sotto l’assedio di
Federico I Barbarossa!
Che la pièce fosse saltata a causa del caos in città per lo
sciopero selvaggio dell’Ataf? si chiese Ivan ormai in preda al panico. Sul
portone-portale, comunque, non vi era alcun cartello che avvisasse i
ritardatari…che so, “lo spettacolo è cominciato, non è possibile entrare,
grazie”. Il mistero si infittiva. Di certo Ivan, perennemente in preda a sensi
di colpa, se ne fece, appunto, una colpa. Come se il portone-portale lo avesse
sbarrato lui. Inforcando mestamente la sua bici se ne
ritornò sui suoi passi. E sentì il bisogno di una sbornia per dimenticare
quella giornatina di compleanno non felicissima: respinto, per l’ennesima
volta, dalle donne che inseguiva invano e tenuto fuori dal portone di quel
teatro, come un cane. Con anche, addosso, il marchio della figuraccia verso la
sua amica S., che gli aveva pure offerto il biglietto gratis.
Si imbucò in un Caffè dell’Oltrarno e
ordinò un limoncello. Poi decise di ubriacarsi: si mise a leggere il Fatto
Quotidiano e in particolare tutti gli approfondimenti che facevano seguito allo
scoop di Marco Travaglio sugli appunti del defunto ministro Padoa-Schioppa,
stando ai quali, durante il Governo Prodi II, l’attuale Presidente della
Repubblica sarebbe stato un “sabotatore” dell’azione dell’Esecutivo.
Ne uscì dopo un’ora. Rincuorato. E
convinto di voler acquistare, d’ora in avanti, ogni santo giorno il Fatto
Quotidiano: il Presidente Romano Prodi, pugnalato politicamente dai “101
traditori” del Pd, lo scorso aprile, era come San Sebastiano martire: colpito
dalle frecce ingrate perfino dell’attuale Capo dello Stato già anni prima,
oltreché affondato politicamente dal tradimento del senatore De Gregorio, reo
confesso di essersi venduto a Silvio Berlusconi nel 2008. Ciò accresceva agli
occhi di Ivan la grandezza del Presidente Prodi, il Parroco dell’Ulivo, come lo
chiamava Forattini.
L’unico politico di alto rango italiano che abbia saputo
uscire di scena dimettendosi senza far tanto rumore. Un grande, pensò Ivan: per
lui il portone-portale del piccolo teatro dell’Oltrarno sarebbe rimasto aperto.
E in caso contrario lui avrebbe saputo dar le dimissioni da spettatore.
Pugnalato ancora una volta.
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