Michael Caine è un compositore e direttore d’orchestra in pensione che rifiuta di esibirsi ancora, benché invitato dalla regina Elisabetta a dirigere un concerto a Londra, e Harvey Keitel un noto regista che sta preparando la sceneggiatura di un film/testamento con un gruppo di giovani collaboratori.
Siamo sulle Alpi svizzere, dove due amici
ottantenni trascorrono un periodo di vacanza in un lussosissimo
hotel.
Il regista cerca di
reclutare nel cast una famosa attrice, anziana pure lei, e amica sua
da sempre, che non accetterà la proposta e brutalmente gli dice che lo considera troppo vecchio per fare un film di successo, scatenando in
lui una drammatica reazione.
Accanto
ai vecchi troviamo i giovani: la figlia del compositore, poi un
attore che si sforza di entrare nel personaggio di Hitler, una
splendida Miss Universo, ed anche un Maradona terribilmente obeso e
sofferente che compare di tanto in tanto a testimoniare il
paradossale e perfido, in questo caso, passare del tempo, insieme a
una miriade di personaggi minori, anch’essi descritti con abilità
e fantasia, come la giovanissima e sensibile massaggiatrice, che con
il tocco delle sue mani riesce a intuire lo stato d’animo dei
clienti, o il monaco buddista che medita sul prato dell’albergo e
levita nell’aria. Ecco, fin qui i personaggi.
Ciò
a cui ho pensato appena uscita dal cinema è stato che le
conseguenze dell'amore, quando chiudi il giro della vita, sono
tante. Sono
sforzi immani per risultati modesti. Quando
sei pieno di rughe e conti le pisciate che fai in un giorno, sai che
è arrivato il tuo turno: puoi sederti, fare
scommesse sugli altri e
stare ad osservare quel che accade.
Puoi ascoltare in silenzio figlie
che ti accusano di
non averle abbracciate, e urlare contro regine che ti chiedono uno
show. Puoi rimpiangere chi hai dimenticato ma amerai per sempre,
celebrare dive ingrate e coltivare ancora sogni di gloria. Perchè ormai Igor
Stravinskij è
come un giro in bicicletta, per te. Perchè tutto - la morte, il
rimpianto, il sesso, il candore - ha lo stesso peso specifico: è
leggero.
Leggero
è a modo suo lo strepitoso anziano compositore. Meravigliosamente
sarcastico, teneramente colpevole ma già assolto, pronto a guardare
nello specchio d'acqua gli errori fatti e la sua faccia
riflessa. Tutto
ti sfiora, ma nulla ormai ti annienta, sei sospeso. E
se la faccia è quella di Michael
Caine,
non hai scelta: sei perfetto per la parte.
Un personaggio
così dolce e
lieve mi sorprende, dopo il Servillo del film precedente, dopo tutto
quel Barocco e quel vuoto-pieno di splendore. Non che manchi qui la
firma del recentissimo Paolo
Sorrentino, anzi (la
fotografia, ad esempio, o certi personaggi "esagerati", caricaturali pur standoci tutti) ma stavolta la storia è
troppo completa, le
emozioni troppo esplose,
i personaggi troppo dolcemente consumati, per rinunciare alla
bellezza.
La bellezza, quella grande,
infatti, c'è anche qui, eccome! Mentre parli di umanità, di ultime
ore, di prostata, tradimento, riscatto, sesso dimenticato, tenerezza,
perdono.
Fa
riflettere allora che in competizione a Cannes ci
siano questi due film italiani, Mia Madre e Youth, che
raccontano in modo assolutamente diverso la stessa cosa. Un percorso
finale, da qui a là, senza armi spiegate. Nella semplicità e
prevedibilità (per me) di Moretti e
qui nell'armonia totale di Sorrentino, due facce della stessa
storia: genitori
e figli, gli
uni davanti agli altri ad accettarsi, e la vecchiaia, la morte. La
marcia in più di Youth stavolta
non è solamente nelle scene ma nelle parole. Cariche di ironia,
pungenti, commoventi e FINALMENTE inaspettate.
E
poi la musica, che per
Sorrentino si può percepire ovunque, ci circonda, ci avvolge:
l'anziano compositore la trova in una carta di caramella che,
stropicciata tra le dita, serve a scandire il ritmo, nei campanacci
delle mucche sui prati o nel soffio del vento che agita le fronde. E
poi l'acqua, sia pure quella di una piscina, in cui corpi giovani e
vecchi s’immergono per rilassarsi e purificarsi, per osservare gli
altri o per parlare e confidarsi con sincerità, come fanno i due
anziani amici.
Quando un
film è
fatto soprattutto della vita densa delle persone, raccontata in modo
magistrale, la
storia sovrasta anche lo stile e
arriva al centro dello sterno, nel muscolo cuore, che è carne che
invecchia ed emozione che rivive. In un dialogo difficile in cui la
vita ti perdona, e in uno commovente in cui ti manca il tuo
amore, capisci
cosa è distante,
cosa è vicino, cosa porterai davvero sempre dentro di te. Il futuro,
anche per un vecchio, può rappresentare una grande occasione di
libertà spirituale insieme al rispetto per il passato, per i
ricordi, per la memoria e soprattutto per i sentimenti.
Il
film è dedicato
ad un altro grande regista napoletano, Francesco Rosi, scomparso da
poco.
Youth è
un’opera incantatrice, che inghiotte lo spettatore con profondità
d’immagine e di pensiero. Una profondità leggera, senza dubbio.
A chi ha detto che Sorrentino si è "ispirato" a La
montagna incantata di
Mann faccio i miei complimenti per la cultura e la capacità di
intuire certi ipotetici meccanismi da furbetto del regista
napoletano: io non l'ho letto, quindi mi accontento di essermi
emozionata moltissimo al cinema, e se anche fosse vera questa teoria
del quasi plagio, perdono molto volentieri Sorrentino, perchè il
film è stupendo.
Ottima recensione, Silvia: da far impallidire Gianluigi Rondi! Ma il film è in programmazione tuttora nelle Multisale?
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