In
questa recensione troverete anche il finale del film, coloro che non
vogliono conoscerlo evitino di leggerla.
La
Famiglia Bélier, un film per tutti, un toccasana per l’anima.
L’handicap
della sordità inteso come come figlio di un dio minore in questo
caso genera una figlia in do maggiore.
Nella
famiglia Bélier (regia di Éric Lartigau) la sordità fa un eccezione: Paula. La ragazza ha 16
anni e ogni giorno fa da interprete ai genitori nella gestione
amministrativa della loro fattoria.
Interpretata da Louane Emera,
uscita dal talent francese The Voice e all’esordio come
attrice, Paula scoprirà tramite l’insegnante di canto
Thomasson, patito di Michel Sardou, di avere “una
pepita d’oro in gola”, un talento eccezionale che dopo una
serie di ripensamenti la condurrà a Parigi al concorso canoro di
Radio France.
François
Damiens, interpreta con esuberanza il ruolo del padre di Paula,
personaggio incantevole che convive sereno con la propria sordità,
tanto da autocandidarsi a sindaco del paese, e ci trasmette per tutto
il film lo straripante amore verso sua moglie e i suoi figli.
Karin
Viard è la madre di Paula : una donna vivace, sopra le righe,
creativa e passionale, impulsiva e senza filtri. I momenti comici e
divertenti spesso nascono da lei e dalla sua congenita stramberia.
Luca
Gelberg, l'unico attore davvero sordomuto nel cast, è il fratello di
Paula e nonostante l’apparente distacco dalla ribellione della
sorella nutre per lei l’affetto tipico dei fratelli minori,
silenzioso e profondo, mascherato da noncuranza ma capace di esondare
quando il tempo lo richiede.
La
sceneggiatura priva di furberie e malizia spartisce equamente
umorismo, sensibilità, commozione e ci mostra quanto spesso le
parole siano dette a sproposito, quanto la naturalezza dell’amore
sia l’unico codice di comportamento, quanta fanfara mettiamo in
piedi ogni giorno inutilmente.
E’
un film candido, senza sesso, senza violenza, senza astuzia da
botteghino, un film che racconta questo tipo di handicap con garbo e
piacevole ironia.
La
scena divertente della prima colazione è il prologo del film: una
chiassosa sequela di rumori per Paula, che spesso usa le cuffie per
insonorizzarsi, intanto che la vita dentro casa si svolge nel
frastuono provocato dalla sua sorda famiglia.
La sedicenne con il
gran talento per il canto ci conduce quindi per mano nel suo mondo
fatto di lavoro nella stalla, di amicizia a scuola, di tenacia e
amore.
Sì,
amore. E’ proprio questo sentimento la forza che disegna l’epilogo
del film : dopo aver cantato e incantato tutti alla recita scolastica
di fine anno, gorgheggiando in duetto “Je vais t'aimer” ,
Paula decide di rinunciare al concorso, acquietando così i timori
della madre che vive come una tragedia la “normalità”
della figlia e le ansie di tutti riguardo la sua partenza. Il padre
però la raggiunge nel campo vicino casa intanto che Paula smaltisce
l’amaro della ritirata e proprio lì, al buio, le chiede cosa si
prova, cosa accade quando canta, cosa sente la gente che l’ascolta.
Allora Paula prende la mano del padre e se la porta alla gola,
intonando la canzone di Sardou.
Momento di autentica commozione
generato dai loro sguardi, dall’incontro d’anime sulle note di
una canzone d’amore, quindi la rivelazione , lo stupore, la presa
di coscienza, il perdono.
Così,
intanto che la notte trascorreva insonne, in quella fattoria prendeva
forma il futuro della ragazza e all’alba, su decisione del
padre, tutta la famiglia accompagnerà Paula a Parigi dove,
accompagnata al pianoforte da Thomasson che la raggiungerà in fretta
e furia, canterà “ Je vole “ di Michel
Sardou regalandoci un’incantevole interpretazione .
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