09/08/13

GIRLS di Gaia Rau

Ci abbiamo provato, con tutte noi stesse. Ce l’abbiamo davvero messa tutta. Ma quel tacco 12 proprio non ce la fa, ad andare d’accordo con le voragini del lastricato fiorentino. Per non parlare dei miseri tentativi di trasformare le cene al greco con le amiche della palestra in imperdibili happening mondani, di quelle giornate votate allo shopping che si concludono, quando va bene, con qualche completo intimo in saldo da Tezenis, o dei nostri adorabili mister Big surrogati che ci accompagnano all’Esselunga in infradito e canottiera. No, decisamente, il modello “Sex and the City” non fa per noi.

Anche per questo, quando abbiamo scoperto “Girls”, prodotta dalla Hbo dalla primavera 2012, la prima sensazione è stata quella di una liberazione. Perché le protagoniste di questa serie televisiva, quattro come Carrie & co., sono accomunate da un unico, fondamentale punto di forza: la loro assoluta imperfezione.



Hannah, Jessa, Marnie e Shoshanna, ventenni o poco più trasferitesi in massa nella Grande Mela, sono tutte sbagliate. Le loro esistenze sono costellate da chili di troppo, ambizioni eccessive, relazioni fallimentari, sesso disastroso, contratti atipici e conti in banca perennemente in rosso. Esattamente come le nostre, insomma.

E se questo non bastasse a conquistarci definitivamente, c’è da dire che a fare da sfondo alle loro avventure non ci sono le favolose luci di Manhattan, ma l’atmosfera “underground” e decisamente più colorata e affascinante di Brooklyn, con incursioni nei locali e nelle gallerie dove si concentrano le tendenze musicali, modaiole e artistiche del momento. Così come deliziosamente indie è la colonna sonora, che alterna brani di Camera Obscura, Belle and Sabastian, MGMT, The Echo Friendly, Scissor Sisters.
 
 

Certo, l’eredità di “Sex and the City” rimane ben presente, come dimostra l’esplicito omaggio alla serie madre messo in bocca a Shoshanna nella prima puntata, quando la ragazza utilizza Carrie, Miranda, Charlotte e Samantha come modelli da applicare alle amiche per identificarle. Ma quello dipinto da “Girls” è un universo più ingenuo e disincantato al tempo stesso, il racconto di un’età in cui nessuno è al riparo da errori grossolani e delusioni cocenti, perché non si è fatto in tempo ad affinare quegli strumenti di bon ton o semplice sopravvivenza che le eroine trentenni di SATC sanno maneggiare così bene, ma anche perché i tempi, dai luminosi anni Novanta, sono cambiati, il faro del successo ha smesso di brillare e tentare di “fare strada” in una metropoli come New York può avere un costo, emotivo oltre che economico, oneroso e a volte insostenibile.
 


Bando al modello della donna in carriera, dunque. Anche dal punto di vista dello stile. Via paillette, tacchi vertiginosi, piume di struzzo e firme di haute couture, e largo a una combinazione, a volte totalmente casuale, di pezzi vintage e catene low cost, che dà origine ad outfit economici, divertenti e a volte clamorosamente improbabili. Ma veri, sempre e comunque. Come vera è Lena Dunham, 27 anni, ideatrice, sceneggiatrice, regista e interprete principale della serie: veste il ruolo dell’aspirante scrittrice Hannah Horvath, con cui condivide un disturbo ossessivo-compulsivo. Che non le ha impedito di vincere, proprio grazie a “Girls”, il Golden Globe come migliore attrice in una serie commedia o musical, un Golden Globe come miglior serie-commedia, quattro nomination agli Emmy e di diventare la prima prima donna a vincere il Directors Guild Award for Outstanding Director in a Comedy Series. In Italia le prime due stagioni di “Girls” sono state trasmesse da Mtv.

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