Inutile stare a cercare un attacco originale: la realtà e solo che a vederle tutte e tre lì, l'una accanto all'altra c'è da rimanere imbambolati.
Nella seconda sala del primo piano di Palazzo Strozzi si compie un miracolo. Quello di poter ammirare sulla parete di sinistra la Deposizione dalla croce del Rosso Fiorentino della Pinacoteca di Volterra, sulla parete centrale la Deposizione che il Pontormo realizzò per la cappella Capponi della chiesa di Santa Felicita, a Firenze, e, sulla parete di destra, il Cristo deposto che il Bronzino dipinse per la cappella di Eleonora da Toledo in Palazzo Vecchio. Mai è stato possibile realizzare il sogno di un confronto così affascinante e ravvicinato fra i tre capolavori dei tre grandi protagonisti del Manierismo fiorentino.
La Deposizione del Rosso era sempre rimasta a Volterra, prima nella chiesa di San Francesco, poi, dal 1788, nella cappella di San Carlo nella cattedrale e infine, dal 1905, nella Pinacoteca.
La visionaria Deposizione del Pontormo era sempre rimasta in Santa Felicita, nell'Oltrarno fiorentino e addirittura l'opera del Bronzino, fu donata quasi subito da Cosimo de' Medici a Nicolas Perrenot de Granvelle, segretario particolare dell'Imperatore Carlo V, originario di Besancon dove la grande pala è rimasta per 500 anni per uscirne solo per questa occasione.
Dal 21 settembre 2017 al 21 gennaio 2018 Palazzo Strozzi ospita Il Cinquecento a Firenze, una
straordinaria mostra dedicata all’arte del secondo Cinquecento a Firenze. Ultimo atto d’una trilogia di mostre
a Palazzo Strozzi a cura di Carlo Falciani e Antonio Natali, iniziata con Bronzino nel 2010 e Pontormo e
Rosso Fiorentino nel 2014, la rassegna celebra un’eccezionale epoca culturale e di estro intellettuale, in
un confronto serrato tra “maniera moderna” e controriforma, tra sacro e profano: una stagione unica per
la storia dell’arte, segnata dal concilio di Trento e dalla figura di Francesco I de’ Medici, uno dei più geniali
rappresentanti del mecenatismo di corte in Europa.
Lungo le sale di Palazzo Strozzi si trovano a dialogare, in un percorso cronologico e
tematico allo stesso tempo, opere sacre e profane dei grandi maestri del secolo come Michelangelo,
Pontormo e Rosso Fiorentino, ma anche di pittori quali Giorgio Vasari, Jacopo Zucchi, Giovanni
Stradano, Girolamo Macchietti, Mirabello Cavalori e Santi di Tito e scultori come Giambologna,
Bartolomeo Ammannati e Vincenzo Danti, solo per nominare alcuni di coloro che furono coinvolti nelle
imprese dello Studiolo di Francesco I in Palazzo Vacchio, della Tribuna della Galleria degli Uffizi, e nella decorazione delle chiese fiorentine. Artisti capaci di
giocare su più registri espressivi – dall’ispirazione religiosa alle passioni comuni – mediando la propria
formazione, avvenuta sui grandi maestri d’inizio secolo, con le istanze di un mondo che affrontava un
complesso cambiamento verso l’età di Galileo Galilei, aperta a una nuova visione sia della natura sia
dell’espressione artistica di respiro europeo.
Fondamentale è stato il ruolo di Friends of
Florence che ha permesso il restauro di sei opere, a cominciare dalla Deposizione del Pontormo, insieme alla
cappella Capponi in Santa Felicita, per cui l'opera fu dipinta, per proseguire con straordinarie pale come
l’Immacolata Concezione del Bronzino, Cristo e l’adultera e la Visione san Fiacre di Alessandro Allori, e le
sculture del Dio fluviale di Michelangelo e del Crocifisso del Giambologna.
Nella prima sala sono accostati capolavori degli anni Venti del Cinquecento creati da artisti che furono i
maestri indiscussi di quelli operosi nella seconda metà del secolo: Michelangelo con la scultura del Dio
fluviale (1526-1527 circa) e Andrea del Sarto con la celebre Pietà di Luco (1523-1524).
Il percorso si muove poi per confronti: prima una sezione dedicata a temi sacri con gli artisti che lavorarono
ai nuovi altari riformati nelle chiese fiorentine, poi quella sui temi profani spesso legati alla personalità di
Francesco I. In entrambe le sezioni troviamo i medesimi artefici tra cui Giorgio Vasari, Mirabello
Cavalori, Girolamo Macchietti, Santi di Tito, Jacopo Coppi, Maso da San Friano, Giovan
Battista Naldini, Giambologna.
Nelle ultime due sale ci sono marmi e tavole d’altare di grande tenore qualitativo: opere eseguite
proprio allo scadere del Cinquecento o addirittura già sul primissimo avvio del Seicento, come la Visione di
san Tommaso d’Aquino della Chiesa di San Marco a Firenze di Santi di Tito (1593); I miracoli di san
Fiacre di Alessandro Allori da Santo Spirito (1596) e l’altorilievo di Pietro Bernini San Martino divide il
mantello col povero (1598 circa, Napoli, Museo di San Martino).
"Sono state fatte delle scelte - ha detto Antonio Natali durante la conferenza stampa - qui sono presenti solo opere belle, sembra una banalità ma si vuole dire che non necessariamente le opere storicamente importanti devono essere tutte belle e sono presenti nel catalogo" che i due curatori hanno voluto dedicare alla memoria di Carlo Del Bravo, recentemente scomparso, del quale sono stati allievi.
19/09/17
13/08/17
22SIMA EDIZIONE DI TOVAGLIA A QUADRI: TEATRO CON CENA AD ANGHIARI (dal comunicato stampa)
Anghiari
(Ar), dal 10 al 19 agosto 2017
XXII° edizione
VIA DA NOI
Inizia
giovedì 10 agosto la ventiduesima edizione di Tovaglia a Quadri, evento
fortemente identitario dove si mescolano teatro, buon cibo e
vita quotidiana, una formula antica almeno quanto le mura della
splendida Anghiari.
Tovaglia a
Quadri, evento teatrale che si svolge dal 1996 fra le mura medievali di Anghiari, in provincia di Arezzo, definito dai suoi autori “cena toscana con una storia
da raccontare in quattro portate” arriva quest'anno alla sua
ventiduesima edizione. Promossa dall’associazione culturale
Tovaglia a Quadri, che si occupa anche degli aspetti logistici e
organizzativi, realizzata in collaborazione con l’Associazione Teatro Stabile di Anghiari come
responsabile della parte artistica, con il Comune
di Anghiari (Ar) e la Rete Teatrale Aretina, con il sostegno della Regione Toscana e di
numerosi sponsor locali, questa originale
manifestazione raccoglie ogni anno oltre 1400 spettatori provenienti da tutto il territorio nazionale.
Via da noi, lo spettacolo che avrà luogo da giovedì 10 a
sabato 19 agosto, alle ore 20,15, scritto come sempre dal direttore artistico
del Teatro
Stabile di Anghiari Andrea
Merendelli e da Paolo Pennacchini,
porta in scena come di consueto una storia centrata
su problematiche del nuovo millennio che si fondono con le vecchie tradizioni
del paese. Le storie narrate negli spettacoli sono infatti frutto di un
continuativo lavoro di ricerca d'archivio, unito alle testimonianze degli
abitanti del posto, legate alla memoria di Anghiari, ai racconti dei nonni.
Vicende di vecchia data che gli autori restituiscono alla
collettività con un sapiente lavoro di ricerca, antiche passioni sopite,
vicende più o meno note ma anche personaggi dimenticati tornano a vivere grazie
alle interpretazioni degli attori locali che si fanno menestrelli delle loro
stesse radici. I personaggi tipici del paese abitano gli amarcord che si
intrecciano con il presente e con le vite, solo apparentemente quiete, dei
protagonisti. Il tutto condito dagli stornelli toscani che risuonano dalla
fisarmonica e dalle voci degli stessi attori in mezzo ai vicoli di Anghiari
mentre, tra una scena e l’altra, il pubblico si gode la prelibatezza dei piatti
e del vino rosso.
E' questa tematica della memoria civile della collettività una
delle caratteristiche salienti della manifestazione, che dal 1996 ci ha parlato e portato dentro
piccole grandi storie che vanno dalle miniere etrusche a Leonardo, dal
brigantaggio alle deportazioni naziste, dall’emigrazione in Argentina alla
svendita dell’acqua pubblica, dagli artigiani alla crisi della sanità fino ad
arrivare alla crisi occupazionale della Buitoni, partendo dal locale fino ad
arrivare al nazionale. Storie antiche o temi di potente attualità, come
afferma Gianfranco Capitta
“Gradualmente, con
lo scorrere degli anni e delle portate, si è passati dal racconto dei fasti di
una celebre cortigiana locale approdata in Vaticano (L’Anghiarina, appunto), al
problema degli immigrati che qui sono molti e rendono possibili le grandi
coltivazioni di tabacco pregiato”.
La carica civile non viene mai meno in questi temi brucianti, che a tavola sono
divenuti patrimonio comune, raccontati con l'umorismo toscano che rende
“accettabili” le realtà raccontate, tutte pienamente documentate, in un vero e
proprio teatro della memoria collettiva in cui la piazza del paese diviene una
“zona franca” dove la memoria può essere (o non essere) condivisa da tutti. Le
prime tredici sceneggiature sono state raccolte, nel volume Tovaglia a Quadri, tutte le storie,
pubblicato nel 2009 con prefazione del critico teatrale Gianfranco Capitta.
Palcoscenico deputato è la piazzetta del Poggiolino, luogo denso di significati per i suoi
abitanti, una piazzetta lunga e stretta che si trova
nel cuore del borgo.
Paese della alta Val Tiberina, adagiato tra Toscana, Umbria e Marche – Anghiari
– è noto ai più per il famosissimo
affresco perduto di Leonardo da Vinci,
giunto a noi tramite i disegni di Rubens (conservati al Louvre) e
un’opera del 1470 di Biagio di Antonio (oggi alla National Gallery of Ireland
di Dublino). L'opera di uno dei più grandi geni dell'arte raffigurava la famosa
e omonima battaglia, che avvenne il 29 giugno 1440 proprio nella piana
antistante la parte più antica della città, il Poggiolino, appunto.
Lo spettacolo si svolge mentre il pubblico
cena, degustando piatti tipici del luogo come crostini, bringoli, bocconcini di
Chianina, cantucci, vino rosso e vin santo del contadino, seduto ad una tavola apparecchiata con le
famose tovaglie a quadri della storica manifattura anghiarese e gli
attori-abitanti raccontano affacciati a porte e finestre che danno sulla
Piazzetta. Sono gli stessi cittadini,
non dunque attori professionisti, a recitare tra i commensali della lunga
tavolata. A scandire la performance, gli intermezzi musicali che rappresentano
una sospensione del racconto e accompagnano le portate servite agli
“spettatori” dagli stessi “attori”, deputati al ruolo di camerieri, sia nella
finzione che nella realtà. Le materie prime che compongono il menù
rientrano nel circuito "Campagna amica", la prima rete nazionale per
la vendita diretta, dal produttore agricolo al consumatore. Soltanto prodotti
italiani, garantiti, per una spesa sostenibile ed ecocompatibile.
Il
Teatro, il buon cibo e la vita quotidiana, una formula antica almeno quanto le
mura di questo splendido borgo toscano. E' questo il significato profondo della
Tovaglia a Quadri: il rovesciamento degli
stereotipi vernacolari da intrattenimento, e da ultimo un rito collettivo, dove
si mangia si canta, si ride e si digerisce, a volte male, una realtà locale con
specchi e riferimenti a rapporti e relazioni universali.Il tutto senza mai rinunciare a sceneggiature
che attingono ad un grande patrimonio di battute e di originale comicità
toscana, che gli spettatori affezionati sanno ormai a memoria e che vantano
numerosi tentativi d’imitazione. Drammaturgie che hanno il grande merito di
rievocare memorie vicine e lontane, piccole e grandi, della storia del paese,
condite di una cultura arcaica e folklorica, sopravvissuta nei paesi, che
recupera la saggezza antica ed è infarcita di scaramanzie e credenze popolari.
L’evento è realizzato con il
contributo della Regione Toscana, Comune di Anghiari, Coldiretti e Campagna
Amica.
Sostengono l’iniziativa: Biokyma, Busatti, Estra Energie, Coingas, Vimer, Amedei, Gruppo alimentare Valtiberino, Ecosanit, Verretta, Open Com, Graziotti
Sostengono l’iniziativa: Biokyma, Busatti, Estra Energie, Coingas, Vimer, Amedei, Gruppo alimentare Valtiberino, Ecosanit, Verretta, Open Com, Graziotti
In collaborazione con Teatro di
Anghiari e Rete Teatrale Aretina
INFO E COSTI:
Ingresso 43,00 euro
Prevendita e info: da martedì 1 agosto presso l’ufficio turistico Pro Anghiari in orario 10.00 -12.00 e 17.00 - 18.30.
Ingresso 43,00 euro
Prevendita e info: da martedì 1 agosto presso l’ufficio turistico Pro Anghiari in orario 10.00 -12.00 e 17.00 - 18.30.
Corso Matteotti 103 – Tel. 0575.749279
Email: proloco@anghiari.it
24/07/17
BESTEMMIE E PAROLACCE di Barbara Dardanelli
Io davvero stimo infinitamente chi, pur essendo coinvolto direttamente sulla questione migranti,perché ha fatto dell'accoglienza il suo lavoro, riesce, nonostante questa ondata d'odio che continua a crescere, a formulare discorsi chiari e articolati.
A me vengono solo bestemmie e parolacce.
L'uomo comune è di una ignoranza disarmante, la politica la cavalca meschinamente.
Ieri ripensavo all'incendio.
Ci sono state famiglie evacuate perché il pericolo del fuoco era vicino. Ecco io tutte le volte che sento dire, nelle migliori delle ipotesi eh, aiutiamoli a casa loro, mi viene in mente le famiglie evacuate dall'incendio e qualcuno che gli urla nel viso "state lá, che vi aiutiamo a casa vostra".
E nulla via, a me continuano ad uscire solo parolacce.
P.s. Era da tanto non lo dicevo...ma quanto schifo fa il movimento cinque stelle?
A me vengono solo bestemmie e parolacce.
L'uomo comune è di una ignoranza disarmante, la politica la cavalca meschinamente.
Ieri ripensavo all'incendio.
Ci sono state famiglie evacuate perché il pericolo del fuoco era vicino. Ecco io tutte le volte che sento dire, nelle migliori delle ipotesi eh, aiutiamoli a casa loro, mi viene in mente le famiglie evacuate dall'incendio e qualcuno che gli urla nel viso "state lá, che vi aiutiamo a casa vostra".
E nulla via, a me continuano ad uscire solo parolacce.
P.s. Era da tanto non lo dicevo...ma quanto schifo fa il movimento cinque stelle?
19/07/17
MALCOMUNE E' IL 51ESIMO SPETTACOLO DEL TEATRO POVERO DI MONTICCHIELLO
Il testo è già pronto, stampato nel libretto diffuso durante la conferenza stampa di presentazione dello spettacolo. Il titolo è MalComune.
(Da sin. Andrea Cresti, Monica Barni assessore regionale alla cultura, Giampiero Giglioni presidente della Cooperativa del Teatro Povero)
Ma dentro c'è scritto subito che "Dal momento della stampa a quello della della prima rappresentazione il copione potrà subire variazioni anche significative". E non può essere che così trattandosi della 51esima edizione (e quindi copione) del Teatro Povero di Monticchiello in programma nella piazza della Commenda del delizioso borgo della Val d'Orcia da sabato 22 luglio a lunedì 14 agosto.
Si tratta ormai di una superconsolidata tradizione che pur ha avuto (e ha) i suoi momenti di crisi e difficoltà più o meno gravi.
La definizione esatta della cosa è "autodramma della gente di Monticchiello" perchè il testo "è ideato, discusso e recitato dagli abitanti attori, sotto la guida e per la regia di Andrea Cresti" ed è il risultato di praticamente un anno di lavoro e confronto.
Prima viene messo a fuoco l'argomento, di solito tratto da fatti di cronaca locale o generale, sociale e politica, durante l'assemblea della Compagnia del Teatro Povero. In seguito un gruppo ristretto coordinato da Andrea Cresti lavora alla prima definizione del copione che, intorno alla fine di maggio, viene presentato di nuovo all'assemblea che lo approva, fermo restando che fino al giorno della prima rappresentazione possono essere fatte, come già citato, "variazioni anche significative".
"Lo spettacolo 2017 del Teatro Povero parte da una situazione paradossale: a una delle rare nascite che allietano una comunità tanto esigua quanto in apparenza coesa e dialogante, si affianca infatti un progetto di semplificazione tecnico-amministrativa efficiente e spietato come un algoritmo. Un piano che imporrà scelte individuali, familiari e collettive senza alternative, disgreganti e portatrici di discordie. Utili comunque, in fondo, a segnalare un dato costante della nostra natura: la duplice, paradossale tentazione a riconoscersi e dividersi, a cercarsi e allontanarsi, ieri come oggi. Inseguendo ciascuno un’immagine evanescente di ciò in cui desideriamo riconoscersi e di ciò in cui temiamo di specchiarci, con l’assidua, tenace speranza che, tra l’una e l’altra possibilità, riusciremo ancora a illuminare in qualche modo il futuro che ci aspetta".
Monticchiello è il suo Teatro Povero al quale è stato dedicato, nella piazza principale del borgo "piazza Nuova"), un'interessantissimo museo dal nome apparentemente misterioso e dalla vaga assonanza greca (TEPOTRATOS, frutto invece di un in fondo semplice acronimo: TEatro POpolare TRA dizionale TOScano). Qui dal 1 al 15 agosto "Humans", mostra fotografica di Matteo Casilli.
Lo spettacolo vale sempre e comunque, ma confesso che la sua attrattiva si arricchisce ormai da molti anni da quelle scodelle piene di ottimi pici (personalmente preferisco la versione "all'aglione") fornite abbondantemente prima e dopo lo spettacolo nella "Taverna di Bronzone" (gestita dalla cooperativa del Teatro Povero), ma anche a pranzo, a prezzi popolari.
Prenotazioni telefoniche: 0578 755118
Prenotazioni on line: www.teatropovero.it
biglietti: 13 euro intero, 7 euro ridotto.
(Da sin. Andrea Cresti, Monica Barni assessore regionale alla cultura, Giampiero Giglioni presidente della Cooperativa del Teatro Povero)
Ma dentro c'è scritto subito che "Dal momento della stampa a quello della della prima rappresentazione il copione potrà subire variazioni anche significative". E non può essere che così trattandosi della 51esima edizione (e quindi copione) del Teatro Povero di Monticchiello in programma nella piazza della Commenda del delizioso borgo della Val d'Orcia da sabato 22 luglio a lunedì 14 agosto.
Si tratta ormai di una superconsolidata tradizione che pur ha avuto (e ha) i suoi momenti di crisi e difficoltà più o meno gravi.
La definizione esatta della cosa è "autodramma della gente di Monticchiello" perchè il testo "è ideato, discusso e recitato dagli abitanti attori, sotto la guida e per la regia di Andrea Cresti" ed è il risultato di praticamente un anno di lavoro e confronto.
Prima viene messo a fuoco l'argomento, di solito tratto da fatti di cronaca locale o generale, sociale e politica, durante l'assemblea della Compagnia del Teatro Povero. In seguito un gruppo ristretto coordinato da Andrea Cresti lavora alla prima definizione del copione che, intorno alla fine di maggio, viene presentato di nuovo all'assemblea che lo approva, fermo restando che fino al giorno della prima rappresentazione possono essere fatte, come già citato, "variazioni anche significative".
"Lo spettacolo 2017 del Teatro Povero parte da una situazione paradossale: a una delle rare nascite che allietano una comunità tanto esigua quanto in apparenza coesa e dialogante, si affianca infatti un progetto di semplificazione tecnico-amministrativa efficiente e spietato come un algoritmo. Un piano che imporrà scelte individuali, familiari e collettive senza alternative, disgreganti e portatrici di discordie. Utili comunque, in fondo, a segnalare un dato costante della nostra natura: la duplice, paradossale tentazione a riconoscersi e dividersi, a cercarsi e allontanarsi, ieri come oggi. Inseguendo ciascuno un’immagine evanescente di ciò in cui desideriamo riconoscersi e di ciò in cui temiamo di specchiarci, con l’assidua, tenace speranza che, tra l’una e l’altra possibilità, riusciremo ancora a illuminare in qualche modo il futuro che ci aspetta".
Monticchiello è il suo Teatro Povero al quale è stato dedicato, nella piazza principale del borgo "piazza Nuova"), un'interessantissimo museo dal nome apparentemente misterioso e dalla vaga assonanza greca (TEPOTRATOS, frutto invece di un in fondo semplice acronimo: TEatro POpolare TRA dizionale TOScano). Qui dal 1 al 15 agosto "Humans", mostra fotografica di Matteo Casilli.
Lo spettacolo vale sempre e comunque, ma confesso che la sua attrattiva si arricchisce ormai da molti anni da quelle scodelle piene di ottimi pici (personalmente preferisco la versione "all'aglione") fornite abbondantemente prima e dopo lo spettacolo nella "Taverna di Bronzone" (gestita dalla cooperativa del Teatro Povero), ma anche a pranzo, a prezzi popolari.
Prenotazioni telefoniche: 0578 755118
Prenotazioni on line: www.teatropovero.it
biglietti: 13 euro intero, 7 euro ridotto.
18/06/17
NEL CHIOSTRO DELLE GEOMETRIE
Già il fatto che il tutto avvenga "NEL CHIOSTRO DELLE GEOMETRIE" e che si chiami "simmetrieAsimmetrie" rende la cosa particolarmente allettante.
Si tratta della quarta edizione della serie di manifestazioni che dal 19 giugno al 19 ottobre riguarderanno teatro, performance, architettura, arte, musica, incontri, laboratori e che si svolgeranno in uno dei tanti luoghi nascosti della nostra città, ovvero nella chiesa di Santa Verdiana e nello spazio antistante compresi nella sede della Facoltà di Architettura, nel quartiere di Sant'Ambrogio.
Frutto dell'ormai consolidata collaborazione fra la Compagnia Teatro Studio Krypton e il DIDA-Dipartimento di Architettura dell'Università di Firenze, con la direzione artistica di Giancarlo Cauteruccio e la direzione scientifica di Carlo Terpolilli, questa quarta edizione si propone di mettere in relazione le simmetrie rinascimentali, create da Brunelleschi, con le "asimmetrie" generate dalla complessità del contemporaneo.
Sedici eventi, tutti ad ingresso gratuito, a partire da quello di lunedì 19 giugno, ore 20,30, che offre, fino al 23 giugno, "Electric Church" (ma in italiano no?), una suggestiva video-intallazione ambientale appositamente creata sotto la direzione di Cauteruccio con Massimo Bevilacqua, Alessio Bianciardi e Anna Giusi Lufrano e realizzata con gli studenti del TEARC Laboratorio di Teatro-Architettura. Gli spazi della chiesa si animano, si stravolgono e si ricompongono infinite volte sotto le sollecitazioni delle proiezioni video.
A seguire "Oltre il giardino", paesaggio scenico creato dagli allievi del laboratorio coordinati da Andrè Benaim e Massimo Bevilacqua (dal 22 giugno); la lezione scenica su "Arte e Architettura" che avrà come protagonisti l'artista Alfredo Pirri e il direttore di Domus Nicola di Battista (29 giugno); Dario Evola illustrerà un percorso nel teatro di ricerca italiano dagli anni '70 ad oggi (4 luglio); Alessandra Piolselli, direttrice dell'Accademia di Belle Arti di Bergamo, e Paolo Belardi, suo omologo a Perugia, terranno una lezione scenica su "Arte nello spazio urbano" (6 luglio). E ancora Fabio Cavallucci (13 luglio), Fulvio Cauteruccio (14 luglio), il concerto/performance dei Temenos (27 luglio) fino alla conclusione di "Muovere un cielo di figure vive" (dal 17 al 19 ottobre) nel quale Roberto Visconti interpreterà Filippo Brunelleschi.
Il programma completo
Si tratta della quarta edizione della serie di manifestazioni che dal 19 giugno al 19 ottobre riguarderanno teatro, performance, architettura, arte, musica, incontri, laboratori e che si svolgeranno in uno dei tanti luoghi nascosti della nostra città, ovvero nella chiesa di Santa Verdiana e nello spazio antistante compresi nella sede della Facoltà di Architettura, nel quartiere di Sant'Ambrogio.
Frutto dell'ormai consolidata collaborazione fra la Compagnia Teatro Studio Krypton e il DIDA-Dipartimento di Architettura dell'Università di Firenze, con la direzione artistica di Giancarlo Cauteruccio e la direzione scientifica di Carlo Terpolilli, questa quarta edizione si propone di mettere in relazione le simmetrie rinascimentali, create da Brunelleschi, con le "asimmetrie" generate dalla complessità del contemporaneo.
Sedici eventi, tutti ad ingresso gratuito, a partire da quello di lunedì 19 giugno, ore 20,30, che offre, fino al 23 giugno, "Electric Church" (ma in italiano no?), una suggestiva video-intallazione ambientale appositamente creata sotto la direzione di Cauteruccio con Massimo Bevilacqua, Alessio Bianciardi e Anna Giusi Lufrano e realizzata con gli studenti del TEARC Laboratorio di Teatro-Architettura. Gli spazi della chiesa si animano, si stravolgono e si ricompongono infinite volte sotto le sollecitazioni delle proiezioni video.
Il programma completo
03/04/17
AUTUNNO / PAOLO CHIASERA ALLA SEDE DI PATRIZIA PEPE
Autunno costituisce l’evoluzione della recente ricerca dell’artista che, dal suo studio
di Berlino, esplora la possibilità di utilizzare la pittura per ricostruire genealogie
culturali, rapporti tra l’arte e la storia, tra l’opera e il suo manifestarsi al cospetto del
pubblico. Questa serie di progetti viene sintetizzata in un formato sperimentale di
“mostra di mostre” variamente declinato: la pittura diventa un alfabeto primario con
cui Chiasera si relaziona come medium, traduttore, o curatore.
In Autunno Chiasera assembla un pantheon privato di studiosi, scrittori e filosofi
del pensiero di matrice occidentale, una sorta di diario dove emergono i fantasmi
autunnali di alcune delle personalità che hanno influito sulla sua formazione.
Sulle pareti dello spazio di Patrizia Pepe appariranno i ritratti realizzati con una tecnica
mista tra monotipo e affresco, da Eraclito a Sigmund Freud, in un allestimento
avvolgente che esprime la necessaria connessione tra natura e cultura, tre le arti
e il pensiero, punto di partenza per l’edificazione e la comprensione della civiltà
contemporanea.
Accompagna la mostra un testo critico di Pietro Gaglianò.
Paolo Chiasera propone per gli spazi della maison Patrizia Pepe un progetto che
mette in discussione i ruoli tradizionali dell’artista e del curatore e indaga nuovi
orizzonti per il medium della pittura.
PERCHE' UNA MOSTRA D'ARTE NELLA SEDE DI UN'AZIENDA?
L’Headquarters fiorentino, è un progetto fortemente innovativo che propone una concezione
dinamica e destrutturata del lavoro. Nell’ambiente interno il comfort riveste un’attenzione costante
e assume quasi “valore terapeutico”, in modo evidente nella sala fitness aperta ai dipendenti e
nella cucina attrezzata con arredi dal sapore rustico toscano.
Innovazione, che, nella filosofia Patrizia Pepe, trova il modo di coniugarsi con uno sguardo
riconoscente nei confronti della natura: da progetti eco-sostenibili in ambito stilistico, all’utilizzo di
pannelli fotovoltaici per la produzione autonoma di energia.
La sede Patrizia Pepe è anche un luogo d’arte, dove talenti famosi ed emergenti si alternano
esponendo i loro lavori al pubblico, con eventi dedicati. Una selezione di opere d’arte e installazioni
diventano poi patrimonio dell’azienda a completarne l’arredamento, rendendolo unico.
INAUGURAZIONE VENERDI' 7 APRILE DALLE 17,30 ALLE 19,30
orario lunedì/venerdì 9,30/12,30 e 14,30/19,30
via Gobetti 7/9 Capalle Firenze
di Berlino, esplora la possibilità di utilizzare la pittura per ricostruire genealogie
culturali, rapporti tra l’arte e la storia, tra l’opera e il suo manifestarsi al cospetto del
pubblico. Questa serie di progetti viene sintetizzata in un formato sperimentale di
“mostra di mostre” variamente declinato: la pittura diventa un alfabeto primario con
cui Chiasera si relaziona come medium, traduttore, o curatore.
In Autunno Chiasera assembla un pantheon privato di studiosi, scrittori e filosofi
del pensiero di matrice occidentale, una sorta di diario dove emergono i fantasmi
autunnali di alcune delle personalità che hanno influito sulla sua formazione.
Sulle pareti dello spazio di Patrizia Pepe appariranno i ritratti realizzati con una tecnica
mista tra monotipo e affresco, da Eraclito a Sigmund Freud, in un allestimento
avvolgente che esprime la necessaria connessione tra natura e cultura, tre le arti
e il pensiero, punto di partenza per l’edificazione e la comprensione della civiltà
contemporanea.
Accompagna la mostra un testo critico di Pietro Gaglianò.
Paolo Chiasera propone per gli spazi della maison Patrizia Pepe un progetto che
mette in discussione i ruoli tradizionali dell’artista e del curatore e indaga nuovi
orizzonti per il medium della pittura.
PERCHE' UNA MOSTRA D'ARTE NELLA SEDE DI UN'AZIENDA?
L’Headquarters fiorentino, è un progetto fortemente innovativo che propone una concezione
dinamica e destrutturata del lavoro. Nell’ambiente interno il comfort riveste un’attenzione costante
e assume quasi “valore terapeutico”, in modo evidente nella sala fitness aperta ai dipendenti e
nella cucina attrezzata con arredi dal sapore rustico toscano.
Innovazione, che, nella filosofia Patrizia Pepe, trova il modo di coniugarsi con uno sguardo
riconoscente nei confronti della natura: da progetti eco-sostenibili in ambito stilistico, all’utilizzo di
pannelli fotovoltaici per la produzione autonoma di energia.
La sede Patrizia Pepe è anche un luogo d’arte, dove talenti famosi ed emergenti si alternano
esponendo i loro lavori al pubblico, con eventi dedicati. Una selezione di opere d’arte e installazioni
diventano poi patrimonio dell’azienda a completarne l’arredamento, rendendolo unico.
INAUGURAZIONE VENERDI' 7 APRILE DALLE 17,30 ALLE 19,30
orario lunedì/venerdì 9,30/12,30 e 14,30/19,30
via Gobetti 7/9 Capalle Firenze
09/03/17
VI PRESENTO TONI ERDMAN di Martino Scacciati
Vi presento un capolavoro.
La globalizzazione, si sa, ha tanti volti. Tra questi, ce n’è uno spietato. E’ quello fatto di fabbriche migrate nei paesi poveri, di diritti inesistenti, di lavori ed esistenze appese al filo fragile e capriccioso del mercato o delle ambizioni di manager senza scrupoli. Nessuno, secondo me, è riuscito a raccontare la faccia disumana e feroce della globalizzazione come ha fatto il film tedesco “Vi presento Toni Erdmann”.
Toni Erdmann si chiama in realtà Winfried Conradi. Oltre che un insegnante di musica in pensione, è la versione tedesca di uno degli Amici miei di Monicelli. E’ una inesauribile fucina di scherzi e beffe. La figlia, però, non li gradisce. E’ una manager mandata in Romania a far il lavoro sporco per conto di una multinazionale. Ora non ride più, non scherza più, non è più capace di pietà. E' una belva, come la definisce orgoglioso il suo superiore. E’ allo stesso tempo carnefice e vittima della globalizzazione, ingranaggio di un meccanismo che si svuota poco a poco di umanità, fino a diventare mostruoso.
Il film è una galleria di mostri della globalizzazione: giovani mogli russe che “adorano andare nei paesi dove c’è il ceto medio, perché mi rilassano”, manager che sono più lupi che uomini, etc. Ma è qui che interviene Toni Erdmann, lo sgangherato personaggio inventato da Winfired per recuperare la figlia. Il suo inesauribile humor è il granello di sabbia capace di inceppare, almeno in parte, l’infernale meccanismo della globalizzazione.
Ne nasce un film sempre spiazzante, divertente, imprevedibile, talvolta commovente, la rivincita della leggerezza sull'impoverimento umano prodotto dalla globalizzazione. In altre parole, "Vi presento Toni Erdmann" è un capolavoro.
08/03/17
BILL VIOLA - RINASCIMENTO ELETTRONICO (1)
The Crossing Fire da una parte e The Crossing Water dall'altra così capisci subito come stanno le cose e non puoi pensare di cavartela con una visita lampo. Arrivi al piano nobile di Palazzo Strozzi perché certamente non ti puoi perdere la seconda mostra della gestione di Arturo Galansino che va spedito per la sua strada puntando a fare dello straordinario "cubo" di Benedetto da Maiano, secondo il Vasari, il luogo d'eccezione per uno sguardo sui più grandi maestri dell'arte contemporanea. Stavolta non ci sono gommoni o altri interventi sulle facciate del Palazzo che fecero storcere il naso ai pavidi puristi ai tempo della mostra "Libero" di Ai Weiwei.
Stavolta da fuori non si sospetta niente se si escludono gli arazzi che pubblicizzano "Rinascimento elettronico", la mostra di Bill Viola (insopportabile chi buzzurreggia e si ostina a chiamarlo Vaiola credendo di fare più figo).
Ecco, a parer mio, il titolo della mostra è l'unica cosa se non brutta, almeno bruttarella che si trova in questa occasione. Lo so che è stata parafrasata la definizione di "Pittore elettronico" che coniò Maria Gloria Bicocchi quando Viola lavorò come tecnico per quasi due anni per lei in ART/TAPES/22, la galleria e centro di produzione in cui si sperimentavano i primi video d'artista in una Firenze degli anni '70 attenta alle novità e assai vivace culturalmente. E siccome gran parte delle opere selezionate si pongono in relazione con opere di grandi maestri del passato (Pontormo, Masolino da Panicale, Paolo Uccello e Lukas Cranach fra gli altri) dev'essere venuto naturale quel titolo.
Ma titolo a parte, tutto il resto è di altissimo livello e per ora voglio fermarmi proprio all'installazione video di due schermi affiancati per il dorso, che apre il percorso espositivo. Un uomo, lo stesso in tutti e due i video, si avvicina lentamente, da una parte viene lentamente avvolto da delle fiamme crescenti, dall'altra investito dalla caduta di acqua sempre più copiosa. In tutti e due i casi l'uomo alla fine sparisce lasciando la scena vuota ma con i segni evidenti del fuoco appena spento e dell'acqua sul pavimento. E' The Crossing, la Traversata. Dolore, sacrificio, purificazione attraverso il fuoco e l'acqua, elementi primordiali. Da notare che l'uomo inondato dall'acqua che ovviamente cade dall'alto sembra salire verso il cielo. (Continua)
Stavolta da fuori non si sospetta niente se si escludono gli arazzi che pubblicizzano "Rinascimento elettronico", la mostra di Bill Viola (insopportabile chi buzzurreggia e si ostina a chiamarlo Vaiola credendo di fare più figo).
Ecco, a parer mio, il titolo della mostra è l'unica cosa se non brutta, almeno bruttarella che si trova in questa occasione. Lo so che è stata parafrasata la definizione di "Pittore elettronico" che coniò Maria Gloria Bicocchi quando Viola lavorò come tecnico per quasi due anni per lei in ART/TAPES/22, la galleria e centro di produzione in cui si sperimentavano i primi video d'artista in una Firenze degli anni '70 attenta alle novità e assai vivace culturalmente. E siccome gran parte delle opere selezionate si pongono in relazione con opere di grandi maestri del passato (Pontormo, Masolino da Panicale, Paolo Uccello e Lukas Cranach fra gli altri) dev'essere venuto naturale quel titolo.
Ma titolo a parte, tutto il resto è di altissimo livello e per ora voglio fermarmi proprio all'installazione video di due schermi affiancati per il dorso, che apre il percorso espositivo. Un uomo, lo stesso in tutti e due i video, si avvicina lentamente, da una parte viene lentamente avvolto da delle fiamme crescenti, dall'altra investito dalla caduta di acqua sempre più copiosa. In tutti e due i casi l'uomo alla fine sparisce lasciando la scena vuota ma con i segni evidenti del fuoco appena spento e dell'acqua sul pavimento. E' The Crossing, la Traversata. Dolore, sacrificio, purificazione attraverso il fuoco e l'acqua, elementi primordiali. Da notare che l'uomo inondato dall'acqua che ovviamente cade dall'alto sembra salire verso il cielo. (Continua)
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17/02/17
13/02/17
"SENZA TITOLO" DI PANTANI A LA COUR CARRE'E
La Cour Carrée presenta:
ENRICO PANTANI
"Senza titolo"
Domenica 26 febbraio, ore 11:00
Titolo: “Non ho trovato un titolo adeguato per questa mostra”
I soggetti di tutti i lavori che verranno esposti a La Cour Carrée derivano da studi sui miei sketchbooks. Ci sono ritratti, animali, situazioni grottesche, impossibili, tutte fuori dal tempo, in una dimensione che deve sbloccarsi e rendersi tangibile. In realtà non sarà tangibile mai per nessuno a parte per me, nel mio intimo… così alla fine sono solo sogni, roba da niente.
Sono quasi tutti lavori piccoli, dipinti su tele già presenti in commercio e tele che mi sono costruito da solo. Vorrei tentare di chiamarle sperimentali, se i tecnici di questo settore mi passassero il termine.
In questa nuova fase dei miei lavori vorrei dimostrare che si può lavorare a cose ambiziose anche da un lontano paese di provincia. Alla fine basta osservare per sentirsi cittadini del mondo, per trasformare questa indifferenza in mondi paralleli. Sono convinto che questi sogni siano importanti e senza di essi non potrei vivere.
Vorrei precisare anche che tutti questi lavori sono embrioni di quello che sogno di fare in futuro, studi di cose che vorrei scaraventare su tele di dimensioni enormi, cosa che adesso non posso fare per evidenti ragioni di spazio.
Credo anche che sia una fase molto transitoria questa.
Non so dove approderò tra qualche mese.
Ma in fondo non me ne frega un cazzo nulla.
Ciao.
Enrico Pantani
Dal 26 febbraio al 10 marzo
dalle 11:00 alle 16:00
Gazebo n.1 del Mercato storico delle Pulci
Largo P. Annigoni (Firenze)
www.lacourcarree.it
ENRICO PANTANI
"Senza titolo"
Domenica 26 febbraio, ore 11:00
Titolo: “Non ho trovato un titolo adeguato per questa mostra”
I soggetti di tutti i lavori che verranno esposti a La Cour Carrée derivano da studi sui miei sketchbooks. Ci sono ritratti, animali, situazioni grottesche, impossibili, tutte fuori dal tempo, in una dimensione che deve sbloccarsi e rendersi tangibile. In realtà non sarà tangibile mai per nessuno a parte per me, nel mio intimo… così alla fine sono solo sogni, roba da niente.
Sono quasi tutti lavori piccoli, dipinti su tele già presenti in commercio e tele che mi sono costruito da solo. Vorrei tentare di chiamarle sperimentali, se i tecnici di questo settore mi passassero il termine.
In questa nuova fase dei miei lavori vorrei dimostrare che si può lavorare a cose ambiziose anche da un lontano paese di provincia. Alla fine basta osservare per sentirsi cittadini del mondo, per trasformare questa indifferenza in mondi paralleli. Sono convinto che questi sogni siano importanti e senza di essi non potrei vivere.
Vorrei precisare anche che tutti questi lavori sono embrioni di quello che sogno di fare in futuro, studi di cose che vorrei scaraventare su tele di dimensioni enormi, cosa che adesso non posso fare per evidenti ragioni di spazio.
Credo anche che sia una fase molto transitoria questa.
Non so dove approderò tra qualche mese.
Ma in fondo non me ne frega un cazzo nulla.
Ciao.
Enrico Pantani
Dal 26 febbraio al 10 marzo
dalle 11:00 alle 16:00
Gazebo n.1 del Mercato storico delle Pulci
Largo P. Annigoni (Firenze)
www.lacourcarree.it
CORPO E ANIMA di Gianni Caverni
CORPO E ANIMA
Vania Paolieri
dal 18 febbraio al 3 marzo
Studio Bong
via Calimaruzza 10r
Firenze
Inaugurazione sabato 18 febbraio alle 18,30
Vania, madonna bona, che brava che
sei diventata!
Allora ci correvano fra noi solo 12
anni, adesso saranno almeno 30!
Nel senso che allora ero un giovane
professore di 25 anni che provava ad insegnarvi arte e forse un po' di merito
(colpa?) nella tua scelta di diventare artista, pittrice, è anche mio/a!
Ma tu dipingendo hai fatto come
spesso fanno gli artisti che invecchiano meno degli altri e, dalla forza che
vedo nei tuoi quadri informali, mi sa che sei invecchiata meno anche di me.
Ho sempre pensato che dipingere con
i quadri stesi orizzontalmente, come fai tu, sul pavimento dello studio, fuori,
sull'erba, sulla ghiaia, sul cemento sia una cosa bellissima, intrisa di un
sottile sentimento insieme pieno di modestia e di bella presunzione: il
pavimento, il suolo, la terra sono il punto più in basso che si trova nelle
vicinanze, sotto non si può andare a meno di scavare.
Vuol dire, per me, partire
dall'inizio, dalle fondamenta, nessuno è capace di costruire la più modesta
delle case, come la più sontuosa, se non partendo dal basso; e la pittura, come
tutto il resto che chiamiamo vita, non è forse un modo per costruirsi?
Non voglio certo dire che la pittura
realizzata in verticale, quasi tutta del resto, sia inferiore: me ne guardo
bene! Dico solo che dipingere per orizzontale mi è sempre piaciuto di più e con
gli altri artisti che lo fanno ho sempre sentito una sorta di forte vincolo di
fratellanza.
E poi mi sembra che sia tutto più
comprensibile e immediato: la tela è la terra e “la terra è bassa” recita uno
dei più diffusi luoghi comuni, quasi un mantra, di tutti coloro che si dedicano
ai piaceri e alle fatiche dell'orto. E se dunque dipingere a terra comporta di
solito una fatica maggiore per altro regala il piacere, come per l'orto, di
veder “spuntare” e crescere le sue delizie. E poi: è indispensabile per il
pittore allontanarsi dalla tela per riuscire a vedere l'insieme dell'opera e
non solo il particolare. Ma se si sta dipingendo in terra l'allontanarsi dalla
superficie su cui si lavora ha sempre un limite tassativo che è quello
dell'altezza dell'autore, almeno fino a che l'opera resta orizzontale. Insomma
mi sembra più naturale, è proprio il caso di dirlo: a misura d'uomo!
E la bella presunzione? Beh sta
tutta proprio nel voler “rifare” la terra, ridisegnarla, tingerla dei colori
bellissimi ed intensi che usi tu Vania; è come affermare con speranza indomita
“possiamo farla migliore”, possiamo farci migliori. Possiamo, sì, possiamo.
Non a caso citi il Courbet della
carnale, primaria, “Origine del mondo” e ne presenti la tua versione personale
con una serie di variazioni coloristiche: possiamo sì generare, generarsi, e
soprattutto rigenerarsi.
Brava Vania.
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