Oggi, per l'inaugurazione è previsto un buffet con prodotti indiani dalle 19.
Alcune immagini e la presentazione della mostra.
Gli
attimi prima di Eugenio Quattrini hanno spesso a che fare con
l'acqua, elemento instabile per eccellenza. L'acqua di una
pozzanghera o quella della palude.
O
del mare.
A
più riprese ha cercato quell'attimo
perfetto in cui l'onda si frange: un attimo prima di quel momento
niente è ancora successo, un attimo dopo è già successo
tutto.
Proprio
quell'attimo lì è necessario eppure anche quasi
introvabile, meglio quasi irriconoscibile, come il bandolo di ogni
matassa, come l'attimo invisibile (anche a vederci benissimo)
che cambia per sempre la vita.
Di
tutti.
L'attimo
di quell'uomo solitario e forse desolato all'imbocco deserto
del porto che come tutti i porti (e le porte) è carcere e fuga,
salvezza e perdizione, partenza ed arrivo, con tutti i necessari
viceversa.
Gli
uccelli che si specchiano in un'acqua in questo caso immobile sono un
falso obiettivo (si parla di foto d'altronde): si vedono
subito, saltano agli occhi, ma proprio un attimo dopo vediamo
quelle misteriose, forse minacciose presenze scure, acquattate
fra gli alti fili d'erba.
Chi sono? Indiani armati fino ai denti
che vogliono il nostro scalpo? Spie? Cadaveri? Incubi più
probabilmente, o sensi di colpa?
Forse
quell'uomo che si aggira per il porto è lo stesso che ha
tracciato quel disperato “TI AMO” sul muro superscritto;
disperato perché ingenuamente proteso a cercare di profumare
di eterno. Quella scritta, come tutte le altre intrecciate in oscuri
ghirigori, sbiadiranno, evaporeranno come è destinato a
sbiadire, a evaporare, quell'amore.
E
sotto tanta presunzione (chi scrive sui muri si crede di poter
fregare il tempo e non a caso sono quasi sempre gli uomini, i maschi,
che scrivono sui muri) passa al guinzaglio un cane che annusa
e chissà che sente che noi di annusaggio si sa poco o nulla.
L'amore
e le scritte, l'ho già detto, evaporeranno proprio come evapora
quell'acqua bollente dentro la pentola che smette in
quell'istante esatto di essere acqua per prendere il volo in forma
di fumo (che appanna la vista e gli occhiali).
Più
mutevole dell'acqua, che sappia io, c'è solo il tempo che non fai in
tempo (appunto) a dire qualcosa che è già passato ed è un
altro tempo che scivola via feroce.
Ci
fa sopportare e credere di controllare il tempo ogni tipo di
orologio e di calendario, quindi ogni compleanno che ci trova
impotenti eppure soddisfatti di esserci ancora, come spero
soddisfatta sia stata quella bella nonna davanti alla torta, alle
candeline e ai nipoti.
Gianni
Caverni
direttore
artistico di “Mi espongo”
vi penso dalle Colline Metallifere (lontano da mare onde e cavalloni). Qui fumi vento e vapori...
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