La musica leggera
italiana ha una certa dimestichezza con le assonanze cromatiche: senza
scomodare l'omerica aurora dalle dita di rosa, abbiamo la tozziana notte rosa,
oltre al contian/celentanesco pomeriggio azzurro; per tacere dell'ovvio
bludipintodiblu. La peggior evocazione cromatica, e uno dei versi più crudi del
pop nostrano appartiene però a Gianni Togni, o meglio al suo paroliere Guido
Morra che nel 1975 lo infila in una canzone dal titolo Oggi si muore. Sono entrambi esordienti, all'epoca, tutti e due nel
giro scoppiettante di Vincenzo "io ti ammazzerò" Micocci e della sua
etichetta It, che dopo i De Gregori e i Venditti continua nella ricerca di
talenti da valorizzare. Togni e Morra sono destinati a carriere di buon
livello: collaboreranno qualche anno dopo per il planetario successo Luna, e Morra si aggiudicherà nel 1982
il Festival di Sanremo con Storie di
tutti i giorni cantata da Riccardo Fogli prima di diventare uno dei
liricisti di fiducia di Renato Zero. In quel 1975 però Togni imbastisce un
album concettoso e sperimentale, In una
simile circostanza. Oggi si muore è
il classico brano antimelodico dell'epoca, con una buona cose di chitarra
arpeggiata, assolutamente impossibile da canticchiare. Vi si racconta di un o
una Karol, non si sa quanto preconizzante il Papa polacco in arrivo tre anni
dopo (sospetto lecito visto che Morra scriverà in seguito per Placido Domingo
una canzone ispirata a una poesia di Wojtyla), e di avventure di quotidiano
squallore (“un amore dai capelli biondi/cerca la libertà sull'elenco telefonico
/io sto male ma tu non mi rispondi). Dopo essersi dichiarato “prigioniero in un
carcere di parole” e “non abbastanza serio per morire”, ecco improvvisamente il
nostro eroe catapultato sotto un cielo
color preservativo. Verso efficace, certo, per descrivere qualche atmosfera
dell'est europeo o della pianura padana, inusitato forse anche per un brano
degli Squallor (color preservativo). A Togni non valse però un immediato successo, forse perché
troppo esistenziale: dovette attendere cinque anni per il disco seguente.
Siccome il titolo proposto dal discografico, Debutto, gli pareva troppo banale, decise di chiamarlo ...e in quel momento, entrando in un teatro
vuoto, un pomeriggio vestito di bianco, mi tolgo la giacca, accendo le luci e
sul palco m'invento. C'è chi non si accontenta mai.
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