26/01/16

REDIVIVA ANCHE LA STORIA di Riccardo Pangallo e Gianni Caverni

Ho visto, ormai da parecchi giorni, l'ultima fatica (è il caso di dirlo) di Inarritu. E' già passato un pò di tempo e, ripensandoci, trovo che, certo, è stato un bello spettacolo. Due ore e mezza trascorse bene ma... fin dall’inizio del film, ho provato una sensazione strana: quella di conoscere già la storia, insomma di averlo già visto. E non avevo tutti i torti. Agli inizi degli anni ’70 ebbe presa sul pubblico un filone di bei western, (il western crepuscolare) di cui molti filo-pellerossa, come Corvo rosso non avrai il mio scalpo di Sidney Pollack o Soldato blu di Nelson o Piccolo grande uomo di Arthur Penn, e altri che hanno segnato una inversione di rotta e hanno offerto una rilettura della storia del West affrancando finalmente i pellerossa dall’eterno ruolo di “cattivi”. Tra questi si fece notare Uomo bianco, và col tuo dio! , non tanto per filo-indianismo ma per l’inedito conflitto all’ultimo sangue dell’uomo solo e abbandonato a sè stesso contro una natura ostile che pare volere solo la sua morte. E’ del 1971 , protagonista un memorabile Richard Harris , diretto da Richard C. Sarafian che non ha fatto molti film ma quei pochi sono ricordati dallo spettatore a distanza di decenni. (Punto zero, La terra si tinse di rosso, ecc.) La storia è la stessa, il personaggio è proprio lo stesso Hugh Glass , c’è il grizzly che lo attacca, c’è il desiderio di vendetta su chi lo aveva lasciato condannandolo a morire, insomma è proprio quella storia lì. Ma perché non lo dice nessuno che The Revenant è un remake? Che male c’è? Comunque …difficile inventare storie nuove eh…


Fin qui l'amico Riccardo Pangallo al quale ho chiesto il permesso di citare le sue parole nel mettermi a scrivere di The Revenant. Confesso che “Uomo bianco, và col tuo dio!” non devo averlo visto o non me lo ricordo, ma la sensazione di remake l'ho avuta anche io, e diverse volte, durante la proiezione.
Per chi non l'avesse visto una raccomandazione: COPRITEVI BENE! I personaggi si muovono tutti in un Nord Dakota gelato, alle sorgenti del Missuri, e come se non bastasse hanno sempre i piedi nell'acqua! Per i più freddolosi si consiglia di portarsi dietro un cavallo morto.

Tornando a quell'aria di déjà vu che aleggia nella sala non credo però che Alejandro González Iñárritu (premio Oscar per il miglior film, miglior regia e miglior sceneggiatura originale dell'anno scorso per Birdman) abbia fatto anche un Remake di Tex tenderei ad escluderlo. Anche se l'eroe di Sergio Bonelli è un bianco, come Hugh Glass, che ha sposato una nativa navajo, Lilyth, Glass una Pawnee. Tutte e due le donne moriranno presto dopo aver generato un figlio: Kid per Tex e Haowk per il personaggio interpretato da Di Caprio che se non prende l'oscar qui può mettersi a fare l'ortolano.
Certo è che dopo pochi minuti sai già perfettamente come si svolgerà la storia, fino alla fine.


Quello che non sai è che nel mezzo c'è una recitazione grandiosa, una fotografia speciale, dei paesaggi mozzafiato.


Ma la storia è la solita (the same old story): l'eroe viene massacrato da una grizzly, gli viene ucciso il figlio e viene abbandonato a morte certa.

Lo dici te! Noddavvero, si salva, Non si sa come (nemmeno una frattura!), E vive solo per la vendetta. Glass/Di Caprio e Fitgerald/Tom Hardy per tutto il film colpivano con la stessa precisione indiani e zanzare. Trovatisi finalmente di fronte non si contano gli spari andati a vuoto: calo della vista? No, è che devono annodarsi in un corpo a corpo sanguinario come tutti i film di questo genere, esasperante e violentissimo con tanto di accettate sulle dita.

Ma come non c'è proprio niente di nuovo? In verità c'è: il cattivo prima di soccombere definitivamente dice una frase: “la vendetta non ti restituirà tuo figlio”. Insomma dice una stronzata ovvia al cospetto della quale Di Caprio ha un'espressione incerta. Sono convinto che ha capito anche lui che se si fosse mostrato sorpreso o colpito da una scemenza del genere l'oscar se lo doveva sognare anche questa volta.

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