17/12/13

IL RISO NON ABBONDA, ZALONE MIO! di Silvia Nardi Dei

Decido di accontentare una richiesta un po' "speciale" di Giulia: andare insieme al cinema a vedere un film che sceglie lei.
Questa volta però non era "Cattivissimo me" ma l'ultimo film di Checco Zalone. A parte il fatto che non sapevo che lei lo conoscesse: "Mamma, a scuola ne parlano tutti! E' uno che fa ridere, ha fatto un film che fa ridere, andiamo a ridere!".
In effetti, non fa una piega. Io al cinema non l'avevo mai visto, in televisione sì: ho riso tanto a sentire le sue "versioni" dei Negramaro, o di quella cantante siciliana.. ecco la Carmen Consoli, oppure Giovanni Allevi.
E invece non abbiamo riso. E questa cosa qui mi fa sentire un pochino strulla, per due motivi: il primo è che pare che questo film sia stato visto da una tale quantità di persone che allora brutto non dev'essere, il secondo, più grave, forse, è che non lascerò più che mia figlia scelga lei il film da andare a vedere, per lo meno per ancora qualche anno, perché voglio che il concetto di "bel film" non venga considerato questo, e quindi non rischi di diventare un ottimo motivo per non andarci, al cinema!
Una trama inutile, con dei personaggi, lui, in particolar modo, che vorrebbero, forse (ma si sbagliano di grosso) richiamare quelli di Totò, però calati ai giorni d'oggi. Eppure, gli ingredienti scelti avrebbero potuto funzionare, far ridere e anche riflettere: ci sono gli antipatici ricchi un po' radical chic che fanno yoga e mangiano vegano, c'è un protagonista sempliciotto che aspira solo ai beni materiali e che non sa parlare bene neanche l'italiano, c'è la crisi economica.
E invece tutto si perde e si confonde tra il solito maschilismo penoso, di cui però il protagonista si scusa subito, ridendoci su, con le solite canzoncine (la moglie operaia affranta che DEVE cucinare, stirare, far lavatrici, buttare la spazzatura e tollerare le sue spese pazze che lo porteranno al disastro e poi lei lo lascerà), la crisi economica per cui la fabbrica dove la moglie/serva/mamma lavora chiuderà, un figlioletto inspiegabilmente super intelligente, super simpatico, super consapevole dei difetti dei genitori che è saggio e comprensivo.
E lui, il protagonista, un cameriere stanco di fare il cameriere che decide di licenziarsi per trovare un altro lavoro che lo faccia guadagnare di più, in modo da permettersi tutti quei lussi di cui siamo vittime, più o meno inconsapevoli, ad ogni spot pubblicitario (televisori enormi, cellulari di ultima generazione, elettrodomestici costosissimi e inutili, eccetera eccetera eccetera).
Insomma, un idiota.
E inizialmente ci riesce pure, diventando rappresentante di aspirapolvere e vendendone in gran quantità, ma presto la goduria consumistica termina, lasciandolo indebitato con le finanziarie che battono cassa, (gli pignorano tutto) e termina anche la storia con la moglie/serva/operaia che a quel punto lo butta fuori di casa.
La gag che più di tutte non mi ha fatto ridere per nulla è stata l'improbabile promessa che il protagonista fa al figlioletto: se avesse preso a scuola tutti 10 lo avrebbe portato a fare una vacanza "fantastica". Il figlio mantiene la promessa, e lui, disorientato e arrabbiato, va dalla maestra per convincerla a dare al figlio almeno un nove... (Giulia non capiva l'ironia, che in effetti sfuggiva anche a me, ma in sala tutti ridevano...).
Nel solito intermezzo bucolico, dove padre e figlio si recano da una vecchia parente nella campagna molisana per la famosa vacanza a quel punto per nulla fantastica, fatta di luoghi comuni sulla vecchiaia contadina che forse non esiste neanche più (aggiungerei un purtroppo, ma Zalone non ce l'ha aggiunto, anzi), degli sprazzi di tragica ironia sul mondo dei ricconi disonesti che vivono nel mondo del superfluo, dove padre e figlio intoppano per caso e sempre per caso ne assaporano l'odore e ovviamente ne godono appieno.
Ma non è chiara l'intenzione del regista, oltre a non farci ridere per niente: quel mondo lo vorrà condannare o in qualche modo simpaticamente assolvere?? In questo ambiente ricco e disonesto, inspiegabilmente, Checco Zalone riesce a coinvolgere anche un debolissimo e impacciato Marco Paolini che fa il ruolo di un corrotto che non sa di nulla, non fa né ridere né riflettere.
Ho sbadigliato.
Alla fine la fabbrica dove lavora la moglie/serva/operaia non chiuderà più, l'amore trionferà, e quindi probabilmente l'inutile e il futile potranno riaffacciarsi nella vita di questa famigliola triste triste che però, con questo film, ha fatto ridere tutta l'Italia, e che pare a inizio dicembre avesse già incassato 50.000.000 di euro.
Io e Giulia siamo uscite dal cinema, dove fra l'altro faceva un freddo cane, e ci siamo guardate negli occhi: lei non ha capito perché non ha riso, io non ho capito perché ce l'ho portata e mi sono sentita una cretina ma cretina cretina cretina, ma insomma... almeno eravamo d'accordo, ecco.

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