Anche per questo, quando abbiamo scoperto “Girls”, prodotta dalla Hbo dalla primavera 2012, la prima sensazione è stata quella di una liberazione. Perché le protagoniste di questa serie televisiva, quattro come Carrie & co., sono accomunate da un unico, fondamentale punto di forza: la loro assoluta imperfezione.
Hannah, Jessa, Marnie e Shoshanna, ventenni o
poco più trasferitesi in massa nella Grande Mela, sono tutte sbagliate. Le loro
esistenze sono costellate da chili di troppo, ambizioni eccessive, relazioni
fallimentari, sesso disastroso, contratti atipici e conti in banca perennemente
in rosso. Esattamente come le nostre, insomma.
E se questo non bastasse a conquistarci
definitivamente, c’è da dire che a fare da sfondo alle loro avventure non ci
sono le favolose luci di Manhattan, ma l’atmosfera “underground” e decisamente
più colorata e affascinante di Brooklyn, con incursioni nei locali e nelle
gallerie dove si concentrano le tendenze musicali, modaiole e artistiche del
momento. Così come deliziosamente indie è la colonna sonora, che alterna brani
di Camera Obscura, Belle and Sabastian, MGMT, The Echo Friendly, Scissor
Sisters.
Certo, l’eredità di “Sex and the City” rimane
ben presente, come dimostra l’esplicito omaggio alla serie madre messo in bocca
a Shoshanna nella prima puntata, quando la ragazza utilizza Carrie, Miranda,
Charlotte e Samantha come modelli da applicare alle amiche per identificarle.
Ma quello dipinto da “Girls” è un universo più ingenuo e disincantato al tempo
stesso, il racconto di un’età in cui nessuno è al riparo da errori grossolani e
delusioni cocenti, perché non si è fatto in tempo ad affinare quegli strumenti
di bon ton o semplice sopravvivenza che le eroine trentenni di SATC sanno
maneggiare così bene, ma anche perché i tempi, dai luminosi anni Novanta, sono
cambiati, il faro del successo ha smesso di brillare e tentare di “fare strada”
in una metropoli come New York può avere un costo, emotivo oltre che economico,
oneroso e a volte insostenibile.
Bando al modello della donna in carriera,
dunque. Anche dal punto di vista dello stile. Via paillette, tacchi
vertiginosi, piume di struzzo e firme di haute couture, e largo a una combinazione,
a volte totalmente casuale, di pezzi vintage e catene low cost, che dà origine
ad outfit economici, divertenti e a volte clamorosamente improbabili. Ma veri,
sempre e comunque. Come vera è Lena Dunham, 27 anni, ideatrice, sceneggiatrice,
regista e interprete principale della serie: veste il ruolo dell’aspirante
scrittrice Hannah Horvath, con cui condivide un disturbo ossessivo-compulsivo.
Che non le ha impedito di vincere, proprio grazie a “Girls”, il Golden Globe
come migliore attrice in una serie commedia o musical, un Golden Globe come
miglior serie-commedia, quattro nomination agli Emmy e di diventare la prima
prima donna a vincere il Directors Guild Award for Outstanding Director in a
Comedy Series. In Italia le prime due stagioni di “Girls” sono state trasmesse
da Mtv.
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