Pochi giorni fa lo abbiamo incontrato di nuovo in occasione della presentazione di "Knight of the Night" (Cavaliere della notte), la straordinaria mostra aperta fino al 18 dicembre alla Galleria Il Ponte (via di Mezzo 42b, Firenze, www.galleriailponte.com).
"Sono un artista del medioevo" spiegava durante la conferenza stampa nella seconda sala della galleria sotto le sue gigantesche "carte" riempite di infiniti segni tracciati con una comune penna biro e con acquerelli a ritrarre o evocare il principe di gran parte del suo lavoro: lo scarabeo dalla brillante corazza verde.
Sul muro della prima sala le opere scultoree si alternano a brani del suo "Diario Notturno": a mo' di presentazione ciò che Fabre ha scritto ad Anversa il 14 giugno del 1981: "Disegno forti e castelli sin da ragazzo. Sogno di possedere un castello. E di riportare in auge la tradizione cavalleresca. e di non innalzare più la passione salvatrice, che è angoscia, ma di sconfiggerla, di annientarla".
E cosa caratterizza un Cavaliere del medioevo se non una pesante corazza che magari lo rallenti nei movimenti ma soprattutto lo protegga dai nemici e più in generale dagli eventi ostili che sempre lo minacciano? La vulnerabilità dell'uomo è l'ossessione di Fabre, anzi meglio è l'origine della sua ispirazione, il concetto intorno al quale costruire una visione del mondo, della storia e dell'utopica sconfitta futura della vulnerabilità stessa : non a caso Bruno Corà intitola il suo testo, sul bel catalogo edito da Gli Ori, "Il cavaliere di un umanesimo a venire".
"Per il mio lavoro mi sono sempre ispirato all'antica pittura fiamminga, quella medievale con quel bellissimo Cristo ferito e deriso simbolo straordinario di quella vulnerabilità che ci accomuna"
Nella prima sala affascinanti e cangianti teschi/maschere coperti delle corazze degli scarabei e di altri insetti, busti, gambe e braccia di corazze umane forti e preziose dei brillanti colori di queste creature oggetto e materiale di lavoro di un geniale entomologo/artista.
Il collegamento fra il cavaliere medievale e il mondo di questi insetti è chiarissimo: sia l'uno che gli altri sono esoscheletri, sono "tenuti insieme" e protetti dalla rigida corazza che è la risposta prima ed essenziale alla loro intrinseca vulnerabilità.
"Nelle creature esoscheletre sotto la corazza c'è più posto per l'anima" dice, e sul muro si legge ancora "Mi piace essere il nemico. Cerco sempre un'opposizione. Non voglio essere uguale al nemico. Voglio combattere solo contro i giganti". E nell'intensissimo video proiettato a tutta parete nella sala sotterranea della galleria si assiste ad un aspro scontro che il cavaliere errante Jan Fabre, coperto di una pesantissima armatura, protetto dallo scudo e armato di un feroce spadone, ingaggia, in un antro buio di un castello, contro un nemico invisibile e potentissimo, nemico esterno ma certamente anche interno.
Nemico così potente da lasciarlo esausto, sfinito dalla fatica, dall'inutilità dello scontro stesso, dalla sua testarda presunzione.
"Sono un artista del medioevo" spiegava durante la conferenza stampa nella seconda sala della galleria sotto le sue gigantesche "carte" riempite di infiniti segni tracciati con una comune penna biro e con acquerelli a ritrarre o evocare il principe di gran parte del suo lavoro: lo scarabeo dalla brillante corazza verde.
Sul muro della prima sala le opere scultoree si alternano a brani del suo "Diario Notturno": a mo' di presentazione ciò che Fabre ha scritto ad Anversa il 14 giugno del 1981: "Disegno forti e castelli sin da ragazzo. Sogno di possedere un castello. E di riportare in auge la tradizione cavalleresca. e di non innalzare più la passione salvatrice, che è angoscia, ma di sconfiggerla, di annientarla".
E cosa caratterizza un Cavaliere del medioevo se non una pesante corazza che magari lo rallenti nei movimenti ma soprattutto lo protegga dai nemici e più in generale dagli eventi ostili che sempre lo minacciano? La vulnerabilità dell'uomo è l'ossessione di Fabre, anzi meglio è l'origine della sua ispirazione, il concetto intorno al quale costruire una visione del mondo, della storia e dell'utopica sconfitta futura della vulnerabilità stessa : non a caso Bruno Corà intitola il suo testo, sul bel catalogo edito da Gli Ori, "Il cavaliere di un umanesimo a venire".
"Per il mio lavoro mi sono sempre ispirato all'antica pittura fiamminga, quella medievale con quel bellissimo Cristo ferito e deriso simbolo straordinario di quella vulnerabilità che ci accomuna"
Nella prima sala affascinanti e cangianti teschi/maschere coperti delle corazze degli scarabei e di altri insetti, busti, gambe e braccia di corazze umane forti e preziose dei brillanti colori di queste creature oggetto e materiale di lavoro di un geniale entomologo/artista.
Il collegamento fra il cavaliere medievale e il mondo di questi insetti è chiarissimo: sia l'uno che gli altri sono esoscheletri, sono "tenuti insieme" e protetti dalla rigida corazza che è la risposta prima ed essenziale alla loro intrinseca vulnerabilità.
"Nelle creature esoscheletre sotto la corazza c'è più posto per l'anima" dice, e sul muro si legge ancora "Mi piace essere il nemico. Cerco sempre un'opposizione. Non voglio essere uguale al nemico. Voglio combattere solo contro i giganti". E nell'intensissimo video proiettato a tutta parete nella sala sotterranea della galleria si assiste ad un aspro scontro che il cavaliere errante Jan Fabre, coperto di una pesantissima armatura, protetto dallo scudo e armato di un feroce spadone, ingaggia, in un antro buio di un castello, contro un nemico invisibile e potentissimo, nemico esterno ma certamente anche interno.
Nemico così potente da lasciarlo esausto, sfinito dalla fatica, dall'inutilità dello scontro stesso, dalla sua testarda presunzione.
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