Vi presento un capolavoro.
La globalizzazione, si sa, ha tanti volti. Tra questi, ce n’è uno spietato. E’ quello fatto di fabbriche migrate nei paesi poveri, di diritti inesistenti, di lavori ed esistenze appese al filo fragile e capriccioso del mercato o delle ambizioni di manager senza scrupoli. Nessuno, secondo me, è riuscito a raccontare la faccia disumana e feroce della globalizzazione come ha fatto il film tedesco “Vi presento Toni Erdmann”.
Toni Erdmann si chiama in realtà Winfried Conradi. Oltre che un insegnante di musica in pensione, è la versione tedesca di uno degli Amici miei di Monicelli. E’ una inesauribile fucina di scherzi e beffe. La figlia, però, non li gradisce. E’ una manager mandata in Romania a far il lavoro sporco per conto di una multinazionale. Ora non ride più, non scherza più, non è più capace di pietà. E' una belva, come la definisce orgoglioso il suo superiore. E’ allo stesso tempo carnefice e vittima della globalizzazione, ingranaggio di un meccanismo che si svuota poco a poco di umanità, fino a diventare mostruoso.
Il film è una galleria di mostri della globalizzazione: giovani mogli russe che “adorano andare nei paesi dove c’è il ceto medio, perché mi rilassano”, manager che sono più lupi che uomini, etc. Ma è qui che interviene Toni Erdmann, lo sgangherato personaggio inventato da Winfired per recuperare la figlia. Il suo inesauribile humor è il granello di sabbia capace di inceppare, almeno in parte, l’infernale meccanismo della globalizzazione.
Ne nasce un film sempre spiazzante, divertente, imprevedibile, talvolta commovente, la rivincita della leggerezza sull'impoverimento umano prodotto dalla globalizzazione. In altre parole, "Vi presento Toni Erdmann" è un capolavoro.