Ho
visto, ormai da parecchi giorni, l'ultima fatica (è il caso di
dirlo) di Inarritu. E' già passato un pò di tempo e, ripensandoci,
trovo che, certo, è stato un bello spettacolo. Due ore e mezza
trascorse bene ma... fin dall’inizio del film, ho provato una
sensazione strana: quella di conoscere già la storia, insomma di
averlo già visto. E non avevo tutti i torti. Agli inizi degli anni
’70 ebbe presa sul pubblico un filone di bei western, (il western
crepuscolare) di cui molti filo-pellerossa, come Corvo rosso non
avrai il mio scalpo di Sidney Pollack o Soldato blu di Nelson o
Piccolo grande uomo di Arthur Penn, e altri che hanno segnato una
inversione di rotta e hanno offerto una rilettura della storia del
West affrancando finalmente i pellerossa dall’eterno ruolo di
“cattivi”. Tra questi si fece notare Uomo bianco, và col tuo
dio! , non tanto per filo-indianismo ma per l’inedito conflitto
all’ultimo sangue dell’uomo solo e abbandonato a sè stesso
contro una natura ostile che pare volere solo la sua morte. E’ del
1971 , protagonista un memorabile Richard Harris , diretto da Richard
C. Sarafian che non ha fatto molti film ma quei pochi sono ricordati
dallo spettatore a distanza di decenni. (Punto zero, La terra si
tinse di rosso, ecc.) La storia è la stessa, il personaggio è
proprio lo stesso Hugh Glass , c’è il grizzly che lo attacca, c’è
il desiderio di vendetta su chi lo aveva lasciato condannandolo a
morire, insomma è proprio quella storia lì. Ma perché non lo dice
nessuno che The Revenant è un remake? Che male c’è? Comunque
…difficile inventare storie nuove eh…
Fin
qui l'amico Riccardo Pangallo al quale ho chiesto il permesso di
citare le sue parole nel mettermi a scrivere di The Revenant.
Confesso che “Uomo bianco, và col tuo dio!” non devo averlo
visto o non me lo ricordo, ma la sensazione di remake l'ho avuta
anche io, e diverse volte, durante la proiezione.
Per
chi non l'avesse visto una raccomandazione: COPRITEVI BENE! I
personaggi si muovono tutti in un Nord Dakota gelato, alle sorgenti
del Missuri, e come se non bastasse hanno sempre i piedi nell'acqua!
Per i più freddolosi si consiglia di portarsi dietro un cavallo
morto.
Tornando
a quell'aria di déjà vu che aleggia nella sala non credo però che
Alejandro
González Iñárritu (premio Oscar per il miglior film, miglior regia
e miglior sceneggiatura originale dell'anno scorso per Birdman) abbia
fatto anche un Remake di Tex tenderei ad escluderlo. Anche se l'eroe
di Sergio Bonelli è un bianco, come Hugh
Glass, che ha sposato una nativa
navajo, Lilyth, Glass una Pawnee.
Tutte e due le donne moriranno presto dopo aver generato un figlio:
Kid per Tex e Haowk per il personaggio interpretato da Di Caprio che
se non prende l'oscar qui può mettersi a fare l'ortolano.
Certo
è che dopo pochi minuti sai già perfettamente come si svolgerà la
storia, fino alla fine.
Quello
che non sai è che nel mezzo c'è una recitazione grandiosa, una
fotografia speciale, dei paesaggi mozzafiato.
Ma
la storia è la solita (the same old story): l'eroe viene massacrato
da una grizzly, gli viene ucciso il figlio e viene abbandonato a
morte certa.
Lo
dici te! Noddavvero, si salva, Non si sa come (nemmeno una
frattura!), E vive solo per la vendetta. Glass/Di Caprio e
Fitgerald/Tom Hardy per tutto il film colpivano con la stessa
precisione indiani e zanzare. Trovatisi finalmente di fronte non si
contano gli spari andati a vuoto: calo della vista? No, è che devono
annodarsi in un corpo a corpo sanguinario come tutti i film di questo
genere, esasperante e violentissimo con tanto di accettate sulle
dita.
Ma
come non c'è proprio niente di nuovo? In verità c'è: il cattivo
prima di soccombere definitivamente dice una frase: “la vendetta
non ti restituirà tuo figlio”. Insomma dice una stronzata ovvia al
cospetto della quale Di Caprio ha un'espressione incerta. Sono
convinto che ha capito anche lui che se si fosse mostrato sorpreso o
colpito da una scemenza del genere l'oscar se lo doveva sognare anche
questa volta.
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