31/03/14

QUANDO C'ERA BERLINGUER di Gianni Caverni

Noi si gridava "Viva Marx, viva Lenin, viva Mao Tse Tung!" Loro "Gramsci, Togliatti, Longo e Berlinguer!" E un po' me ne vergogno, chè noi s'era rivoluzionari e loro riformisti.

 

Il film (docufilm non ce la faccio proprio) di Walter Veltroni su Enrico Berlinguer va visto, va visto per un monte di motivi: e il primo è per vedere chi viene al cinema a vederlo. Chi si aspetta che l'età media degli spettatori sia piuttosto alta non ha sbagliato di molto, certo ci sono piacevoli eccezioni, ma in linea di massima ci sono tanti capini bianchi in coda per entrare. Eravamo lì, all'Astra 2, a Firenze, dalle 21 e 45 di domenica 29 marzo perché allo spettacolo delle 22,30 c'era Veltroni che presentava il film e i posti, nel cinema di Piazza Beccaria, non sono numerati e chi arrivava prima prendeva i posti migliori.

 

Ora mi viene anche in mente che noi si faceva anche Bee bee Berlinguer alle manifestazioni, e alle nostre riunioni nelle sedi puzzolenti di fumo il Compromesso storico era una parolaccia.

 

 

Un altro motivo per andarlo a vedere, il film, è per gustarsi lo sconcerto che ci procura sentire ragazzi delle scuole superiori o dell'università non saper rispondere alla domanda di chi fosse Berlinguer: un cantante, un mafioso, un dittatore, uno di destra estrema? E insomma noi che non capiamo bene (per niente) cosa sia un virus che ci massacra il pc se non altro chi sia stato Berlinguer lo sappiamo bene.

 

Poi anche perché fa piacere rivedere Pasolini che si aggira fra le dune di una spiaggia.

 

Poi anche perché è una festa dell'anima (ammettiamolo) vederlo sorridere quando risponde ad un giornalista che gli chiede cos'è che dicono di lui che gli fa più male e lui risponde "che sono triste, perché non è vero".

 

Perché ci sono le scene dei funerali, scene impressionanti, con una folla pazzesca, le lacrime della gente comune e dei militanti. E quel giovane a torso nudo aggrappato all'inferriata di una finestra per vedere meglio e far vedere meglio al feretro il suo convinto pugno chiuso. E le immagini delle riunioni dei registi con Lizzani, Citto Maselli, Rosi fra gli altri per preparare le riprese dei funerali.

 

Ma il motivo principale secondo me è che molto si sta a seguire la morte di Berlinguer, il suo discorso a Padova, faticoso, estenuato, con lo sguardo preoccupato di chi gli sta attorno sul palco, e si sentono le voci preoccupate che gli urlano "Basta basta" di chi era in grado di vedere e capire che si stava consumando un dramma non solo umano ma politico, non stava morendo un uomo soltanto, stava morendo un paese, o almeno un tipo di paese, un sentire comune, una civiltà. A chi seduto accanto a me che mi chiedeva se moriva sul palco ho risposto di sì, perché me lo ricordavo proprio bene nella mia tv in bianco e nero che Berlinguer si accasciava mentre parlava al microfono. E invece no. Eppure ci avrei giurato, me lo ricordavo come fosse ora! Veltroni ha detto che la morte di Berlinguer è stato l'undici settembre della sinistra e ognuno di noi non si è mai dimenticato dov'era l'undici settembre. Non so che pensare, che devo aver fatto della mia memoria per ricordarmi la sua morte in diretta? Che deve aver fatto questo paese per arrivare a far dire oggi a dei ragazzi innocenti che Berlinguer era un cantante, un mafioso, un dittatore, uno di destra estrema?

29/03/14

STORIE (VERE) DI BIMBI / 2: DA GRANDE SARO’ MUSULMANO di Domenico Coviello


Elvis: “Ciao papà” (Elvis, 10 anni è appena rientrato in casa)

Vittore: “Ciao Elvis, come va?”

Elvis: “Bene… ti devo dire una cosa”

Frrrrssssshhhhhhhhhhh, bam, din, don… Vittore è in cucina e sta lavando pentole, piatti e bicchieri sotto l’acqua

Vittore: “Dimmi”

Elvis: “Da grande voglio diventare musulmano”

??….!!


Pentole, piatti e bicchieri si rimettono a posto da soli. Scende il silenzio.
 
Vittore, uomo progressista e di larghe vedute, questa però non se l’aspettava. Cerca di riassestare le idee e si asciuga lentamente le mani sul grembiule per prendere tempo. Poi si volta verso il figlio maggiore.

Vittore: “Umhh…ah… e come mai?”

Elvis: “Mi piace l’Islam, l’abbiamo studiato in classe”

Vittore: “E cosa ti piace dell’Islam?”

Elvis: “I Cinque Pilastri… Ma soprattutto il Terzo”

Vittore: “Ehm… beh…”

Elvis: “Te lo dico io, papà: è la giustizia sociale! Ogni musulmano deve versare una parte dei guadagni del suo lavoro alla comunità perché li dia ai poveri”

Vittorio: “Ecco. Mi sembra ottimo…”


Ivan, a cui Vittore ha raccontato l’episodio, pensa fra sé che quando aveva l’età di Elvis si parlava di giustizia sociale come un concetto laico o cristiano, e l’idea dei “poveri da aiutare” era ricompresa nella parola “solidarietà”.
 
Oggi Elvis lo impara dall’Islam. Da grande probabilmente non diventerà musulmano, ma di certo andrà controcorrente. “Sai – disse una volta a Ivan – quando un mio compagno prende una nota dalla maestra perché non ha studiato, anche se se la merita, io ci resto male”. Lui di note non ne prende, perché è uno studente modello. Ma non gode delle sventure dei compagni, non disprezza chi resta indietro, aiuta chi non ce la fa. Elvis non lo sa ma mette già in pratica i rudimenti della giustizia laica, della compassione buddista o cristiana. O la filosofia che sta alla base del Terzo Pilastro dell’Islam. Questo invece lo sa bene: è l’idea che lo ha conquistato.

24/03/14

FLINT & KLAUS di Gianni Caverni


Prologo

Aspetto.

Innanzitutto non sono solo che solo sarebbe peggio. Che tipi sono? Due … rassicuranti? Si si … forse … ma si! Ma se si fermano prima? Beh se si fermano prima mi fermo anch’io, poi si starà a vedere. A volte qualcuno mi dice hei Flint, grande e grosso come sei hai paura? Si, ho paura, di una cosa così, e allora? Gli spaccherei il grugno perché proprio questo sarebbe quello che si meritano, cazzo! Non dico tirare fuori la pistola e fare piazza pulita … ma dargli una bella lezione con queste manone qui, quello sì! Si ho paura, paura, e allora? Ma avete un’idea di chi è Klaus, cazzo?! Non ce l’avete, non ce l’avete.

Ma sto calmo … che uno che fa il mio lavoro li deve avere i nervi saldi … e io li ho abbastanza. Anche se a volte da qualche tempo … e allora un bel giorno mi sono detto ascolta Flint, va tutto ok, ok? Si, ok! Ma se poi ti scappa di esagerare? Come quella volta della Nannini? Sono guai grossi, dont forghet! E allora la pistola nella fondina di cuoio sotto l’ascella sinistra c’è, ma i proiettili li tengo nella tasca dei pantaloni, quella destra, con le monetine. Che spesso basta tirarla fuori la pistola e vedi come si calma la gente, anche quelli che facevano tanto i duri. Respirazione, via: inspira espira inspira espira ….

 

T – 1

Entrano. Entro anche io.

Vai, deciso, ora non si torna indietro! Guardo davanti, sento il rumore della porta che si chiude alle mie spalle, siamo solo noi 3, ma lo so bene che non sono loro la minaccia. Faccio finta di nulla, lo so che Klaus è da qualche parte che mi aspetta, lo so che può prendermi alla gola con una morsa d’acciaio da un momento all’altro, lo so, ma non devo fargli vedere che ho paura. Che faccia faranno questi due se fra poco si troveranno spettatori di uno scontro estremo, senza regole, feroce. Speriamo di no, dai speriamo di no. Comincio a sentirne la presenza, quasi il respiro di Klaus, ma non mi guardo intorno, non serve, lo decide lui quando farsi vivo e quando farmi morto.

Attento Flint, fai qualcosa per non pensarci perché sennò gli dai troppo vantaggio! Leggi, dai, mettiti a leggere Firenze dichiara guerra ai lavavetri, fino a tre mesi di arresto, Bossi: ora sciopero delle latterie … e che c’entra coi fucili? No, lotterie, lotterie! Chiara: spunta un vestito insanguinato.


1 – 2 

E uno.

Sta per darmi un colpo alle ginocchia, forte, da farmi cadere come un birillo, quasi sento i morsi dei suoi cani maledetti, neri e silenziosi, mi si piegano già le gambe nell’attesa. Gli può bastare questo per ora, Klaus è crudele, e a suo modo raffinato, in fondo sa che il suo miglior alleato è la mia paura … e la cosa che Klaus fa meglio è attendere.

Fucili di Bossi, Berlusconi non dice di no Addio Trentin, in migliaia salutano un uomo libero non devo chiudere gli occhi però, senti come fa caldo? Ma anche vedere non mi fa bene, la visione periferica mi manda segnali confusi che poi finisco magari per interpretare male … metto le mani intorno agli occhi fingendo un prurito, i giornali sono sotto le ascelle strette … la pistola che sento premermi sulle costole non mi servirà, almeno contro Klaus è proprio ferraglia inutile, lo so, e lo sarebbe anche con i proiettili dentro cazzo cazzo cazzo culo culo culo non posso chinarmi, non posso abbracciarmi, non posso urlare. Per potere potrei ma magri questi due si spaventano e pensano chissà cosa e poi ci faccio una figura di merda cazzo cazzo cazzo culo culo culo! 

 

2– 3 

Fischio, posso fischiare.

Ma che dico che non mi è mai riuscito farlo! Stai a vedere che mi riesce qui! A questi due scemi ce la posso anche fare a fargli credere che tutto va bene, che è tutto normale, ma Klaus mi conosce bene, mi conosce meglio di chiunque altro e lo sente il puzzo del mio terrore, mi sta guardando da qualche angolo oscuro e si struscia le mani forti guantate di nero e forse sperimenta la tenuta del filo d’acciaio con cui mi prenderà alla gola. E poi chi sono questi due stronzi? Nemmeno mi ricordo, uomo e donna? Uomo e ragazzo? Non li ho nemmeno guardati e non li guardo certo ora che non devo muovermi di un millimetro. Non contano, non valgono nulla nemmeno come testimoni … che possono testimoniare? Per loro non è successo nulla di strano fino a quando io … sempre se Klaus attacca. Comunque sono sicuro che non lo vedrebbero nemmeno. Allora?! Che cazzo aspetti?! Ti decidi a farla finita?! Ormai manca poco, dai colpiscimi, devastami e non se ne parli più! Non ho pauraaaaa! No no Klaus scherzavo, si ho paura, ho paura, tranquillo, no dicevo per dire, ma figurati … dai ti prego Klaus ...

 

Epilogo 

Ok, si apre la porta.

 

Prego prima voi, erano un uomo e una donna. Il sangue scorre normale ora, mi sembra. Certo che fare il detective privato in queste condizioni non è semplice, bisogna che ci pensi su. Non ha torto Kate: e se mi mettessi con suo fratello? Io a fare il turno della mattina presto all’edicola che lui vorrebbe dormire un po’ di più dopo tanti anni? Una cosa è certa: scendere scendo a piedi, sono solo tre piani, un Klaus-trofobo non lo deve prendere l’ascensore, cazzo! Vaffanculo Klaus, lo dico con simpatia, naturalmente.

 

 

 

 

Scritto a fine agosto 2007 come si evince dai titoli del giornale. Flint (e io) abbiamo cambiato casa un paio di anni dopo. Adesso stiamo al settimo piano: la claustrofobia ci è passata come per incanto.

18/03/14

PONTORMO E ROSSO A PALAZZO STROZZI di Gianni Caverni

"Protagonista è l'uomo, poco la natura, come in Michelangelo, come nel Tondo Doni che è rimasto agli Uffizi nonostante sia il padre di tutti e due" spiega Cristina Acidini, soprintendente del Polo museale fiorentino, alla presentazione di Pontormo e Rosso Fiorentino - Divergenti vie della "maniera".
Si tratta della mostra che raccoglie fino al 20 luglio in Palazzo Strozzi più di ottanta opere, molte provenienti anche da prestigiosi musei stranieri come la National Gallery di Londra e di Washington. il Louvre, il Kunsthistorisches Museum di Vienna, e che è facile prevedere sarà una delle mostre più visitate del prossimo panorama espositivo nazionale.
Curata da Antonio Natali, direttore della Galleria degli Uffizi, e da Carlo Falciani, docente di Storia dell'arte, la mostra che si articola in 10 sezioni, accompagna i visitatori attraverso le nuove ricerche filologiche, storiche e iconologiche che si sono sviluppate dal 1956, da quando cioè proprio Palazzo Strozzi ospitò la Mostra del Pontormo e del primo manierismo fiorentino.
La tesi dei curatori, come chiarisce il sottotitolo della mostra, è quella di sfatare l'idea di Pontormo e Rosso voci gemelle di quel periodo della Firenze artistica che il Vasari definiva "Maniera moderna": percorsi diversi e divergenti dunque che, in estrema sintesi, vedevano da una parte il primo più propenso a guardare al mondo ed in particolare all'Europa facendo lezione di artisti come il Durer e dall'altra il secondo invece rivolgere la sua attenzione alla tradizione ed alla storia artistica propriamente italiana.
A parte la somiglianza dell'ancella alla volumetria di alcune figure del Picasso neoclassico, la Morte di Cleopatra del Rosso denuncia questa impostazione attraverso l'evidente richiamo dell'Arianna addormentata, la scultura antica che nel '500 era considerata una rappresentazione di Cleopatra stessa.
Lo sviluppo della mostra, il cui allestimento è stato progettato dall'ottimo Luigi Cupellini, inizia dagli esordi nel Chiostrino dei Voti della chiesa della Santissima Annunziata nel quale si trovano i due affreschi del Pontormo e del Rosso e quelli di Andrea del Sarto, di poco più anziano eppure riconosciuto come maestro.
Si sviluppa poi, in una lettura cronologica parallela, che passa dalla Madonna delle arpie di Andrea del Sarto dalla quale partono la Pala dello spedalingo del Rosso e la Pala Pucci del Pontormo, vie appunto divergenti che porteranno quest'ultimo a diventare l'artista preferito dai Medici e il Rosso il pittore amato dai nobili fiorentini loro oppositori culturalmente e politicamente.
Durante la parentesi repubblicana i due producono opere straordinarie e dimostrative di quanto ormai li separi: la Deposizione del Rosso per Sansepolcro e la Visitazione del Pontormo per Carmignano (finalmente magnifica dopo l'accurato restauro e sotto luci perfette al contrario di quanto era nella Chiesa di san Michele, dove naturalmente tornerà a mostra finita).
"Era una mostra bella o di begli oggetti?" domandava Carlo Del Bravo ai suoi studenti di ritorno da un'esposizione: lo testimonia Natali che si augura, a ragione, che in questo caso si tratti di una mostra bella, anzi bellissima, aggiungo. "Certo che la Firenze di allora chiamò il 23enne Andrea del Sarto ad affrescare il Chiostrino dei Voti e pochi anni dopo lui chiamò a continuare il lavoro un Pontormo 22enne e un Rosso 23enne: da tempo immemorabile ormai la Firenze di oggi non da il via alla costruzione della loggia con cui Isozaki ha vinto un regolare concorso nel 1998".
Da non perdere il video che Bill Viola ha dedicato alla Visitazione di Carmignano e la documentazione fotografica dei Tableau vivant della Deposizione di Pontormo e di quella del Rosso realizzate per il film La ricotta da Pier Paolo Pasolini.
www.palazzostrozzi.org.



16/03/14

LE MERAVIGLIOSE STORIE DELLA DOTT.SSA K: LA PRIMAVERA DELLA SESSUALITA’ di Domenico Coviello


Francesco (nome di fantasia, 16 anni, rivolto alla sua giovane psicoterapeuta): “…Come m’avevi detto che si chiama il tuo fidanzato?...”

Dott.ssa K: “Non te l’avevo detto”

Francesco: “Ah…Ma io lo spezzo in due!..”

Dott.ssa K: “Sei forte, allora” 

Francesco. “Sono un maschio Alfa!” 

Dott.ssa K: “Sai cosa vuol dire?” 

Francesco: “Certo, che c’entra…” 

Dott.ssa K: “Mmmh” 

Francesco: “Un mio compagno di classe t’ha visto mentre uscivi dallo studio…” 

Dott.ssa K: “Può capitare” 

Francesco: “E sai cos’ha detto? 

Dott.ssa K: “Cos’ha detto…” 

Francesco: “Ma quella è una bella topa!” 

Dott.ssa K: silenzio. E un sorriso.

14/03/14

NUOVO DIRETTORE DEL MUSEO PECCI: SI’, NO, FORSE, SI’ di Gianni Caverni

E' stato tutto talmente complicato e, diciamolo, ai limiti del ridicolo, che non ci pensiamo nemmeno a fare un riassuntino della vicenda della nomina del nuovo direttore del Museo di arte contemporanea Luigi Pecci di Prato.
Fra il sindaco Cenni che dice che il direttore è stato già deciso ma non si dice, Sgarbi che definisce l'incarico che starebbe per dargli il sindaco quello di "Alto Commissario per le Arti, con delega alla gestione di tutti i musei e tutte le attività culturali di Prato" (me'cojoni direbbero a Roma), lo stesso Sgarbi che, per non smentirsi come simpaticone, aggiunge "dunque, prima nominino me come Alto Commissario (maiuscolo of course, n.d.r.), poi se vogliono mettere un direttore/custode al Pecci facciano pure. Più di un custode, a quel punto, non potrà essere".
Intanto sembra appunto che il direttore/custode prescelto sia Fabio Cavallucci che conosciamo bene da quando curava Tuscia Electa (la manifestazione d'arte diffusa nel Chianti) e che sappiamo essere ottima persona, intellettuale di gran qualità, appassionato intenditore e promotore di arte contemporanea.
Per queste sue qualità è stato fra l'altro chiamato a dirigere la Galleria Civica di Trento e attualmente è direttore del Castello Ujazdowski di Varsavia dove probabilmente si trova e dove non siamo riusciti a raggiungerlo telefonicamente. Se lo conosco bene non mi sembra proprio il tipo che ha il carattere ed il curriculum per svolgere serenamente e senza rompere il ruolo di "direttore/custode".
Fra l'altro a pochissimo dalla scadenza del suo mandato (le lezioni comunali sono previste per il prossimo 25 maggio) il sindaco Cenni sembra dunque intenzionato a proseguire una pessima tradizione, quella di nominare all'ultimo tuffo qualcuno per un incarico nuovo del quale non mi pare, ma magari mi sbaglio, di sentire l'impellente esigenza.
Se poi aggiungiamo che Sgarbi non sembra essere il tipo che si è mai accontentato delle briciole c'è da chiedersi dove possa prendere l'amministrazione comunale i soldi per remunerare un cotanto "Alto Commissario per le Arti, con delega alla gestione di tutti i musei e tutte le attività culturali di Prato". Se il compenso del direttore del Pecci è stabilito nello stesso bando, non altrettanto è per l'Alto Commissario e i tempi non sembrano essere i più adatti per elargizioni nuove e così corpose. E se il risultato delle elezioni fosse favorevole ad un candidato diverso ma soprattutto di diversa collocazione politica il nuovo sindaco si troverebbe a dover onorare una scelta, probabilmente economicamente significativa e ancora più probabilmente da lui non condivisa, effettuata pochi giorni prima dal suo predecessore.
Ottimo no?

11/03/14

PELLA MOR DIDDIO!


Nuovo logo di Firenze | FOTO
Il nuovo brand (brand?) di Firenze. Fabio Chiantini ha vinto su oltre 2400 partecipanti che hanno presentato oltre 5000 proposte di logo

O le altre com'erano?!




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LE MERAVIGLIOSE STORIE DELLA DOTT.SSA K. di Domenico Coviello


Dott.ssa K.: “Come stai Ilaria?”
 
Ilaria (nome di fantasia, 8 anni), fissa a lungo, in silenzio, la sua giovane psicoterapeuta: “Sai, il problema è che i maschi non capiscono nulla dell’amore, sono troppo presi dalla guerra…” 

Dott.ssa K.: “Sei sicura?” 

Ilaria. “Certo.. e a noi femmine che cosa rimane?” 

Dott.ssa K.: “Cosa rimane..” 

Ilaria: “Siamo per forza costrette a pensare solo ai vestiti!” 

Dott.ssa K. pensa fra sé: ‘questa è la ciliegina sulla torta di una giornata faticosa’: “Secondo te questa situazione potrà cambiare, Ilaria?” 

Ilaria: “Forse quando i maschi diventeranno più grandi si convinceranno che l’amore è importante”
 
Dott.ssa K.: “Speriamo!”

09/03/14

MISTER BANKS VA SALVATO! di Silvia Nardi Dei

Ieri sera sono andata a vedere Saving Mr. Banks. Questo film racconta del come e del perchè fu tanto travagliata la decisione della signora Pamela Lyndon Travers di cedere i diritti del suo libro Mary Poppins a Walt Disney, che ne voleva realizzare quello che diventò forse il suo film più celebre e che vinse 5 premi Oscar nel 1964. Sicuramente tutti avranno visto Mary Poppins e ne ricorderanno la trama.. io di sicuro, dato che con la scusa di farlo vedere a mia figlia, quando era piccina, l'ho visto e rivisto decine di volte.

Mi sono chiesta spesso il perché di questa mia ennesima affascinazione, ma fino a ieri sera non lo avevo capito fino in fondo neanche io. Quindi chiedo scusa, ma devo un pochino partire proprio da quel film, da Mary Poppins. A una prima visione la storia potrebbe essere riassunta così: a Londra, in un'epoca lontana, vive la famiglia Banks. Il padre George è un integerrimo banchiere, che gestisce la sua casa come se fosse un’impresa perfettamente funzionante, ma è difficile tenere tutto in ordine, con una moglie sempre indaffarata come Winifred e due vivaci figli come Jane e Michael . Nemmeno le tate riescono a stare dietro a tutto ciò, fino a quando non arriva Mary Poppins, che, come un forte vento su una strada ricoperta di foglie d’autunno, rimette in sesto la casa... sotto tutti i punti di vista. Con lei accanto nulla è come sembra, e una serie di chiacchierate fatte sul bordo di un soffitto, magiche passeggiate all’interno di dipinti di strada e fughe sui tetti polverosi di Londra, insegneranno alla famiglia Banks il vero significato dello stare insieme, godendosi ogni giorno e ogni possibilità. Quando non sai esattamente cosa dire, la parola che può salvare la situazione è supercalifragilistichespiralidoso e credo sia l’unica che si possa davvero utilizzare per cercare di dare un giudizio a un film come Mary Poppins. Il film è un vero e proprio prodotto dell’amore di tutte le persone che ci hanno lavorato: quello di Walt Disney


per le sue figlie, che anni prima gli avevano chiesto di trasformare il loro libro preferito in film; quello di Richard M. Sherman e Robert B. Sherman



che sono riusciti a costruire attorno ai personaggi una trama sonora capace di rendere vibrante di luce la nebbia più fitta di Londra.
E io, che ormai so di essere irrimediabilmente malata con le mie fissazioni cinematografiche, e che a suo tempo comprai un doppio dvd: uno del film restaurato per i 40 anni dalla sua realizzazione, e uno con vari aneddoti e racconti dei personaggi che contribuirono a realizzare questo capolavoro, di cui vi cito alcuni passaggi:
Un cameramen della troupe di allora: All'epoca, gli studi Disney erano totalmente diversi dagli altri. Sembravano quasi un Campus. Una delle più grandi doti di Walt era sapersi circondare di persone di talento e riuscire a stimolarne l'entusiasmo e lo spirito di collaborazione. Uno scultore che lavorò alla realizzazione delle scene: Sapeva quasi tutto, di noi. Si aggirava di sera per vedere cosa stavamo facendo. Se ti considerava in gamba, andava a controllare il tuo lavoro quando non c'eri. W.D. era l'uomo più meraviglioso per il quale abbia mai lavorato. Uno dei fratelli compositori delle musiche del film: Leggendo Mary Poppins rimanemmo incantati dai personaggi e dalle storie. Erano magnifici, ma non c'era un filo conduttore, era solo una serie di avventure. Mary arriva volando senza alcuna ragione apparente e vola via di nuovo alla fine, dopo mille meravigliose avventure. Un giorno W.D. , dopo due anni e mezzo di lavoro, ci disse che avremmo dovuto incontrare l'autrice del libro. Quando ormai avevamo scritto tutta la colonna sonora, io e mio fratello Bob eravamo del tutto allo scuro del fatto che W.D. avesse solo un'opzione sui diritti. Per due anni e mezzo ci eravamo dannati, del tutto ignari che spettasse alla signora Travers l'ultima parola. Eravamo comunque fiduciosi che all'arrivo della signora tutto sarebbe andato per il meglio, e invece fu esattamente l'opposto. Non le piacque nulla. Le conversazioni che ebbero sono tutte registrate. La Travers era un insieme di contraddizioni, una persona molto frustrante. Era una signora spigolosa, per molti aspetti. Era così restia nell'accettare l'idea che i genitori dei bambini diventassero più affettuosi e amorevoli. Diceva. NON SI TRATTA DI UN CAMBIAMENTO, PERCHE' LUI E' SEMPRE STATO DOLCE, MA INCUPITO DALLE PREOCCUPAZIONI. Ma la magia di Mary Poppins e il significato della sua esistenza, la ragione che ci spinge ad accoglierla nelle nostre vite, è che lei aggiusta le cose! La Travers si era presa trenta giorni per riflettere, e al trentesimo cedette ma volle rimanere consulente. Sembrava incredibile, dopo tutto quello che era successo, ma a 20 anni dall'inizio dell'odissea intrapresa da W.D., lei accettò che il film si facesse.
Il film di ieri sera racconta proprio di questo cambiamento di rotta della scrittrice, del motivo per cui alla fine consentirà che il film venga realizzato.

L'esser costretta a prendere la decisione sul film la costringerà a rivivere dentro di sé dei problemi personali, profondi e complessi. Mary Poppins l'aveva salvata dalle ferite della sua infanzia, e il film di ieri sera lo racconta molto bene.

Perciò non era facile per lei lasciare la sua creazione nelle mani di altri,  era psicologicamente difficile da accettare. Uno stato d'animo che il film affronta con una serie di insofferenze che, nel contesto, appaiono a volte anche divertenti e ridicole. Le sue sono prese di posizione apparentemente senza alcun senso, con il solo scopo di impedire a Walt Disney di realizzare il suo stupido "filmetto" animato che avrebbe sicuramente snaturato tutto il suo lavoro come scrittrice. La Travers alza costantemente muri immaginari a ripetizione, dietro i quali si nascondono flashback del suo passato, raccontati con la forza di un ricordo che non si vuole abbandonare, capaci di dare una spiegazione a ogni "no" decretato con foga dalla scrittrice.


Ma nel film di ieri sera, alla fine, questo personaggio così apparentemente insopportabile, rompiscatole e guastafeste mostrerà il suo lato più umano, più fragile: quello appunto legato ad una sofferenza infantile pesante, che invece, grazie anche alla riscrittura in chiave cinematografica della "sua" storia, troverà finalmente voce, e magari anche una riappacificazione con ferite di molto tempo prima.


Questa chiave di lettura spiega, almeno in questo caso, la mia affascinazione per questo film "per bambini", ma consiglio a tutti i grandi di farci un passaggio: sicuramente se qualcuno non lo avesse ancora visto o lo avesse rimosso, su Mary Poppins. E subito dopo che corra a vedere Saving Mr. Banks, dove la Thomson ha un'interpretazione talmente d'impatto da oscurare addirittura Tom Hanks che, per questo film, si è trasformato in Walt Disney, cercando di fare sue le emozioni e le passioni che hanno reso grande questo personaggio.

Tutte buone le interpretazioni di attori come Colin Farrell e Paul Giamatti, ma che spariscono davanti alla potenza e alla bellezza di Emma Thompson, trasformandosi nei sostegni perfetti di un'interpretazione che abbaglia.

Insomma, anche se ormai grandi, trovo che ripensare alla nostra infanzia, accogliere e digerire le nostre piccole o grandi delusioni inferte, anche se involontariamente, da chi si è amato più di tutti, possa fare ancora un gran bene. Almeno credo.

08/03/14

OGGI postato da Barbara Dardanelli su FB

La festa della donna mi preoccupa sempre un po', quest'anno poi cade di sabato e noi avevamo deciso di uscire, io con le mie amiche Alessia e Elisa, ma quando ci è venuto in mente che era la festa della donna c'è preso male. L'immagine era chiara, orde di donne briache e assatanate che per dimostrare la parità acquistata, si abbassano ai più infimi livelli. Quando ero piccolina, finché non sono an...data via di casa, il mio babbo arrivava con un ramoscello di mimosa e quando ero piccolina, questo mi faceva molto effetto, perché per un giorno mi spostava dalla categoria bambina a quello di donna. Con la mia mamma poi andavamo a pranzo all'osteria insieme alle mie amiche di scuola e alle loro mamme e in quell'occasione ci versavano anche due dita di vino dentro al bicchiere per festeggiare. Stefano non mi ha mai regalato una mimosa, ma non mi sono mai offesa per questo, anzi. Non c'è da ribadire niente tra di noi, finché lui farà le lavatrici, darà il cencio, cucinerà, proprio come faccio io.
 
 

OGGI postata da Gaia Rau su FB

"Fragile, opulenta donna, matrice del paradiso
sei un granello di colpa
anche agli occhi di Dio
malgrado le tue sante guerre
per l’emancipazione.
Spaccarono la tua bellezza
e rimane uno scheletro d’amore
che però grida ancora vendetta
e soltanto tu riesci
ancora a piangere,...
poi ti volgi e vedi ancora i tuoi figli,
poi ti volti e non sai ancora dire
e taci meravigliata
e allora diventi grande come la terra
e innalzi il tuo canto d’amore"

[Alda Merini]
 

05/03/14

ROSSO E PONTORMO, QUALCHE DOMANDA di Stilicone

Con la cultura non ci si mangia? Non solo ci si mangia, ma ci si rifà il guardaroba e forse si cambia anche la macchina. L’8 marzo sarà ricordato non solo per l’edizione 2014 della Festa della donna, ma anche per l’apertura a Palazzo Strozzi (spazio mostre gestito da una fondazione a capitale pubblico e privato, ma dove lo Stato è assente) della mostra dedicata a Pontormo e Rosso Fiorentino, due straordinari pittori manieristi. La mostra è un evento ed è il risultato del lavoro di due curatori: Carlo Falciani ma soprattutto Antonio Natali. Ai più passerà inosservato un paricolare: Natali è il Direttore della Galleria degli Uffizi, primo museo d’Italia e punta di diamante del Polo Museale Fiorentino. Quest’ultimo sin dal 1998 ha stretto un rapporto di concessione di taluni servizi a un pool di aziende che hanno formato un’associazione temporanea di imprese, la cui esistenza è legata proprio ai margini che si ricavano dalle mostre.
 
Parte da questi assunti una raffica di domande che sicuramente resteranno senza risposta, ma che è inevitabile che ogni persona di buon senso si ponga.
Perché il Soprintendente del Polo Museale Fiorentino (quindi capo di tutti i musei statali di Firenze) ammette che il Direttore degli Uffizi curi una mostra in spazi non statali?
Perché il concessionario deve subire una simile iniziativa che causa solo danni?
 
Perché il Direttore degli Uffizi, che ha sempre criticato le mostre che gli svuotavano il museo, stavolta è lui stesso a decidere di staccare dei capolavori assoluti (come la Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto, Mosè difende le figlie di Jetro di Rosso Fiorentino e il Ritratto di Cosimo il Vecchio di Pontormo) per esporli a Palazzo Strozzi?
 
Come si può ammettere che Natali, il Direttore degli Uffizi, sia allo stesso tempo richiedente e concedente di un prestito?
La mostra è un evento, indubbiamente, ma la sede naturale di una simile esposizione non poteva che essere la Galleria degli Uffizi. Chissà quali potentati e interessi hanno spinto in un’altra (sbagliata) direzione questa straordinaria esposizione.

04/03/14

LA COOP SARA' LEI! di Gianni Caverni

Mi chiama un amico: ciao senti, ci sarebbe da fare un'installazione. Come? di che tipo? insomma su cosa? Senti, sullo spreco. Spreco di che? Spreco alimentare, perché ... per esempio il pane ... lo sai che il pane che non viene venduto in un esercizio commerciale, tipo la COOP, deve, dico deve, alla fine di ogni giornata essere buttato via? Si, ma magari può servire darlo a qualche canile, o a chi ha le galline. Ennò invece non si può fare. O magari farci la panzanella o la pappa al pomodoro. Non si può fare, si deve buttarlo via, senza eccezioni!! Ma chi lo dice? Lo dice la legge, pare. Come pare?! O una legge o una disposizione, ma insomma va buttato via. Ma quanto è? Dice che sono un monte di chili, tutti i giorni, e questo solo contando la COOP di Pontassieve. Perché l'installazione andrebbe fatta lì. Alla COOP di Pontassieve? Sì. Ma dove? in mezzo agli scaffali? No, nello spazio dei soci, che ci hanno anche una biblioteca. Ah. Sì che sono piuttosto attivi, tutti volontari. Insomma si sarebbe pensato con loro di fare un'iniziativa contro lo spreco visto che pare che la COOP stia definendo un progetto per evitarlo anche per il pane che le confezioni difettate e i cibi vicini alla scadenza vengono già donati ad associazioni onlus di volontariato. Bello! Dovrebbero essere iniziative diverse per sensibilizzare la gente, e la prima il 27 febbraio. E lì se ti va dovresti pensare a un'installazione su questa faccenda. Che ne dici? Mi piace, davvero, e si potrebbe usare proprio il pane invenduto per far vedere anche con la quantità quanto sia assurdo. Giusto.

Ci si incontra con i responsabili dell'organizzazione dei soci, si definisce il progetto, si va a vedere il luogo esatto della cosa da fare, si parla con un'addetta al reparto del pane, "è giusto - ci dice - bisogna buttare via diversi chili di pane al giorno, tanti". Si parla col direttore del negozio che non ne sa nulla ma che ci conferma che davvero "il pane va buttato via, che lo stabilisce una legge ... o una disposizione ... insomma è vero che va buttato". Propongo di raccogliere tutto il pane da buttare di una settimana, una gran quantità mi assicurano, bene, penso, che almeno si vede bene che è uno spreco assurdo. Insomma tutti d'accordo.

Il 26, il giorno prima, vado nel pomeriggio per preparare l'installazione, il pane è una quantità pazzesca, è davvero scandaloso che debba essere buttato via! Aiutato da alcuni volontari comincio a preparare l'installazione mentre davanti ai carrelli pieni di pane ormai duro si fermano i clienti per chiederci se lo vendiamo: spieghiamo il senso della cosa e tutti "ma come ... con la crisi che c'è si butta via tutto questo pane? Lo posso prendere per le galline?"

Alle 19 l'installazione è pronta e c'è già qualcuno degli avventori che fotografa i tanti pani sospesi dal soffitto, ammonticchiati sulla libreria della biblioteca, mescolati in mezzo ai libri pronti per il prestito, appoggiati in tante file ordinate sul pavimento. faccio qualche foto e me ne torno a casa soddisfatto.

 

Suona il telefono: Sono xxxx non si può mettere il pane per terra. Perché? Hanno chiamato dalla COOP (e qui non si capisce se di Firenze e chi ha chiamato), il pane per terra da senso di spreco. Appunto no? non era questo lo scopo? Insomma va levato da terra. Meglio buttarlo via che far vedere quanto spreco c'è? meglio che gli avventori non sappiano? ma non si era fatto tutto proprio perché sapessero? Vabbè, vengo subito, lasciatelo così che se ne parla quando arrivo. Non importa che vieni, lo abbiamo già tolto ... questa non è mica una galleria d'arte!

La COOP sei tu?!?! Moderi i termini, la COOP sarà lei!!!